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Falso Movimento: un libro di Gianvito Pipitone, intervista all’autore

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Falso-Movimento-un-libro-di-Gianvito-Pipitone

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di Ig.Pa.

Viaggio nel mondo dello scrittore Gianvito Pipitone, manager di professione e scrittore per passione, attraverso la sua ultima fatica letteraria, Falso Movimento, un noir affascinante, denso e complesso che vi stupirà per ritmo, tematiche e ambientazione. Abbiamo avuto il piacere di scambiare due chiacchiere con l’autore, di origine marsalese, che da anni ormai ha scelto l’Etna come rifugio e punto di osservazione del mondo. Ne è venuta fuori una conversazione debordante, a tratti sorprendente e soprattutto mai banale… Consigliamo di seguirci fino in fondo per sondare alcune curiosità legate al suo ultimo romanzo ed entrare, come dice lui “a gamba tesa” dentro la sua officina letteraria.

Come e quando nasce la tua passione per la scrittura?
Molto difficile rispondere. Diciamo che fin da bambino una penna l’ho sempre avuta in mano… Ma come tutte le mie passioni, anche la scrittura ha dovuto aspettare il suo turno (ride). Credo sia nel mio dna, quello di appassionarmi per brevi periodi ad intermittenza, anche in maniera ossessiva, di quegli aspetti creativi o anche culturali che, specie nell’adolescenza, sembrano circondare un giovane dalle belle speranze. Così è stato per la musica o lo sport, ad esempio, e poi per lo studio delle lingue straniere, per i viaggi, o per il mondo del vino… E il bello è forse questo: ancora oggi c’è un momento in cui basta un leggero switch e mi sembra di potermi immedesimare improvvisamente in un ruolo diverso … L’unica cosa che conta però è quella di non prendersi mai troppo sul serio (ride sornione).

Insomma per dirla con W. Allen, una sorta di Zelig…
Touché… mi hai perfettamente sgamato (ride) … Avrei voluto citare Pirandello, con uno nessuno centomila … e invece va a finire che il parametro di riferimento è sempre lui, lo Zelig di Woody Allen (ride di gusto). Giusto per dirti … l’ultima mia passione è il mondo della meditazione che ho cominciato a praticare da qualche mese, senza però lasciarmene travolgere… Ma chi mi conosce bene sa che mastico voracemente le mie passioni per poi passare ad altro (ride).  È il tempo poi che decide quali passioni rimangono intatte. E da questo punto di vista la scrittura è sempre rimasta a galla, in tutte le fasi della mia vita.

Interessante …  e dunque questa forma di eclettismo in che misura si riflette nei tuoi libri?
Difficile dirlo… Io scrivo senza avere un canovaccio prestabilito. Spesso di getto, anche su un cellulare…magari di notte o durante un lungo viaggio in treno o in aereo. Non mi sono mai preoccupato di mettere i paletti al mio stile o alla lingua che utilizzo… Non ho mai cercato ossessivamente di trovare il mio stile personale… Non credo che sia necessario avere una sorta di imprinting autoriale, prestampato, da calare ogni volta su una storia diversa. Credo invece che lo stile debba piegarsi alla storia e ai personaggi che si intende raccontare e descrivere… Ma sto diventando troppo serio ora vero? … (ride).

Come definiresti il tuo ultimo lavoro, Falso Movimento?

Un esercizio … (ride). Non scherzo, credo che ogni prodotto sia frutto di una sfida interna con sé stessi. Se si vuole, una piccola ricerca da portare a compimento, o meglio forse un gioco, un puzzle… Almeno io lo vivo così. Di una storia mi interessano soprattutto i personaggi, a tutto tondo, con le loro contraddizioni e il loro complicato paesaggio interiore. La storia in sé, la sinossi, mi serve solo per mettere i personaggi davanti alle loro paure, alle passioni, agli impulsi, anche e soprattutto quelli peggiori …  così da osservare in ogni momento le loro reazioni, specialmente davanti alle situazioni più spiazzanti.

E come mai la scelta di ambientare questo romanzo in una Francia decisamente noir ?
Si, ammetto di avere una sorta di sudditanza psicologica nei confronti della cultura francese, per quello che la lingua e la letteratura  transalpina hanno saputo rappresentare in ogni momento, da qualche secolo a questa parte. Detto questo, l’amore per il mutevole e stratificato paesaggio della douce France oltre che di Parigi, ha certamente indirizzato il mood di questa storia. Una sorta di territorio dell’anima…

E allora raccontaci un po’ di questo detective, Cedric Bovin…
Cedric è un detective sui generis, un ex poliziotto con una particolare predisposizione all’ introspezione e all’analisi di sé  stesso e inevitabilmente degli altri con cui viene a contatto… La sua vita subisce una repentina sterzata quando alla sua porta bussa monsieur Dutroux, famoso architetto di grido del gran mondo parigino, con più di qualche problema irrisolto alle spalle, che gli commissiona l’incarico di mettersi sulle tracce del figlio scomparso, Eric. E così   la scena si sposta in Borgogna a Dijon, dove il ragazzo scomparso viene avvistato per l’ultima volta durante un rave party. Lì, invischiato in una provincia immobile, sonnolenta, viziosa, spesso ammantata da una pensante coltre di nebbia, il detective proverà ad ingaggiare una difficile lotta contro la misteriosa reticenza dei compagni di Eric. Poi d’improvviso la storia subisce un’accelerazione e i nuovi eventi lo porteranno a Marsiglia a misurarsi con esponenti islamici dell’Isis, trafficanti di droga, coloriti giornalisti locali… finché sulla sua strada incontrerà due misteriosi personaggi che sembrano sapere sempre in anticipo le sue mosse. A chi rispondono? chi li manda? E insomma da lì in poi le cose si complicano sempre più … (ride)

