IL PENSIERO MEDITERRANEO

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Non siamo carne

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di Cipriano Gentilino

Non sono carne” è un movimento istantaneo di protesta, lotta e solidarietà attivato in seguito allo stupro di gruppo subito da una giovane ragazza da parte di coetanei.

Il movimento è diventato rapidamente anche un modo di dire dato il susseguirsi di episodi analoghi che hanno riguardato un gruppo di minorenni e due ragazzine tredicenni e ancora due ragazze stuprate da un gruppo di familiari (il padre, il nonno, lo zio).

Sono episodi recenti dei quali abbiamo notizie solo dagli organi di informazione e per i quali sono ancora in corso indagini giudiziarie. Per questo e per rispetto della privacy ci limitiamo a dare un input informativo generale al solo scopo di riflettere insieme su alcuni punti nodali non sempre analizzati in termini esistenziali, culturali e quindi di bene – essere:

  • il possibile vissuto delle vittime (giovani o minorenni)
  • il funzionamento sociale del gruppo che si fa branco
  • il tipo di reazione degli uomini
  • la dinamica dei ruoli sociali e la evoluzione funzionale del cervello.

Come sappiamo il vissuto delle vittime di stupro è di rabbia e depressione post-traumatica associata alla estrema difesa del corpo e alla vergogna per il pudore offeso.

La paura e la diffidenza sono ovvie conseguenze ma ciò che è più pervasivo è il drammatico vissuto del proprio io corporeo violentato, svilito, aggredito, pestato per piegarne la volontà e in ultimo ridotto a una cosa senza altra valenza che essere oggetto di una pulsione istintiva basale.

Ogni aggettivazione ideologica come potere, guerra, vendetta, etnia o le stesse differenze culturali non possono essere che una aggravante di un comportamento efferato nella sua stessa essenza.

La vittima in giovane età, indipendentemente dal suo ambiente di provenienza, non ha ancora fisiologicamente strutturato e stabilizzato le funzioni cerebrali emotive e cognitive che le possano permettere sia un percorso senza gravosi inciampi sia probabili conseguenze esistenziali verso una elaborazione della violenza subita.

Elaborazione ancora più complessa se si è stati alla mercè di una orda che cosifica la persona.

Una cosa quindi.

Ma una cosa viva, che odora, che stira i muscoli, che sanguina, carne appunto, solo carne, un pezzo di carne, separata dalla persona, stuprata, tagliata.

E tagliare è infatti il significato etimologico dell’indo-europeo “ker” da cui deriva la parola carne.

Si potrebbe obiettare con ragione, come ormai spesso si fa, che i giovani del nuovo secolo raggiungono prima il passaggio all’autonomia dalla famiglia e alle scelte individuali intime e sociali. Contestualmente però andrebbe anche esaminata la evoluzione dinamica della funzione della nuova famiglia e, più che l’effetto negativo dei social, la pervasiva ignoranza emotiva con la quale si interagisce con i gruppi social e la emulazione comportamentale senza una conoscenza emotiva di sé che renda capaci di rispettare l’altro e dall’altro, principalmente, farsi rispettare.

Insufficienza emotiva, chiamata più irrispettosamente ignoranza emotiva, che stà convolvendo la pubblica discussione sui minori e sulla necessaria nuova pedagogia.

Un nuovo atteggiamento pare necessario e pare utile discutere fino alle conseguenze più estreme sulla capacità educativa, sui limiti e sulle sanzioni.

Precisando che laddove si pensasse al carcere per i minori questo potrebbe sia avere scarso significato deterrente sia rappresentare una iniziazione possibile a saperi dannosi, a rapporti e vissuti dai quali può essere difficile liberarsi.

Meglio sarebbe, sul piano psicologico, un coinvolgimento obbligatorio in impegni pubblici a carattere socio-riabilitativo senza dimenticare il coinvolgimento della scuola, della famiglia, del sociale comune che sono i luoghi del fare quotidiano, della cultura e quindi della costruzione dinamica e libera di un io adulto e pensante.

Sul piano basico và fatto infatti un cenno alla evoluzione del funzionamento cerebrale messo in relazione alla evoluzione sociale.

Da un punto di vista filogenetico possiamo infatti andare ad identificare, come fece Paul D. MacLoad negli anni ’70, tre diversi livelli funzionali corrispondenti a tre piani di progressione filogenetica.

Si parla infatti di cervello trino: tre strati di cervello che coesistono e che testimoniano l’evolversi della nostra specie e del resto animale.

Il primo cervello, quello di stampo rettiliano presiede le funzioni vegetative e guida le azioni più primitive e istintive di base.

Il secondo cervello, invece, chiamato emotivo, è tipico dei mammiferi e presiede le emozioni fondamentali quali rabbia, paura, gioia, tristezza oltre che guidare comportamenti sociali e relazionali più evoluti come la cura materna, lo stare insieme, il gioco.

Infine la neocorteccia che governa le emozioni complesse, ovvero vergogna, colpa, orgoglio e funzioni cognitive superiori, come la pianificazione, l’autocoscienza, il pensiero, la narrazione. È proprio la neocorteccia che ha reso possibile l’evoluzione nella specie umana di cultura, educazione, arte, scienza, religione: è ciò che ci rende umani.

E’ allora evidente che è proprio la neocorteccia che deve essere aiutata in uno sviluppo equilibrato con l’esempio ma anche con gli input culturali in grado di essere stimolo per sviluppo della capacità del pensiero critico.

Pensiero critico che è libertà e libertà di scelte rispettose della persona mai ridotta a cosa perché nessuno è solo carne e la negoziazione, anche intima, diventa un modo più umano e più civile di inter-agire.

Purtroppo però la libertà di scelta comporta sempre l’attivazione in toto delle tre funzioni cerebrali e o per mancanza educativa o per sociopatia o per ruoli gruppali e non sempre l’azione che ne consegue è la più rispettosa dell’altro e della sua integrità .

E qui si inserisce l’altro elemento citato in apertura.

Il gruppo.

Un insieme di persone viene considerato gruppo se consapevolmente sceglie di riunirsi per uno scopo che comporti l’utilizzo del rispetto reciproco in uno spirito critico condiviso.

Ma quando il compito ( il lavoro- Bion ) del gruppo si perde in pulsioni istintuali più primitive allora il gruppo non è più tra pari e si trasforma in un’orda in genere dominata da un capo che la guida e che viene ciecamente seguito.

La carne, la carne viva, i muscoli tesi, il sangue diventa la preda del cacciatore di Neanderthal ed è solo carne, solo trofeo, e poi pasto … pasto social per la precisione.

Tutto questo non giustifica e non vuole giustificare nulla.

Anzi viene descritto per avere percepito personalmente l’orrore e comunicare quindi la necessità di aprire una ampia disamina su comportamenti cosi distruttivi, molto più distruttivi

di quanto normalmente si tenda a pensare.

Per questo l’essere associati come maschi agli stupri e ai femminicidi deve portare noi uomini ad essere offesi e non solo a prendere distanza ma anche a diventare protagonisti di una battaglia che ci veda in prima linea sia contro simili comportamenti sia, in generale, a favore una parità di genere reale, vera, concreta. Perché nessuno deve più essere carne.

Cipriano Gentilino

Per chiarimenti, indicazioni o proposte sui temi trattati scrivere a cultura.oltre@libero.it

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