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Gaetano, della illustre e nobile famiglia Briganti, un personaggio tutto da scoprire

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palazzo Briganti a Gallipoli

palazzo Briganti a Gallipoli

di Alessandra De Matteis

E’ tendenza certamente molto diffusa quella di percorrere le strade di un dato centro abitato e osservare distrattamente la toponomastica del luogo.

Qualche volta, a seconda della curiosità o della fretta, può capitare di chiedersi chi siano i personaggi a cui le vie sono intitolate: alcuni non hanno bisogno di presentazioni o particolari approfondimenti storici, per altri – specialmente quando si tratta di personaggi locali – un supplemento di interesse porterebbe a delle scoperte interessanti che arricchirebbero notevolmente il nostro bagaglio culturale.

Circolare nel centro storico di Gallipoli significa incontrare figure come i De Pace, i Tafuri, i Briganti, che tanto hanno dato alla città, ma dei quali solo pochi conoscono nei particolari la vita, le gesta e le ragioni per cui si sono meritati l’intitolazione di una strada.

Un notevole contributo nel far conoscere meglio queste illustri figure ci giunge dal lavoro di Laura De Vita e Luigi Solidoro, con il libro “Gaetano Briganti: architetto, inventore e musicista”, parte della collana Musicisti Salentini, che porta alla luce la valenza professionale e artistica di Gaetano Briganti, con particolare attenzione alla sua attività musicale che, pur essendo egli un architetto (spesso autodefinitosi anche ingegnere), praticò brillantemente.

Nipote dei più noti Filippo e Tommaso e fratello di quel Domenico che nel 1843 era sindaco di Gallipoli, Gaetano Matteo Briganti nacque a Gallipoli il 21 settembre 1816 e trascorse la sua vita quasi interamente lontano dalla città natale, tanto che egli stesso ammise di non essere lì particolarmente conosciuto, specialmente dalle “nuove generazioni” del tempo.

Trascorse la sua esistenza tra Napoli, Foggia e L’Aquila, dove morì celibe e senza discendenza diretta. Nessuno conosceva dove e quando questo illustre personaggio fosse morto: la data precisa della sua morte, sfuggita addirittura allo storico Ettore Vernole, è stata invece ritrovata dagli attenti autori del volume nell’Archivio di Stato abruzzese.

A Napoli, dove certamente risiedette in un primo periodo, esercitò prevalentemente la sua attività professionale, come documentato da atti ufficiali.
Mentre era a Foggia, dove trascorse più di un ventennio, si dedicò più proficuamente alla composizione della musica. Fu proprio lì che scoprì il talento di un bambino che sarebbe diventato uno dei più famosi compositori veristi, Umberto Giordano, del cui padre Ludovico era caro amico e al quale, non potendo non notarne la naturale predisposizione per la musica, insegnò le prime nozioni musicali di pianoforte e solfeggio.

Si trasferì poi a L’Aquila, città in cui ricoprì la carica di funzionario del Genio Civile. Indubbiamente in questi anni non trascurò l’amore per la sua città natale, e ne è prova l’invio a Gallipoli, nel 1881, di un suo progetto per la costruzione del mercato coperto, ampiamente documentato da Elio Pindinelli in una delle sue pubblicazioni interamente dedicata all’argomento e risalente al 2015.

I suoi lavori musicali sono giunti sino a noi sotto forma di opere liriche, messe e mottetti. In particolare, qui vogliamo ricordare la Scena lirica per l’inaugurazione del Teatro Garibaldi di Gallipoli, avvenuta nel 1879.

In particolare, l’esecuzione della Scena lirica – riportata alla luce proprio dagli autori – viene da Elio Pindinelli meravigliosamente definita nella prefazione del libro:

“La scena lirica, che inaugurò il primo sipario del teatro nella primavera del 1879, si suonò e si cantò sulla scorta della musica e dei versi di Gaetano Briganti che, immaginando il popolo laborioso di Gallipoli (bottai, facchini, artieri e pescatori), introduce alla festa in maniera didattica, come a voler restituire la gioia del divago popolare nel tempio dell’arte e della musica, rilucente di luci e di dorature”.

Parole che, in una sintesi estrema, riescono a rendere perfettamente sia l’immagine sociale della Gallipoli del tempo, che l’atmosfera che si respirava il giorno della sfarzosa inaugurazione dell’ex Teatro del Giglio.

Come spesso accade nei geni eclettici, le commistioni tra i diversi interessi ed arti in cui l’estro si manifesta diedero anche per Gaetano Briganti i loro frutti, concretizzandosi nel progetto di un complesso strumento, tecnicamente un “bipianoforte” capace di sostituire un’intera orchestra di archi, denominato pantarmonico.

Il pantarmonico (il cui modellino si trova nel Museo Civico “Emanuele Barba” di Gallipoli) fu sottoposto dal suo inventore all’Istituto d’incoraggiamento alle scienze naturali di Napoli nel 1856, e da esso ottenne un privilegio di invenzione.
Nel 1873 ottenne il brevetto valido per quindici anni, che gli garantiva priorità e diritto esclusivo di sfruttamento industriale dello strumento, brevetto che però Briganti non sembra aver sfruttato.
La notizia di questa invenzione fu riportata da giornali esteri, ma probabilmente mancò chi acquistasse l’invenzione sul mercato, e l’ideatore cessò i pagamenti della tassa annuale relativa al brevetto già nel 1874, perdendo quindi il diritto.

Laura De Vita e Luigi Solidoro, da sempre amanti della storia della musica e che della musica hanno fatto la loro vita, non si sono in questo caso fermati alla menzione del pantarmonico, ma hanno fornito una descrizione minuziosissima del suo funzionamento, esponendolo in maniera estremamente dettagliata.

Il libro “Gaetano Briganti: architetto, inventore e musicista” è un’opera che pone un altro tassello nel percorso di riscoperta e omaggio a personaggi gallipolini poco conosciuti o molto trascurati, e che meritano che i loro nomi non siano solo una scritta nella toponomastica cittadina quanto piuttosto lustro e prestigio per la nostra città.


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