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Covid: nuova road map e considerazioni sul neuro-longcovid

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Neuro-long-covid

Neuro-long-covid

di Gentilino Cipriano

La pandemia da Covid-19 ha causato ricadute significative sugli stili di vita,  sui contesti relazionali, culturali ed economici .

Significativi sono stati quelle sulla economia psichica di ciascuno di noi sia per esperienza di malattia sia per i periodi di  lockdown e in generale la tensione psichica.

Allo stato attuale, sia per le variazioni del virus verso forme più diffusive ma meno incisive e pericolose per vita sia per l’efficacia delle vaccinazioni, assistiamo a un numero sempre più ridotto di ricoveri in ospedale.

Le regole finalizzate al contenimento quindi stanno quindi subendo, da parte delle autorità sanitarie, variazioni progressive verso un allentamento sempre più vicino alla normalità

In particolare, salvo nuovi interventi, da maggio sono previsti sia la abolizione della esibizione del greenpass sia l’uso delle mascherine chirurgiche e FFP2 con la sola esclusione degli ambienti ospedalieri e delle RSA .

Ma questi nuovi aspetti regolatori non dovrebbero significare automaticamente una riduzione personale delle precauzioni individuali come la mascherina FFP2 in luoghi chiusi e affollati e la disinfezione delle mani.

Questo è un consiglio che trova la sue finalità in due aspetti .

Uno generale che tende a ridurre le possibilità di propagazione del virus e uno individuale che tende a evitare il più possibile la malattia  in considerazione del fatto che anche forme di grado lieve possono determinare il cd long-covid, cioè quell’insieme di disturbi che possono seguire una infezione del coronavirus.

Tra questi particolare rilevo hanno tutte quelle condizioni cliniche che prendono il nome di neuro-longcovid .

Prendiamo in esame le più significative.

Nonostante la pandemia sia recente la ricerca clinica ha cominciato a fare luce sugli effetti neurologici e psichiatrici a lungo termine.

Prendiamone alcune in considerazione prima della discussione generale.

Una ricerca condotta dall’Università di Oxford e pubblicata lo scorso 6 aprile sulla rivista Lancet Psychiatry ha evidenziato che i sintomi più comuni in pazienti ricoverati anche per forme meno gravi sono ansia, disturbi dell’umore, insonnia e, si sospetta un rischio più elevato di ictus e forme di demenza ma senza maggiore esposizione al morbo di Parkinson.

Un altro studio pubblicato sulla rivista of Clinical and Translational Neurology ha invece esaminato la storia clinica di un centinaio di pazienti covid del Northwestern Memorial Hospital di Chicago che, pur non avendo avuto bisogno di un ricovero ospedaliero, hanno ugualmente sviluppato sintomi neurologici ascrivibili al Long Covid. A sei settimane dall’infezione, infatti, l’85% di loro presentava ancora : difficoltà cognitive, mal di testa, formicolio, perdita del gusto e dell’olfatto, dolori muscolari, affaticamento e vertigini. Il 42% soffriva inoltre di ansia o depressione. Si è riscontrata anche una riduzione di capacità cognitive come l’attenzione e la memoria breve termine. I pazienti avevano un’età media di 43 anni. Nelle settimane successive la maggior parte ha riferito un miglioramento, ma non è stato così per tutti e dopo cinque mesi dal contagio solo il 64% si sentiva guarito.

Molta ricerca è stata fatta anche sulla  cosiddetta nebbia mentale, un termine informale per  descrivere quell’insieme di disturbi cognitivi che comprendono difficoltà a concentrarsi o a mantenere l’attenzione, perdita di memoria a breve termine, vertigini e un generale senso di confusione. Sono descritti anche casi gravi così debilitanti da impedire i lavoro e casi tra giovani che prima di ammalarsi di covid 19 non avevano disturbi mentali.

Senza descrivere tutte le ipotesi fatte possiamo soffermarci su quelle che hanno ricevuto più riscontri positivi.

Si va infatti dalle cellule nervose infettate al coronavirus annidato nel corpo e che sfugge ai tamponi naso-faringei o al disordine del sistema immunitario che permette a virus latenti di riattivarsi.

Ma gli aspetti conosciuti sono la azione infiammatoria della catena  determinata dalle citochine* e  la sofferenza vascolare associati a una riposta immunitaria eccessiva che non si placa neppure dopo il superamento dell’infezione mentre  sul piano delle osservazioni strumentali sono riportati alcuni casi di perdita di cellule cerebrali specialmente in zona prefontale . 

Nessuno al momento può dire con certezza quanto a lungo possono durare i disturbi associati al long-covid né escludere che in alcuni casi possano lasciare segni permanenti e questo perché conosciamo la sindrome  da troppo poco tempo.

La maggior parte degli esperti ritiene comunque che, soprattutto tra i non ospedalizzati, i sintomi possano regredire spontaneamente dopo alcuni mesi.

A livello regionale sono stati attivati o centri specifici per la cura del long covid in generale o almeno la sospensione del pagamento dei ticket ( come in Regione Piemonte ).

Il consiglio è quello di rivolgersi al medico curante che saprà meglio consigliare i luoghi e i percorsi.

Per quanto attiene ai disturbi neuropsichiatrici è consigliata una attenta costante osservazione sia psicologica con valutazioni cognitive sia neuro psichiatrica per approcci psicoterapici o farmacologici e controlli strumentali.

Importante è cmq non lasciarsi prendere dal panico e farsi aiutare a sviluppare una  capacità di resilienza più grande di quella che ciascuno di immaginava di avere per un percorso più sereno di salute .

Senza ovviamente dimenticare le precauzioni necessarie per evitare il contagio.

Cipriano Gentilino

*quando una cellula del sistema immunitario individua e riconosce un germe estraneo, ad esempio un virus o un batterio, inizia a produrre citochine come una sorta di richiamo per altri attori del sistema immunitario.

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