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Titolo della serie: Capire l’Intelligenza Artificiale 2/8 – Come funziona un’IA? Spiegazione semplice dei meccanismi di base

immagine rappresentativa dell'intelligenza artificiale

di Pompeo Maritati

Cosa sono gli algoritmi e il machine learning

Per comprendere come funziona l’intelligenza artificiale, immaginiamo di voler insegnare a un bambino a riconoscere un cane. Gli mostriamo tante foto e diciamo: “Questo è un cane, questo no.” Dopo un po’ il bambino impara a identificarli da solo. L’intelligenza artificiale fa qualcosa di molto simile, ma al posto del bambino c’è un programma, e al posto delle parole, ci sono algoritmi.

Un algoritmo è semplicemente una sequenza di istruzioni. Un po’ come una ricetta di cucina, indica passo dopo passo cosa fare per arrivare a un risultato. Nel contesto dell’IA, però, gli algoritmi diventano potenti quando vengono usati per analizzare dati, trovare schemi ricorrenti, e soprattutto imparare da questi schemi. Questo processo si chiama machine learning (apprendimento automatico).

Nel machine learning, non si programma un computer per fare una cosa specifica: gli si dà piuttosto la possibilità di “allenarsi” su tanti esempi per capire da solo come svolgere un compito. Un po’ come imparare a pedalare: nessuno ti spiega ogni muscolo da muovere, ma con la pratica impari.


Esempi semplici: come un’IA “impara”

Immaginiamo un’applicazione che riconosce se in una foto c’è un gatto oppure no. All’inizio, l’IA non sa nulla. Le si mostrano migliaia di immagini, ognuna etichettata con “gatto” o “non gatto”. Il sistema cerca caratteristiche comuni nelle immagini con i gatti: orecchie a punta, occhi grandi, forma del muso. Impara a riconoscere questi segnali, anche se non sa come si chiamano.

Con ogni nuova immagine, corregge i propri errori, migliorando un po’ alla volta. Questo processo si chiama apprendimento supervisionato: l’IA impara da esempi già “corretti”, proprio come un bambino a scuola.

Esistono anche altri tipi di apprendimento:

  • Apprendimento non supervisionato: l’IA cerca di trovare da sola dei gruppi o delle somiglianze nei dati, senza che nessuno le dica cosa cercare.
  • Apprendimento per rinforzo: l’IA prende decisioni e riceve premi o punizioni, come in un gioco. È il metodo usato, per esempio, per insegnare a giocare a scacchi o a guidare un’auto virtuale.

Il ruolo dei dati e l’importanza della quantità e qualità

L’intelligenza artificiale non funziona nel vuoto. Ha bisogno di enormi quantità di dati per imparare. I dati sono il “cibo” dell’IA. Senza di essi, non può fare nulla. Ma non basta che siano tanti: devono essere di buona qualità, rappresentativi e corretti.

Un’IA che riconosce volti, se viene addestrata solo con foto di adulti bianchi, farà fatica a riconoscere volti di bambini o persone di altre etnie. E se i dati sono sbagliati, anche l’IA sbaglierà: “garbage in, garbage out”, dicono gli informatici. Spazzatura in ingresso, spazzatura in uscita.

Ecco perché i dati devono essere selezionati con cura, evitando pregiudizi e distorsioni, altrimenti l’IA li assorbe e li riproduce, magari discriminando senza volerlo.


Cos’è una rete neurale? Un paragone con il cervello umano

Il cervello umano è composto da miliardi di neuroni interconnessi, che trasmettono segnali tra loro. I nostri pensieri, emozioni, ricordi e decisioni nascono da questo scambio elettrico e chimico.

Le reti neurali artificiali cercano di imitare questo funzionamento, in modo molto semplificato. Immagina una rete fatta di “nodi” (i neuroni artificiali), collegati tra loro in diversi livelli. Ogni nodo riceve delle informazioni, le elabora con dei calcoli, e trasmette un risultato agli altri nodi.

All’inizio, la rete “non sa nulla”. Ma con l’apprendimento (cioè l’esposizione ai dati), modifica il modo in cui i segnali passano da un nodo all’altro, migliorando la precisione delle sue risposte. Proprio come il nostro cervello rafforza certe connessioni quando impariamo qualcosa.

Le reti più semplici possono svolgere compiti basilari (come distinguere numeri scritti a mano), mentre quelle più complesse, chiamate reti profonde (deep neural networks), sono alla base dei sistemi più avanzati.


Deep Learning e modelli di linguaggio: come ChatGPT “capisce” le domande

Il deep learning è una tecnica di machine learning che usa reti neurali molto profonde (con tanti livelli), capaci di elaborare grandi quantità di dati complessi: immagini, suoni, testi. È il motore dietro le applicazioni più sorprendenti dell’IA moderna.

Un esempio sono i modelli di linguaggio, come ChatGPT. Ma come fa un’IA a “capire” una domanda scritta in italiano e a rispondere in modo coerente?

La verità è che non “capisce” nel senso umano del termine. Non conosce il significato delle parole come lo intendiamo noi. Analizza il testo come una sequenza di simboli e, basandosi su miliardi di esempi di frasi lette durante l’addestramento, calcola quale sia la probabile parola successiva da inserire. Così costruisce frasi plausibili, spesso sorprendenti per accuratezza.

Più il modello è grande (cioè contiene più “parametri”, ovvero connessioni nella rete), più diventa bravo a simulare la comprensione. ChatGPT, ad esempio, è stato addestrato su una quantità immensa di testi in decine di lingue, imparando a rispondere con fluidità, stile e contesto.


IA generativa: creare testi, immagini e musica

Negli ultimi anni, una nuova categoria di intelligenza artificiale ha fatto scalpore: l’IA generativa. Non si limita a riconoscere, classificare o rispondere, ma crea nuovi contenuti.

Ecco alcuni esempi:

  • Testi: ChatGPT genera articoli, poesie, riassunti, email.
  • Immagini: strumenti come Midjourney o DALL·E creano quadri, ritratti, loghi da semplici descrizioni in parole.
  • Musica: IA come Jukebox o AIVA compongono brani in stile classico, pop, jazz.
  • Codice: GitHub Copilot aiuta i programmatori scrivendo pezzi di software in automatico.

Queste IA non copiano: mescolano creativamente ciò che hanno appreso, generando qualcosa di nuovo. È un cambiamento enorme. Per la prima volta, una macchina non solo calcola o risponde, ma inventa, simulando la creatività umana.


Conclusione: un sistema potente, ma non magico

Capire come funziona l’intelligenza artificiale è il primo passo per usarla con coscienza. Non è magia, ma il frutto di calcoli, dati, e tantissimo lavoro umano. Non pensa, ma impara. Non capisce, ma simula.

Sapere che un algoritmo è solo una formula, che i dati possono contenere pregiudizi, che una rete neurale è solo un modello, ci aiuta a vedere l’IA per quello che è: uno strumento straordinario, che va capito prima di essere giudicato.

Nel prossimo articolo vedremo dove l’IA è già entrata nella nostra vita quotidiana: nelle app, nei servizi pubblici, nelle industrie. Non sarà un viaggio nel futuro, ma nel presente. Un presente sempre più automatizzato – e, se vogliamo, sempre più umano.


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