IL PENSIERO MEDITERRANEO

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SUL CINEMA POVERO di Maurizio Mazzotta 7/13 – La sceneggiatura

Calzoleria

In un mio libro, Il cinema povero, ho raccolto la mia esperienza di filmaker, mettendo in risalto le differenze tra questo cinema e quello delle grandi produzioni. Presento anche la mia produzione proprio per mostrare i limiti di questo cinema e spiegare come e perché sia povero, e se c’è qualche pregio potrebbe essere dovuto – quasi un paradosso – proprio dalla povertà dei mezzi. In fondo a questo articolo si legge una breve sinossi del cortometraggio che si presenta, poi ci sono una foto e il LINK  per vederlo su ONE DRIVE.

                    La sceneggiatura

Il film può essere scritto a vari livelli di precisazione. E si può partire da un’idea abbozzata in poche righe o da un racconto letterario. Si può scrivere una semplice scaletta o una sceneggiatura precisata in ogni parte. Si può arrivare a disegnare la singola inquadratura, come una vignetta, modalità preferita spesso da Fellini.

Le esigenze di precisazione sono uguali se il film è un medio-lungometraggio (dai 20 ai 90 minuti e oltre) oppure un corto (dai 10 ai 20 minuti ). Differenti sono invece se si tratta  di un cortissimo (cinque minuti), allora l’idea può essere  solo abbozzata  e tradotta direttamente in una scaletta, cioè una sequenza di azioni  con poche battute di dialogo. Quando si tratta di un corto che abbia uno sviluppo di eventi o a maggior ragione un lungometraggio, allora bisogna sedersi a tavolino e scrivere: più il film è definito sulla carta, meno problemi si affronteranno in seguito sul set e in fase di montaggio. Ciò non significa che in queste fasi non si possa intervenire con modifiche. La sceneggiatura serve per avere tutto chiaro il film nella testa, poi in ogni momento, se sorgono idee, si può cambiare. Dunque sceneggiatura precisata ma flessibile.

La sceneggiatura parte da un’analisi approfondita della storia e dei personaggi  e questi ultimi sono costruiti rivelando tutto ciò che può essere utile: dai gesti ai modi di dire, ai difetti nei modi di muoversi, di acconciarsi, di vestirsi. In questo senso lo sceneggiatore dà suggerimenti ai truccatori e ai costumisti che in seguito saranno coinvolti. Così pure gli ambienti sono descritti per facilitare il compito dello scenografo. Alcuni sceneggiatori suggeriscono i tempi di durata delle inquadrature,. almeno quando una inquadratura è significativa. Comunque è necessario stabilire il tempo delle scene per un’ipotesi di durata totale del film.

Tempo fa ho visto a un festival un cortometraggio premiato per la migliore sceneggiatura. Interessante parlarne perché nel contempo si comprenderà cosa è il “colpo di scena” e quanto sia preferito da alcuni autori.

Il corto narra di un giovane alla disperata ricerca di un lavoro. Un giovane “avanzato in età”, Mario (per dargli un nome), con fidanzata che vorrebbe sposarsi, con genitori che si avviano alla pensione, con sorellina che gli vuol bene, con zio premuroso, con nonna che capisce e non capisce. Storia dei nostri giorni ben costruita, famiglia convincente per le dinamiche relazionali che esemplificano ciò che accade comunemente nella realtà. La storia è centrata su un ennesimo tentativo di colloquio di assunzione, sul colloquio stesso e sull’attesa dei risultati. Proprio durante il colloquio la nonna viene ricoverata in ospedale. Abbastanza normale, non è la prima volta, ha molti anni sulle spalle.

Mario dopo il colloquio viene avvertito dalla segretaria dell’azienda, in tono confidenziale, che se non riceverà alcuna telefonata entro le tredici del giorno dopo potrà considerarsi assunto; Mario sembra soddisfatto del colloquio sostenuto e riferisce a casa ciò che gli ha detto la segretaria, per cui il giorno dopo verso le undici la madre impaziente, che “sente che questa è la volta buona”, prepara di nascosto una torta,  mentre lo zio anche lui ottimista corre a comprare lo spumante. Insomma c’è chi spera e c’è pure chi si tormenta: Mario, il padre, la fidanzata la sorellina. Alle tredici meno dieci, alcuni sono già seduti a tavola e c’è chi guarda l’orologio di nascosto. Alle tredici meno cinque lo zio fa apparire la bottiglia di spumante e subito la madre mette la torta in bella vista. Mancano ormai pochi secondi alle tredici e tutti sono in fibrillazione, persino il padre ora sorride, la fidanzata esulta, figurarsi madre e zio! ma ecco che squilla il telefono… e cade un silenzio di tomba.

Fermiamoci un attimo per spiegare il colpo di scena. Mettiamoci dalla parte degli spettatori, non è difficile immedesimarsi e pensare come loro. Gli spettatori, a questo punto in tensione come i personaggi del film, si chiedono ansiosi: chi sarà!? Oppure sono già delusi: Ecco la telefonata che boccia Mario! Potrebbe però essere un’altra persona che telefona….. Invece colpo di scena! Ossia svolta nella narrazione: accade qualcosa d’altro, che non si attendeva, o di cui ci si era dimenticati.

Risponde ovviamente Mario, con la faccia che pende. Dall’altra parte c’è qualcuno dell’ospedale che avvisa che è morta la nonna. Gli spettatori ascoltano in viva voce e apprendono la notizia e siccome sono al di fuori della storia, per quanto partecipi siano, rimangono un po’ costernati: è vero che non è stato bocciato, però la notizia è una notizia di morte. Ma i personaggi del film non sanno ancora e sono in attesa spasmodica. Mario non reagisce subito, chiude il telefono e dà la notizia. Non è la notizia temuta! Per questo accade che tutti esultano, urlano di gioia, lo zio stappa lo spumante, si fanno gli auguri. Questa reazione è l’effetto del colpo di scena che distorce la storia.

Mettere un intero gruppo in condizioni di reagire esultando a una notizia di morte, senza per questo apparire crudeli è una trovata geniale. La risata del pubblico scaturisce dal paradosso, dall’equivoco emotivo che sorge per via dell’attesa di qualcosa che rinvierebbe il gruppo nella penosa realtà di un giovane che non ha lavoro. Se questo qualcosa non avviene l’emotività positiva, la gioia, è così alta che tutto ciò che avviene è come se non avvenisse. Se il film termina qui lo spettatore va via soddisfatto, col volto sorridente, convinto di ciò che è accaduto, non importa se è un evento estremo. Il colpo di scena, l’evento paradossale, è riuscito. E oltretutto Mario è stato assunto. Importante per il lieto fine, che ha il suo peso sullo spettatore.

I colpi di scena sono in qualsiasi narrazione che voglia mantenere vivo l’interesse;  non soltanto nei film comici. Le storie drammatiche, i gialli e i thriller sfruttano i colpi di scena. 

La vera storia della parrucchendola e del garziere –

In questo cortometraggio i personaggi  giocano con le parole e creano nuovi mestieri, alcuni dei quali convincono. Al termine si scopre il senso dei giochi di parole e della storia che suggerisce di individuare in modo nuovo gli uomini migliori.

                    Per vederlo:   La storia della Parrucchendola.mp4

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