IL PENSIERO MEDITERRANEO

Incontri di Culture sulle sponde del mediterraneo – Rivista Culturale online

SUL CINEMA POVERO di Maurizio Mazzotta 3/13

3-Maurilio

   

In un mio libro, Il cinema povero, ho raccolto la mia esperienza di filmaker, mettendo in risalto le differenze tra questo cinema e quello delle grandi produzioni. Presento anche la mia produzione proprio per mostrare i limiti di questo cinema e spiegare come e perché sia povero, e se c’è qualche pregio potrebbe essere dovuto – quasi un paradosso – proprio dalla povertà dei mezzi. In fondo a questo articolo si legge una breve sinossi del cortometraggio che si presenta, poi ci sono una foto e il LINK  per vederlo su ONE DRIVE.

Numero 3 Il regista del cinema povero

Un regista firma il film, ma vediamo per quale motivo lo definiamo regista. Possiamo assumere vari criteri.

Il criterio della quantità è sicuramente da eliminare per chi ha realizzato tanti film  tutti di pessima qualità; a meno che non si voglia intendere con la parola “regista” un ruolo professionale e si parla di qualcuno che ha lavorato e lavora facendo film Il criterio della qualità potrebbe essere valido per definire un regista. Attenzione però: varrebbe anche  per ogni forma d’arte e per ogni linguaggio espressivo. Può essere sufficiente una sola poesia, un racconto, un quadro, una composizione musicale, perché l’autore di questi prodotti possa essere definito poeta, narratore, pittore, musicista. Ma il vecchio adagio: “Una rondine non fa primavera”, banale, certamente, suggerisce prudenza. Secondo me resta un criterio da assumere con molta cautela, oppure vale per qualunque regista che ha lavorato tanto ma il nostro definirlo per esempio “pittore” offusca la mente se i suoi prodotti sono assai scadenti.

Il criterio della quantità può definire una professione, non un artista; quello della qualità può risultare improbabile. Consideriamo allora la formazione. Accade che proprio per il regista  ci troviamo in imbarazzo, il tentativo di definire un regista naufraga in acque d’ogni tipo. Da quali studi o da quali esperienze proviene un regista? Basta un rapido sguardo e qualche notizia sul panorama dei registi nel mondo (e nella storia del cinema) e si ricava qualche esempio. Si viene a conoscenza  che tra i primi registi c’era un mago (Méliès) – e ciò la dice lunga sul cinema – ; alcuni hanno iniziato come fotografi (i fratelli Lumière, creatori del cinema, Bresson, che era anche pittore), vignettisti (come Fellini); altri come scenografi (Autant-Lara, Eisenstein), montatori (De Palma). La gran parte proviene dalla recitazione (sempre come esempi: Welles, Chaplin, Lubitsch, De Sica, Eastwood, Clooney ) o dalla sceneggiatura (Dovzhenko, Hitchcock, Rossellini, Dreyer, Mayer); altri hanno alle spalle e mantengono attività di romanziere (esempi di casa nostra: Soldati, Pasolini, Bevilacqua). Intanto bisogna avere una buona cultura di base; è necessario aver studiato che cosa significa fare cinema e aver visto film e film non come semplici spettatori ma con lo sguardo particolare di chi ha voglia di realizzarne uno; conviene seguire concretamente tutte le fasi di lavorazione per imparare imitando, per imparare facendo. Dunque il regista in ultima analisi si forma sul campo e prima ci può essere di tutto, l’abbiamo visto! 

Perciò questo della formazione sembra criterio inapplicabile: siamo in presenza di assai differenti percorsi.

Provo un criterio semplice, pratico: quello che ci riporta a “ciò che fa colui che firma il film”. Il cinema è un mondo complesso. Questo film è di Tizio e questo è di Caio. Poi si scopre che Tizio ha partecipato, con notevoli contributi di creatività, a ogni fase di lavorazione, dalla scrittura al set al montaggio e si è occupato anche della musica. Come Charlie Chaplin. Caio invece è stato presente solo sul set. È giusto che sia Tizio che Caio siano considerati alla stessa stregua, che a proposito del loro film si parli di tutti e due allo stesso modo, che insomma ambedue firmino l’opera? Eppure questo criterio per definire un regista non è da scartare. Certo non dobbiamo assumere Chaplin come modello, sarebbe gravoso. Tale modello però ci suggerisce che il regista deve essere in grado almeno di intervenire in qualche modo e misura in ogni fase di creazione del film.

Ho provato a definire il regista come individuo creativo, e questo tentativo mi è servito. Almeno io mi sono chiarito le idee su ciò che deve saper fare un regista del cinema povero e di quali collaboratori può fare a meno (per risparmiare).

Ma quale è la situazione quanto alla formazione del regista nel cinema povero?  Certo non posso offrire percentuali, è soltanto l’esperienza che mi fa ipotizzare due categorie: la prima, quella di giovani registi che hanno studiato in scuole specializzate e/o si sono formati sul campo, coprendo ruoli di assistenti  alla regia nelle grandi produzioni, come peraltro è accaduto ad alcuni registi di cui abbiamo parlato sopra.  Il giovane di questa categoria ha verso il lavoro un atteggiamento professionale, per cui mostra serietà di intenti e di azioni, frequenta i festival, è informato. L’altra categoria raccoglie i filmmaker che si sono improvvisati, che non conoscono il significato di  parole come mestiere, professione, arte e che hanno – come spesso accade proprio a queste persone – aspettative di gran lunga superiori a ciò che fanno. Non è detto che questi ultimi non arrivino in finale o non vincano premi. Qui troviamo ragazzi che sono convinti che basta l’uso della telecamera  per essere un regista e altri che sanno molto sul cinema e questo molto o poco che sia imparano presto a utilizzarlo. È relativamente facile individuare il profilo del filmmaker; si può parlare di ciò che hanno in comune la gran parte dei filmmaker. Innanzitutto la parola filmaker tradotta indica colui che fa il film, nel senso che copre tutti i ruoli e questa è una caratteristica del cinema povero  che spinge il filmaker a impegnarsi negli aspetti più creativi della realizzazione:  pensare il film, scriverlo. fotografarlo.

I filmmaker hanno in comune -come adesso appare ovvio – povertà di mezzi ma, mi viene di precisare, in compenso ricchezza di idee.

El tango es sueno 2008 – 6’

       Un uomo e una milonga, dunque un tanguero. Ma un tanguero ossessionato: il tango lo perseguita nel sonno con incubi di ballerine che lo rifiutano. C’è un motivo. Qualcosa gli manca. E quando scopre cosa gli manca, trova una strana soluzione.

                                                                                   Per vederlo: El Tango Es Sueno.m4v

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3-Maurilio

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