IL PENSIERO MEDITERRANEO

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Una pagina drammatica della storia di Otranto accaduta nell’agosto del 1480

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Di Giorgio Mantovano

Le teche dove sono custodite le ossa degli ottocento martiri di Otranto – Cattedrale di Otranto

È una pagina drammatica a ricordo di ciò che accadde nel 1480 in Otranto appena si ebbe notizia dell’arrivo dei  Turchi, 18.000 soldati circa, pronti ad assediare la città. 

Fu narrata nel 1878 da Pietro Palumbo, in “Castelli in Terra d’Otranto”, opera pubblicata a puntate dal  “Gazzettino letterario di Lecce”.

Quella formidabile rivista fu fondata nello stesso anno da Luigi Tinelli, illustre docente e poi preside del Liceo classico leccese,  intitolato alla memoria di Giuseppe Palmieri, tra le migliori espressioni dell’illuminismo salentino.

“La Cattedrale raccoglie il grosso e il meglio della gloriosa tragedia accaduta nell’agosto del 1480. 

(…) I primi consigli, i primi palpiti, i primi propositi, si erano tenuti in questo tempio dell’Annunziata. 

Nel centro della gran navata era radunato il fiore della cittadinanza, gli uomini del comune venuti a prendere una estrema risoluzione. 

Angelo Antonio Sanpietro, un uomo di bell’aspetto, favellava con Gabriele Gaetani. 

Un notaio, Donato Coluccia, era tenuto in mezzo da Caborto e Lancillotto Fagà, due gemelli dagli occhi di bracia e soldati dalla nascita. 

Essi non discorrevano già di pace, ma bestemmiando la lontananza del re giuravano di farsi sbudellare. Alle quali fiere prospettive Gio. Francesco Zurlo, nobile napoletano e capo di millecinquecento lancie, faceva eco, con un sorriso convulso sulla faccia ad angoli. 

Questi discorsi furono troncati da un certo movimento d’attenzione nell’adunanza. Un vecchio dalla fronte serena, dall’occhio ispirato, aveva levata una voce maschia, d’acciaio, scoppiata come un fulmine in mezzo ai tentennanti. 

Lo chiamavano Ladislao ed era l’ultimo rappresentante della casa De Marco. Una resa – disse – equivaleva ad una apostasia, né era da parlarne. 

Il meraviglioso mosaico centrale della Cattedrale di Otranto

Si combattesse. La religione degli avi, la civiltà, la salvezza della cristianità richiederlo, anzi comandarlo. 

(..) Un applauso formidabile lo accolse. Mille spade uscirono dalla guaina, mille grida animose roboarono per le arcate del tempio, e i più arditi, afferrate le chiavi della città, corsero a scaraventarle in un pozzo vicino”.

L’opera di Pietro Palumbo, Castelli in Terra d’Otranto, è stata ristampata nel 1973, con premessa, note e appendice a cura di Pier Fausto Palumbo, edita dal Centro di Studi Salentini.

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