“Tra le braccia d’una sconosciuta” una poesia di Giovanni Teresi

Tra le braccia d’una sconosciuta
Roma sognava la sua gloria,
il suo splendore.
Anche nel ghetto la vita scorreva
semplice ed in preghiera.
Quel dì ancor non conosceva
ciò che a notte s’attendeva.
Le botteghe, le finestre socchiuse …
la minestra calda in ciotole di ghisa,
il gioco di giovani in lotta
tra spinte e risa.
Gli squadroni del terrore
comparvero come mostri.
Si chiusero gli usci, le persiane,
gli occhi agli spari nel cupo silenzio
tra i vicoli e i chiostri.
Si rastrellarono donne, anziani,
bambini perché ebrei, non cristiani.
Trascinati come bestie, fuori dalle loro case,
in fila lungo la via del non ritorno
con le loro poche cose e con le teste rase.
Grida di dolore s’elevarono nella buia notte,
fredda come gli animi dei generali ciechi e sordi.
Duri gendarmi, la cui forza erano le botte,
separarono gli affetti, gli amori.
Tutti ammucchiati, con i pochi ricordi,
in fretta salirono su dei bui ermetici vagoni.
Una mamma portava in grembo il figlioletto,
il suo volto era come la Vergine Maria,
il cuor affranto, errante in Egitto con il Diletto.
I suoi occhi brillavano di pianto,
di compassione per l’improvvisa separazione.
Tra gli strattoni, le grida, le sberle,
gli spari si capì l’atroce punizione.
D’istinto lasciò il bambino
tra le braccia dell’amica che le stava vicino.
Gli sguardi di madri si fissarono
in quell’inferno nell’amore
che non odia né la Stella di Davide
né il Supremo Eterno.
Un tenero bacio suggellò l’addio
della madre in pianto,
con gran rimpianto.
Il figlioletto piangeva
tra le braccia sconosciute, senza un tetto,
nel freddo della notte dei cristalli,
per le familiari vie del ghetto.
Giovanni Teresi