IL PENSIERO MEDITERRANEO

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L’allunaggio del 20 luglio del 1969: una giornata in cui alcuni di noi si dimenticarono del mondo

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Luna-piena-sul-mare

Luna-piena-sul-mare

Di Pompeo Maritati tratto dal libro Una finestra sull’Egeo

Tranquilli, non ho nessuna intenzione di riparlarvi di tutto ciò che avvenne in quel giorno. Desidero invece ricordare quel 20 luglio del 1969, che oramai appartiene alla storia dell’umanità, perché, paradossalmente non ne ho preso parte.

Nell’estate del 1969, già dalla metà di giugno ero sulla mia isoletta. Fu una estate densa di avvenimenti, di nuove conoscenze e di avventure. Il mio amico Nikos, quello che ho sempre definito il mio fratello greco, possedeva un caicco del tutto efficiente con il quale spesso girovagavamo per il litorale est dell’isola, avventurandoci anche su isolotti non troppi lontani. Il Mare Egeo era il nostro giornaliero compagno e sul quale avevamo imparato a navigare. Non uscivamo ogni giorno, anche perché non sempre il mare ce lo consentiva. Nell’ambito della baia dove eravamo non c’era alcun problema di navigazione, in quanto riparati, però non ne valeva la pena allestire il caicco per rimanere limitati all’interno della baia di Agia Marina. L’utilizzo più frequente era serale. Essendo l’imbarcazione abbastanza grande riuscivamo ad imbarcare sino a trenta persone. Ognuno di noi contribuiva per provvedere all’acquisto del carburante, che per le dimensioni dell’imbarcazione, ce ne voleva un bel po’. Quindi la sera, dopo aver caricato un po’ di provviste, si partiva per raggiungere un isolotto disabitato. Portavamo con noi anche un barbecue. Immancabili alcuni amici musicisti e il classico giradischi a batterie. Trascorrevamo così le nostre serate sino a notte fonda, mangiando, ascoltando della buona musica, ballando e perché no, soffermandoci ad ammirare quel meraviglioso cielo stellato, in quell’oasi di pace, nel bel mezzo del Mare Egeo, ovviamente abbracciati alla propria bella. Non voglio fare un raffronto tra i giovani d’oggi e quelli degli anni sessanta. Sono contrario a ritenere alcuni migliori degli altri, anche perché il tempo passa, la società cambia, si evolvono i costumi e i paragoni a volte calzano male. Di una cosa però sono certo: noi, i giovani degli anni sessanta, avevamo un romanticismo più spiccato e genuino. Il corteggiamento delle ragazze, le sue modalità, il saper gioire di un cielo stellato con lei abbracciati, ascoltando la propria canzone del cuore, costituiva la nostra felicità. Mi rimase impressa una frase detta a conclusione di un film ambientato negli anni 60, quando Virna Lisi, diventata madre (nel film) alla domanda del proprio figlio che le chiedeva che cosa c’era di tanto bello negli anni 60, lei rispondeva: «… in quegli anni ci batteva forte forte il cuore». Penso che sia proprio questa la differenza tra i primi decenni del XXI secolo e gli anni sessanta del secolo scorso, allora effettivamente ci batteva forte il cuore.

Caicco
Caicco

Ritornando alle serate trascorse a navigare tra le isolette a ridosso della nostra isola, posso asserire che sono state anch’esse delle bellissime esperienze giovanili, che ricordarle a distanza di oltre cinquant’anni, come sono solito affermare, accarezzano il cuore, lo riscaldano e consentono di vivere dei momenti di dolce nostalgia.

Una di quelle sere in cui siamo usciti con il caicco, era venuta con noi una nuova ragazzina, poteva aver avuto 16 e i 17 anni. Per i tempi di allora a 16 o 17 anni si era ancora ragazzini, con particolare riferimento alle ragazze. Motivo questo che non preludeva la libertà di movimento come viene intesa oggi. Il controllo dei genitori, che in non pochi casi era alquanto ferreo ed asfissiante, condizionava non poco la vita quotidiana.

Quella sera eravamo partiti molto prima in quanto non avevamo in cuor nostro di fare molto tardi, forse questo ha fatto maturare l’idea di venire con il resto del gruppo. Arrivati e sbarcati sul nostro solito atollo, una delle ragazze, mise in fallo un piede procurandosi una preoccupante distorsione. Non riusciva a fare un passo, le doleva moltissimo. Aveva finalmente trovato una posizione per cui trovò del sollievo al punto tale che si addormentò. Nessuno di noi volle svegliarla e continuammo a preparare la brace evitando di fare chiasso. Tutto ciò comportò che alla fine rincasammo un po’ più tardi del solito. Al ritorno, da lontano intravedemmo sulla scogliera, dove eravamo solito attraccare, una decina di persone adulte, alcune delle quali a gesticolare manifestando rabbia ed irritazione. Ci preoccupammo, in quanto pensammo che fosse successa qualcosa di grave. Invece, erano i familiari della nostra nuova amica, che ignari che lei stesse con noi e soprattutto di esser andata in barca, con tant’altri maschietti e che a notte fonda non era ancora rientrata. La madre la prese a schiaffoni davanti a tutti noi, mentre il padre se la prese con Nikos e in parte con me. Non facemmo caso a quello che ci fu detto, rimanemmo attoniti, particolarmente addolorati per quanto stava succedendo alla nostra amica. Lei non la vedemmo più. Nei giorni successivi la cercammo e solo dopo 4-5 giorni apprendemmo che i genitori l’avevano riportata ad Atene. Nelle estati seguenti non la vedemmo più.

