IL PENSIERO MEDITERRANEO

Incontri di Culture sulle sponde del mediterraneo – Rivista Culturale online

Dal Poemetto “Memorie di Sicilia”. Liriche di Vincenzo Fiaschitello, parte quinta

Carretto siciliano

carretto siciliano (fonte: wikipedia)

Rattoppano di rosso i papaveri

Rattoppano di rosso i papaveri

la verde distesa dei campi.

E’ questa l’ora, l’ora silenziosa

di un tramonto che narra all’anima

quel che è stato del passato tempo.

Ora la vita fugge, scivola tra pizzini

di whatsapp e immagini di tiktok.

Domani toccherà a me, dice

il morto soldato vivente tra continui

scoppi nelle profonde caverne

di palazzi della città distrutta.

La sera si fa più sera e il mio occhio

vibra ancora d’angoscia se rammenta

quel che vide allora sulle spiagge

di Sampieri e di Pozzallo quando,

fanciullo, guerrieri stranieri invasero

la terra di Sicilia.


La nebbia dei ricordi

D’improvviso un’ombra buca

la nebbia dei ricordi,

il vento s’alza e uggiola

come il cane fedele

che resta alla porta del padrone

quando tarda a tornare.

Non frangere la frontiera,

di là altre ombre potrebbero

assalirti e chiedere la tua pietà,

le lacrime che più non hai.

Ritto o chino, secondo come

Natura vuole, non temere,

molto meglio l’attesa di chi

viene ad abbracciarti

tra nebbia e pioggia all’ultimo

crocevia della vita.


Un mattino lungo la via

Un mattino lungo la via

mi sorrideva il mondo,

un pallido tepore ottobrino

scivolava sul mio volto

di fanciullo. L’uscio aperto

di un’umile casa ingombro

da piangenti donne mi aprì

lo sguardo alla sconosciuta

morte di una giovane madre

con le mani intrecciate

sul gonfio ventre. A lungo restò

quel profilo di dolore e di paura

nascosto nel cuore e ora come

ala di un variopinto uccello

pietosamente copre i miei errori

e sgombra la via dove nulla è perduto.


Quando fanciullo nel buio

 Quando fanciullo nel buio

scavavo, onde fumose

si levavano improvvise

e tremolanti avvinghiavano

il respiro della notte,

fermando il tempo tra

paura e irragionevole fuga.

Sulle mie spalle il peso

di quella cenere.


Naufragio

L’inquieto mare, unica massa,

si frange sugli scogli nell’ora

triste del tormento.

Ma non è il vento che lo volge

e lo sommuove, sono le voci

e l’alto pianto di chi sa che altri

non potranno o non vorranno udire.

Signore, lucida la nostra memoria,

fa’ che non sia un desolato campo gelato,

fa’ che la scia aperta nell’acqua

dal battello sia come il solco

che lascia l’aratro nella terra

per ricavare frutti vitali.

Fa’ che resti, oh Signore, una traccia

nel cuore, ma non darci più il nostro

naufragio quotidiano.

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