IL PENSIERO MEDITERRANEO

Incontri di Culture sulle sponde del mediterraneo – Rivista Culturale online

La Manzana de la Rivera il simbolo culturale di Asuncion 

Residenza del Presidente della Repubblica del Paraguay.

di Tiziana Leopizzi

La nostra meta è a un passo dalla residenza del Presidente della Repubblica del Paraguay.

La Manzana de la Rivera, un centro culturale o dovrei dire meglio, è il Centro Culturale eletto a buon titolo a simbolo della capitale.  In effetti riunisce sotto un unico ombrello Storia, Teatro, Letteratura, Arte, anche un Bistrot da cui si gode una vista impagabile sulla piazza del Palazzo presidenziale e come ciliegina una magnifica corte verde e accogliente.

Un’idea senz’altro felice quella di mettere a contato le diverse attività che fanno cultura. 

Entriamo. Il cancello si apre su un piccolo giardino e percorrendo il lastricato ci troviamo nel corridoio baricentrico alle varie attività. A sinistra l’accesso al bistrot, al museo e al teatro, mentre a destra si aprono le prime sale espositive e la biblioteca, per arrivare poi alla corte con il giardino interno e il portico collegamento con altri saloni ancora. 

Il complesso infatti è formato da diverse antiche costruzioni che convivono conservando ognuna la propria identità indipendenti tra loro ma unite dal fitto dialogo della cultura.  Ci sarà occasione di parlare della interessante genesi che sottende al progetto attuale.

Oggi siamo qui per una mostra, dal titolo lungo e complesso: Costumbres y tradiciones, En la Casa Castelví del Centro Cultural de la Ciudad Carlos Colombino – Manzana de la Rivera, en la ciudad de Asunción-Paraguay.il Casa Castelvi, che è appunto una delle antiche case che compongono il Centro. 

Ci dà il benvenuto un omaggio a El Guardian de la Plaza, si intende Plaza Major ora Plaza de la Costitution, grazie all’attuale Direttore de la Manzana de Rivera, l’architetto artista Felix Toranzos e di Natalia Martinez artista giovane ma già affermata. 

Davanti all’ingresso della mostra, il patio gremito di gente pronta ad ascoltare il Direttore della Cultura Angie Duarte Melillo, il Direttore Felix Toranzos e Maria Eugenia Ruiz che ha curato la mostra.

Cosa vedremo? In realtà il pubblico curioso e numeroso è invitato a partecipare ad un percorso che riunisce le maggiori e più sentite feste religiose di questo Paese attraverso le opere che i quaranta artisti invitati hanno creato sull’onda delle emozioni che queste feste suscitano. 

Originali tutti i contributi, ma mi vorrei soffermare su alcuni lavori che mi hanno colpito in modo particolare, come Mujeres, l’installazione di Monica Gonzales. Tinozze di metallo grigio stanco, secchi, contenitori cilindrici, impilati uno sull’altro a formare una colonna dall’equilibrio apparentemente instabile che denuncia chiaramente la condizione ancestrale della donna; l’installazione si deve alla prorompente vis artistica di questa biondina dalla figura esile, gentile e sorridente, sensibile, al passo con i tempi che ha stigmatizzato con questo intervento di duchampiana filosofia la denuncia della condizione ancestrale della donna. 

Accanto la potente opera di Juan Pistilli, figlio d’arte e maestro a sua volta. Si tratta di una scultura in ferro che evoca la Croce ma al posto del volto del Cristo, essenza del Martirio, l’Elevazione, l’Agnus Dei, una prospettiva la sua inedita,  inaspettata quanto naturale, una sintesi struggente che invita alla speranza.   

 A destra Felix Toranzos, anch’egli figlio d’artista e a sua volta artista, molto presente sulla scena artistica, a lui si deve per esempio la vivacità della Manzana, che presenta un’opera dal titolo Il Ritorno. Fa parte di una serie in realtà, ma vive benissimo anche da sola. Raffigura il simbolo della preghiera, la Vergine Nostra Signora di Asunción, in un’armonia di bianchi, neri e sfumati evanescenti: la sua firma. 

Lo sguardo corre al lavoro di Carlos Spatuzza, che si serve della carta velina per questa sua raffinata e delicatissima tecnica mista.

Accanto un’opera in forte contrasto con il figurativo evocativo che caratterizza la maggior parte delle opere esposte. Il lavoro è tipico della poetica di Osvaldo Salerno, artista e architetto, che riflette come sempre nella sua ricerca artistica la storia e la letteratura di cui è appassionato studioso.  La sua è la sintesi della sintesi operata da Augusto Roa Bastos il grande intellettuale paraguaiano, ma Salerno va oltre e la estrapola traducendola in un presente disincantato come dice Ticio Escobar nella presentazione di Proximo Instante, di Roberto Amigo.

Osvaldo Salerno

Lendy Peña

 Nella sala attigua l’esuberante installazione al centro, di Lendy Peña, un albero che non è un abete e le palline che non sono quelle multicolorate di Natale ma bianche con disegni neri.  

Quasi un albero di ex voto…in fondo Adelaide Colman invece evoca l’arte indigena 

mentre la mistica piramide di Margarita Morselli ci invita a entrare attraverso improbabili aperture in luoghi misteriosi, Liliana Segovia e Alice Vega e Ana Carina Aranda, presentano invece lavori ricchi di ritmi e di colore come immagino siano qui più che mai le feste religiose.

La mostra è davvero molto vivace quindi, e per la quantità di tecniche che convivono serenamente, pittura, scultura, incisione, disegni, fotografie, tecniche miste, acquerello, e per i temi vissuti ad ogni livello, da quello tragico, a quello mistico, ma anche intimo, estetico, ecologico, come nel caso di Josè D’Allende che ha usato per la sua Madonna unicamente materiali di scarto,

Infine, il sociale tema cruciale molto sentito, scandagliato da Dante Manfredi, ingegnere e docente accessi obbligati per poter poi seguire la sua passione già forte ai tempi dl liceo e fortemente contrastata dal padre. Una volta laureato e indipendente l’arte diventerà il perno della sua esistenza, tra sarcasmo, ironia e umorismo. Castigat ridendo mores, il famoso detto latino, la summa della sua ricerca espressiva.

Ci soffermiamo ancora sulla notevole serie di incisioni di Maria Gloria Echauri 

e terminiamo questo primo incontro ravvicinato con l’arte del Paraguay con il dittico di William Paats in cui l’artista sublima in un dialogo fuori del tempo i dubbi più profondi che squassano l’essere umano. L’opera in mostra fa parte di una serie di venti pezzi unici tutti giocati sul tema del gioco, perdonate il bisticcio. Qui con tocco personalissimo il suo omaggio all’arte classica greca e romana, a quella rinascimentale, ma soprattutto la serenità che evoca la composizione nonostante la costante e irriducibile presenza dell’Ananke in quella trottola-esca.

Quante cose ancora da scoprire, e da dire, ma per ora mi fermo qui e saluto l’Art Director la signora Ruiz complimentandomi non solo per la selezione ma anche per l’ottimo allestimento che ha saputo realizzare rispettando il carattere e l’aura delle tante opere in mostra e mentre restiamo in attesa del prossimo appuntamento alla Manzana… seguite questi artisti, di qua e di là dell’Atlantico!

Manzana de la Rivera Asunción

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