Navigare-con-la-luna-piena
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Per quanto oggi potrà apparire paradossale quel comportamento genitoriale, purtroppo, come già detto prima, era alquanto frequente. Anzi devo dire che la libertà godute dalle ragazze di Atene, per loro fortuna, era di gran lunga più emancipata rispetto a quella della nostra Italia del Sud. D’altronde la maggior parte delle ragazze della nostra comitiva non avevano limitazioni particolari.

Quanto sin qui descritto, se può sembrare quasi fuori tema, rispetto al tematica principale di questo capitolo, ritengo serva per comprendere e conoscere meglio l’atmosfera che si viveva in quegli anni, con particolare attenzione a quel delicato periodo della nostra vita in cui attraversata l’adolescenza, si entra nel vivo della giovinezza, dove non sono più delle semplici finestre che si aprono sulla vita, ma un vero e proprio ingresso trionfale, attraverso il portone principale di quello che è il più bel periodo della nostra vita.

Ritornando sul fatidico 20 luglio del 1969, giorno in cui l’uomo per la prima volta mise piede sulla luna, avvenne qualcosa, per certi versi paradossale. Da almeno dieci giorni prima non si parlava d’altro. Non c’era alcuna discussione che non avesse al primo posto l’argomento allunaggio. Una miriade di controverse opinioni e non nascondo anche qualche paura, emersa da qualche soggetto particolarmente superstizioso. Non c’era sera che la gente non guardasse la luna, come se volesse dire, aspetta, stiamo arrivando, non ti muovere. Quello che sino ad allora apparteneva al mondo dei sogni, delle fantasie e delle favole, stava perdendo la sua affascinante mistero. Il sogno stava diventando realtà. L’uomo si apprestava a passeggiare sul suolo lunare. Telegiornali e tantissimi intrattenimenti televisivi non parlavano d’altro. I giornali aggiornavano le loro edizioni con titoloni a quattro colonne. In poche parole i giorni immediatamente precedenti l’allunaggio si aveva la sensazione che qualcosa avrebbe cambiato la nostra vita. Non vorrei apparire eccessivo, ma si aveva la sensazione come se la gente stesse diventando migliore, come se tutti sentissero di partecipare a questa missione lunare in prima persona.

La-luna
La-luna

La missione spaziale si chiamava Apollo11[1]. Apollo dal dio greco.

Perché la NASA per le sue missioni spaziali scelse di denominarle utilizzando i nomi delle divinità greche?

Apollo, Artemis, Mercury, Saturn…. Negli anni 50 e 60 la Nasa aveva l’abitudine (e in parte la mantiene ancora oggi) di dare alle missioni spaziali nomi tratti dalla mitologia greca, seguendo l’esempio dei militari che, nello stesso periodo, avevano chiamato i missili terra-aria Nike–Hercules e Nike–Ajax. Così nel ’56 il primo missile per i voli suborbitali venne chiamato Jupiter-C, dal nome di Giove, mentre il primo satellite artificiale americano, Explorer, venne lanciato dal vettore Juno, Giunone. Mercy era il primo programma spaziale umano, Gemini (Gemelli) il secondo, basato sui vettori Atlas(Atlante) e Titan, mentre quelli che avrebbero portato il primo uomo sulla LUNA, nel ’69, vennero battezzati Apollo, destinati a viaggiare su missili Saturn. Nel caso della missione lunare qualcuno potrebbe chiedersi quale connessione avesse Apollo, dio del Sole, con un viaggio verso un corpo freddo immerso nello spazio: il nome venne scelto da Abe Silverstein, ingegnere aerospaziale che propose il nome Apollo nel gennaio del 1960.

Quel 20 luglio del 1969 ricordo che era domenica. Tutti i bar e i ristoranti erano stracolmi. La giornata fu alquanto calda, ma secca, per cui il caldo era ben sopportato. Dato che era nostra consuetudine la domenica sera andare ad assistere alla cagnara dei pendolari del fine settimana, vista la non grande presenza di viaggiatori, decidemmo, una ventina della nostra comitiva, di prendere il caicco di Nikos e andare a trascorrere la serata sul nostro solito atollo.

Oggi definirei questa nostra scelta una apatica indifferenza verso il nuovo che avanzava. Tutto il mondo o quasi , con gli occhi all’insù a guardare la luna ad ascoltare le telecronache, mentre noi preferimmo appartarci da tutto il resto del mondo, come se quell’allunaggio, simbolo dell’ingegno dell’uomo, non ce ne potesse fregare più di tanto. Che strano, eravamo allora più attenti alle problematiche politiche, ci interessavamo anche con ardore. Ma quella sera del 20 luglio del 1969 ci dimenticammo del mondo.

Ancora oggi mi chiedo se fu una specie di rigetto ad una spasmodica e insistente massiva comunicazione, o una vera e propria apatica indifferenza. Probabilmente non fu nulla di tutto ciò, fu semplicemente una scelta tra una serata da trascorrere davanti ad un televisore, per qualcosa che comunque avremmo potuto apprendere dopo, o trascorrere una romantica serata con la propria bella, al mare, ad ammirare la luna crescente e immaginare che un giorno su quella luna, forse, ci potremo recare con la stessa facilità con cui oggi ci rechiamo negli altri continenti della terra.


[1] Apollo, una divinità greca è figlio di Zeus e di Leto (Latona per i Romani) e fratello gemello di Artemide (per i Romani Diana), dea della caccia e più tardi una delle tre personificazioni della Luna (Luna crescente), insieme con Selene (Luna piena) ed Ecate (Luna calante).

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