IL PENSIERO MEDITERRANEO

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Recensione  del libro Dove vanno le navi? di Pompeo Maritati

Dove vanno le navi - l'ultimo libro di Pompeo Maritati

Mariella Totani

Nel fluire delle parole di Dove vanno le navi? di Pompeo Maritati, c’è qualcosa di estremamente intimo, di così personale che il lettore non può fare a meno di sentirsi avvolto da una nebbia di dolcezza e malinconia, quasi una carezza che sfiora la pelle e accarezza l’anima. È un libro che non si limita a raccontare una storia, ma che entra nel profondo, travalicando la narrativa e prendendo la forma di una poesia in prosa. Ogni pagina è come una piccola tessera di un mosaico emozionale, dove il cuore del lettore si trova a danzare insieme alla nostalgia, al ricordo, alla bellezza di un passato che non è mai davvero andato via.

Maritati, con la sua penna raffinata e squisitamente delicata, ha saputo tessere una trama che va oltre le vicende di Dionisi e Cristina, protagonisti di questa storia che si sviluppa tra le strade assolate del Pireo, dove la luce del sole sembra quasi immergersi nell’acqua del mare, creando un’armonia che si riflette nelle vite di chi vi abita. La dolcezza delle parole, la riflessività dei pensieri e la malinconia della memoria sono presenti in ogni pagina, costruendo una sensazione di intimità che non può essere ignorata. Il lettore non è solo spettatore della vita di Dionisi, ma diventa partecipe di essa, testimone delle sue riflessioni, delle sue emozioni e dei suoi ricordi che si sovrappongono come onde che si infrangono dolcemente sulla riva.

Nel cuore di questo racconto c’è una verità che va al di là della semplice narrazione: una verità fatta di emozioni pure e di una nostalgia che, come un’onda che si ritira, lascia un’impronta indelebile nel cuore di chi legge. La storia di Dove vanno le navi? è, infatti, un intreccio di ricordi vivi, una storia che nasce dalla realtà dell’autore, dalla sua infanzia al Pireo, dal suo incontro con Cristina, dalla sua intima connessione con una nonna che rappresenta il ponte tra passato e presente, tra il mondo che fu e quello che sarà.

Quello che più colpisce della scrittura di Pompeo Maritati è la sua capacità di scoprire e rivelare la profondità dell’animo umano. Con una delicatezza che sfiora la poesia, l’autore ci porta a scrutare l’interno di ogni protagonista, rivelandoci le loro fragilità, i loro sogni e i loro rimpianti. Non si limita a raccontare i fatti, ma ne esplora la dimensione emotiva, creando dei veri e propri momenti di poesia. Prendiamo per esempio il modo in cui Maritati descrive la nonna, una figura centrale nel libro, ma che non è mai solo una figura materna o anziana. È un essere umano a tutto tondo, con una sua storia, con il suo carico di ricordi e di sentimenti, un personaggio che vive tra le pagine con una forza e una profondità che raramente si incontrano nei libri. È lei, infatti, a rappresentare il legame con il passato, con le radici, con il mare che custodisce i sogni di chi ha dovuto partire e che, pur essendo fisicamente lontano, resta sempre vicino nel cuore.

Maritati non ci fa solo vedere la nonna, ma ci fa sentire il suo silenzio, il suo dolore, il suo amore. Ogni parola che l’autore sceglie per descrivere la figura della nonna è una pennellata delicata, come se ogni singola frase fosse stata dipinta con la punta di un pennello fine. Il suo amore per la famiglia, la sua saggezza, la sua nostalgia per un tempo che non tornerà più, ma che resta immutato nel cuore, sono sensazioni che si fanno spazio nel cuore del lettore, accompagnandolo lungo tutto il racconto.

E poi ci sono i momenti di poesia pura, quelli in cui la prosa cede il passo a una liricità che è più vicina alla musica che alla scrittura. Ogni descrizione, ogni riflessione, ogni pensiero che scivola tra le righe si fa melodioso, quasi una melodia che risuona nella mente del lettore, creando un’atmosfera che trascende il racconto stesso. Non è solo il Pireo a diventare protagonista, ma la sua luce, i suoi colori, i suoi odori, che prendono vita attraverso una scrittura che sa cogliere l’essenza più intima delle cose. La luce del sole, il mare che si infrange contro le rocce, il profumo del pane appena sfornato, il rumore delle onde che si fanno spazio nell’anima del protagonista: tutto diventa poesia, tutto è trasformato in un linguaggio che non si limita a descrivere, ma che tocca il cuore di chi legge, facendogli rivivere quegli stessi momenti, quelle stesse sensazioni.

C’è un passaggio del libro che, forse più di ogni altro, mette in evidenza questa capacità di Maritati di scrivere poesia attraverso la prosa. È quando ci racconta della separazione tra Dionisi e Cristina, un momento che, pur essendo doloroso e pieno di malinconia, è descritto con una tale delicatezza che sembra di sentire la brezza marina che accarezza la pelle, il rumore della nave che salpa, il battito del cuore che non riesce a fermarsi di fronte all’addio. La fine dell’infanzia e l’inizio dell’adolescenza sono rappresentati come un distacco inevitabile, ma che non cancella mai il legame, la connessione profonda che esiste tra le due anime, un legame che trascende il tempo e lo spazio, un legame che non si perde mai veramente.

E così, mentre il racconto scivola via tra le righe, il lettore si trova ad accompagnare Dionisi nel suo viaggio, un viaggio che non è solo fisico, ma anche emotivo. Un viaggio che, pur allontanandolo da Cristina e dal Pireo, lo riporta sempre alla memoria di quegli anni, a quella parte di sé che non se ne è mai andata. E questa è la magia di Dove vanno le navi? Il viaggio non è solo quello dei protagonisti, ma anche di chi legge, un viaggio che risveglia ricordi, emozioni, e ci riporta a quell’epoca lontana dove l’amicizia, l’amore e la nostalgia erano più forti di qualsiasi separazione.

Maritati, con il suo stile raffinato, non solo ci racconta la sua storia, ma ci invita a fare un viaggio dentro noi stessi. Ogni pagina è come un’onda che ci travolge e ci porta con sé, un’onda che ci fa riflettere, che ci fa riscoprire la bellezza e la delicatezza di ciò che abbiamo vissuto, che non ci abbandona mai, anche quando le navi salpano.

Alla fine del libro, dopo aver chiuso l’ultima pagina, il lettore si accorge di avere il cuore scaldato, le guance umide e gli occhi pieni di una dolcezza che non se ne va. È come se ogni parola di Maritati ci avesse accarezzato, ci avesse stretti in un abbraccio che dura oltre il tempo della lettura. E in quel momento, si capisce che questo libro non è solo una storia da leggere, ma un’esperienza da vivere, un’emozione che resta dentro, un ricordo che non si cancella mai.

Io, personalmente, non riesco a fare a meno di tenerlo vicino. Ogni tanto, apro una pagina a caso, leggo una frase, un passaggio, e subito mi trovo catapultata in quel mondo che Maritati ha creato con tanta delicatezza e passione. È un libro che non smette mai di donare, che continua a riscaldare il cuore anche quando lo si rilegge per la centesima volta.

Grazie, Pompeo, per aver scritto un libro che ci ricorda che, anche quando le navi salpano e la vita ci porta lontano, c’è sempre un ricordo, un amore, un legame che resta con noi. Dove vanno le navi? è un libro che non solo si legge, ma si vive, si sente, si respira. Ed è per questo che resterà sempre nel cuore.


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