E proprio nel momento clou della storia, che ovviamente non andremo a spoilerare, arriva il cambiamento che ribalta la prospettiva a 360 gradi…
Esatto, a un certo punto arriva inaspettatamente una situazione che metterà in profonda crisi le certezze del detective. Una situazione che lo trascinerà a tu per tu con il fallimento totale delle proprie ricerche e del suo così tanto decantato metodo … 

Riuscirà a sopravvivere a questo fallimento?

Diciamo che Cedric, così come tutto il mondo che gli scorre accanto, sono costruiti per andare molto veloci. Entrambi non possono permettersi di perdere o di lasciare pezzi per strada. Alla fine della giornata dovranno sempre dimostrare a sé stessi e agli altri non solo di essere stati capaci di reagire, ma anche di aver saputo assorbire il cambiamento, annientare la sconfitta e, in definitiva, piegare il destino a proprio favore …

Una visione cinica e pessimista … oppure anche un invito ad essere camaleontici forti e  sfuggenti per riuscire a sopravvivere in questo mondo ? Entrambe direi … (ride).  La visione di Cedric non può che essere improntata al realismo più disincantato… Non è il mondo dei santi e nemmeno quello degli eroi. Questo Cedric sembra capirlo molto bene: è un uomo strutturato, navigato,  conosce le feroci regole del mondo e le sue infinite trappole…

Al di là del personaggio principale, il libro è  pieno zeppo di personaggi indimenticabili, molto ben descritti… penso a Madame Nerval, al giornalista Alain Leclair, allo stesso Monsieur Dutroux che forse è il vero protagonista… Ecco, c’è secondo te una tematica o delle tematiche che il romanzo mette in luce nell’intreccio dei suoi protagonisti?
Centrale nel romanzo è il rapporto genitori-figli. La ricerca del figlio da parte dell’architetto Dutroux, il senso di colpa di entrambi i genitori, rei di non aver saputo trasmettere un certo tipo di valori, la crisi della famiglia stessa a vantaggio di un modello sociale votato alla solitudine o all’incomunicabilità. Ma anche la descrizione di un mondo, quello dei giovani, senza centro, cinico, egoista, pieno di insicurezze, paure e trappole disseminate lungo il loro percorso… Sono tutti temi che il romanzo in un modo o nell’altra prova ad affrontare. Come anche la responsabilità di essere genitori, di mettere al mondo dei figli che non hanno chiesto di venire al mondo …

Tanta roba per quello che doveva essere un semplice romanzo noir, un esercizio come lo descrivi tu …
In effetti (ride) … Insomma l’impalcatura è quella di un romanzo on the road, dalle tinte noir, che deroga dal genere per sfociare spesso e volentieri nella squisita ricerca del perché delle cose… Un libro che mi sento di consigliare davvero a tutti, genitori e figli e che forse può aiutare a definire un po’ questi tempi strani …  senza santi né eroi ma pieni di necessario realismo.

Per finire, una domanda sulla distribuzione di Falso Movimento… dopo il romanzo Montagne della Meta e la raccolta di racconti Pecore al buio, continui ancora con l’auto pubblicazione indipendente… il tuo libro è lì su Amazon a testimoniarlo: ti sei occupato di correggere le bozze, di fare l’editing e di costruire il marketing… mi sembri un po’ come Bob Dylan agli inizi della carriera alle prese con voce, chitarra, armonica a bocca e grancassa…
Ma davvero … (ride di gusto) E comunque il paragone con Dylan mi lusinga… Che dire sull’argomento? No, dopo l’esperienza con i miei libri precedenti, quando cioè diversi editori sul mercato mi hanno proposto di pubblicare a mie spese … stavolta non c’ho nemmeno provato a mandare il manoscritto agli editori (ride). Il libro è stato dapprima pubblicato a puntate sul mio blog, oltre che sulle pagine di Il Pensiero Mediterraneo…

Ma obiettivamente non sarebbe meglio trovare un editore serio ?
Ah certo, hai detto bene, bisognerebbe prima trovarlo però .. (ride) … Immagino che il mercato dell’editoria, specialmente gli editori di piccole dimensioni, sia molto intasato. E sono pochi probabilmente quelli che vogliono rischiare. E forse il mercato è un po’ troppo concentrato nella ricerca spasmodica del personaggio, prima ancora che dello scrittore, di un caso letterario piuttosto che di un buon libro. Non so e probabilmente non mi interessa … Credo però che il percorso per un esordiente in quel tipo di mondo sia molto duro: incontri, conferenze, comparsate, stress etc… Tutto quello che obiettivamente io fuggirei come la peste (ride). Io credo invece molto nella dimensione artigianale di chi si cimenta con la scrittura e lo fa per il piacere di raccontare e di raccontarsi agli amici o ai conoscenti. In una dimensione intima della scrittura. Per quanto mi riguarda vale la regola della meditazione. Si medita non per andare in qualche posto o per diventare un’altra da cosa da quello che si è. Siamo già quello che siamo e non c’è nessuno posto dove andare che non si conosca già.

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