La sindrome di Asperger
di Maurizio Mazzotta
“La musica è una delle mie più grandi passioni. La seconda è l’astronomia. Per la terza devo ancora decidere. ed è molto difficile decidere quale sarà il terzo più grande interesse della mia vita.
Sono un tipo problematico, io. Proprio tanto problematico. Questo lo so per certo. Molto spesso i miei gusti non corrispondono con quelli dei miei coetanei. So di essere diverso dai miei coetanei. Un pochino diverso. Mica tanto.
Forse dovrei assomigliare un po’ di più a loro. Ma io sono fatto così. E non ci posso fare niente. Che poi assomigliare a qualcun altro è uno dei peggiori desideri che si possa avere. Volere assomigliare a qualcun altro vuol dire non volere essere se stessi.”
(Brano riportato dal romanzo Il colore dei giorni di Antonio Colì)
Leggo volentieri i libri degli amici e il primo motivo è per conoscerli. In questo caso mi sono bastate le righe di inizio del primo capitolo per capire alcuni aspetti importanti dell’autore.
Antonio Colì si è immedesimato a tal punto nel suo personaggio di undici anni, che mi ha convinto che chi parla è un bambino speciale per ciò che dice e per come parla. Ora confesso che, come psicologo e scrittore, sono rimasto colpito tanto da pensare contemporaneamente queste frasi, che mi sono piovute alla rinfusa nella testa, perciò non sono in ordine: emozionante!… l’autore si è studiato la sindrome di Asperger… vorrei averle scritte io queste righe…(Che è il massimo complimento che si possa fare)
E da qui ho pensato: Anche questo è un raccontare la psicologia. Colì infatti nel suo romanzo Il colore dei giorni presenta un personaggio con la sindrome di Asperger, che è un tipo di autismo “leggero”, nel quale appaiono ugualmente gli aspetti straordinari di personalità che questi bambini e bambine, in genere preadolescenti, rivelano fino a stupirci. Subito per spiegarmi al meglio: si pensi a Greta Thunberg, una ragazza che ha fatto parlare di sé, una giovane attivista svedese con la sindrome di Asperger, che ha messo in crisi i politici di molti paesi sui problemi ambientali.
Sia nell’autismo che nella sindrome di Asperger i risultati degli studi presentano aspetti contraddittori. Sono ambedue disturbi della personalità, propriamente dell’affettività, ossia difficoltà nelle relazioni, quindi nella comunicazione, e ancora deficit nell’attenzione. Inoltre comportamenti ripetitivi, ritualistici, ansia per “le cose storte”. E poi ambedue -autistici e Asperger- mostrano capacità eccezionali. Nel film L’uomo della pioggia (Rain Man) Dustin Hoffman interpreta un giovan autistico che aveva una straordinaria capacità numerica: riusciva a fare calcoli d’ogni tipo con serie numeriche viste una sola volta, come un computer. Queste persone hanno in genere pochi interessi ma molto intensi e si presentano preparatissimi nella materia che amano, come un esperto. Nella sindrome di Asperger gli aspetti negativi sono molto tenui rispetto all’autismo, meno disadattanti, infatti sono persone che comunìcano e parlano speditamente. La caratteristica di Edoardo, il nome del bambino, personaggio principale del romanzo di Colì, senza aver studiato, ha la capacità di leggere frasi e parole direttamente dal movimento delle labbra di chi parla e si trova distante da lui. Per questa capacità si generano le vicende della storia.
IL limite cognitivo di tutti – autistici e Asperger – è che sono ancorati alla realtà al punto che non comprendono paradossi e metafore. Ecco un esempio tratto dal romanzo
“Una volta sono andato sott’acqua e ci sono rimasto per così tanto tempo, che la mamma e mia sorella si sono spaventate nel non vedermi risalire in superficie. Quella volta sono state loro ad agitarsi. Non sapevano dove sbattere la testa, mi dissero. Perché avrebbero dovuto sbattere la testa, poi! Non lo so proprio. Sbattere la testa è una cosa stupida. Perché qualcuno dovrebbe fare una cosa così stupida?”
Per raccontare la psicologia approfitto e riporto quest’ultimo brano di Edoardo, altamente significativo
Così ho preso e sono uscito di casa da solo. Mi sono diretto verso la fermata dell’autobus, deciso ad andare a scuola da solo. Per strada guardavo per terra e intanto contavo le mattonelle del marciapiedi. A scuola, in autobus, ci sono andato già qualche volta. Ma mai da solo. Mi ha sempre accompagnato Sofia. Ma quella volta ci stavo andando da solo. Era la prima volta che andavo a scuola in autobus da solo. Sono arrivato a 752 mattonelle. Da casa alla fermata dell’autobus ci sono 752 mattonelle. A un certo punto ho dovuto attraversare la strada, e lì non ce n’erano di mattonelle, c’erano delle strisce bianche. Quelle pedonali. 6 strisce pedonali per essere esatti e 752 mattonelle separano la mia casa dalla fermata dell’autobus.
Alla fermata, Eravamo pochi ad aspettare. Quando è arrivato, sono salito dalla porta posteriore e mi sono seduto in uno dei posti dietro dietro. Meno male che non era affollato. Non ci sarei salito per nessuna ragione al mondo se fosse stato affollato. Se fosse stato affollato avrei preferito farmela a piedi fino alla scuola. L’autista si è alzato ed è venuto verso di me.
“Non lo sai che è vietato salire dalla porta posteriore? Che bisogna entrare da quella anteriore per vidimare il biglietto?”
Non ho risposto. Cosa dovevo rispondere?
“Ce l’hai il biglietto?” mi ha chiesto.
Gli ho dato il biglietto.
“Santa pazienza” ha detto l’autista, “lo devi convalidare.”
Mi ha fatto segno di seguirlo. Mi sono alzato e l’ho seguito. Abbiamo attraversato tutto l’autobus. Tutti i passeggeri mi guardavano, mentre io non sapevo dove guardare. Quando sono tornato al mio posto, ho contato i passi che ho dovuto fare per attraversare l’automezzo. Diciassette in tutto. Quasi diciotto. Poi, finalmente, l’autobus è partito”.
Però a questo punto devo aggiungere e chiarire un aspetto. Un “tantino” tutti abbiamo problemi, se non addirittura disturbi che interessano il comportamento. E per comportamento intendo tutte le nostre manifestazioni.
C’è chi disturba più gli altri, cioè chi gli sta vicino, e c’è chi invece disturba più se stesso. Visto che parlando di Edoardo vi ho proposto l’ultimo brano dove appare evidente la sua ossessione-compulsione, due nevrosi spesso associate nel soggetto, e ora racconto una breve vicenda su una persona sconosciuta che un giorno venne a trovarmi per motivi di lavoro.
Eravamo seduti uno di fronte all’altro e dietro di me c’era la parete dello studio. Dopo appena cinque minuti in cui la persona si stava presentando, ecco che si alza all’improvviso e mi supera spedito come richiamato da una urgenza. Lo seguo con lo sguardo torcendo il busto, un poco preoccupato e lo vedo accostarsi alla parete e, come se fosse a casa sua, raddrizza il quadro alle mie spalle e torna subito al suo posto con un “Mi scusi dottore”.
Il racconto non è casuale. Dopo l’ultimo brano di Edoardo ho voluto sottolineare che il disturbo ossessivo-compulsivo è il più frequente e il più diffuso nel novero delle nevrosi, anche tra persone che non sembrano avere problemi psicologici; a volte fa sorridere a volte infastidisce. Intanto può essere una sofferenza per chi lo subisce.