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La collezione Brandi Rubiu in mostra alla Galleria Nazionale d’Arte moderna e Contemporanea di Roma: 30 settembre 2022 – 6 novembre 2022

La Collezione Brandi Rubiu 30.09 — 06.11.2022

La Collezione Brandi Rubiu 30.09 — 06.11.2022

di Vincenzo Fiaschitello

La Collezione Brandi Rubiu 30.09 — 06.11.2022

La collezione Brandi Rubiu si compone di 92 opere  donate da Vittorio Rubiu, erede di Cesare Brandi, alla Galleria Nazionale nel 2001, in parte di sua proprietà e in parte di Cesare Brandi.

Si tratta di una straordinaria serie di capolavori ricevuti in dono da artisti geniali, protagonisti dell’arte italiana del XX secolo, come Manzù, De Pisis, Burri, Pascali, Guttuso e altri.

Venerdì 4 novembre 2022 nella Sala delle Colonne della Galleria Nazionale, presente un vasto pubblico, si è tenuta una interessante conferenza con la partecipazione di critici, di storici dell’arte, di galleristi e di artisti di fama internazionale in onore di Vittorio Brandi Rubiu, che a 94 anni testimonia il senso di responsabilità culturale verso la comunità del nostro paese, affinché l’amore per il Bello venga mantenuto come meravigliosa fiamma.

Marco Tonelli, docente accademico delle Belle Arti di Venezia, ha aperto i lavori, dando la parola a Vittorio Rubiu, collegato in videoconferenza, il quale ha salutato e ringraziato per l’omaggio a lui tributato dal pubblico, dagli amici, dagli autorevoli studiosi intervenuti.

Ciascuno degli oratori da Giuseppe Appella, a Massimo Carboni, a Lorenzo Canova, a Paolo D’Angelo, a Giancarlo Limoni, a Aldo Perrone, a Fabio Sargentini, a Edoardo Sassi, a Claudio Strinati e a Filippo Trevisani, ha ricordato la figura di Vittorio Rubiu, figlio adottivo di Cesare Brandi e suo erede, citando giudizi, aneddoti, storie di quasi  un secolo di vita artistica del nostro paese: pittura, scultura, architettura, letteratura.

Non ci si sorprenda se si aggiunge anche la letteratura perché è noto che ogni mostra d’arte organizzata da eccellenti galleristi è sempre accompagnata dalla scrittura di illustri letterati. Se pensiamo a quel che hanno scritto sia Rubiu e soprattutto il suo Maestro Cesare Brandi, non possiamo non restare stupiti per la squisita prosa con la quale hanno fatto conoscere meravigliose opere d’arte.

Quasi tutti gli oratori hanno ricordato l’ultimo libro di Vittorio Brandi Rubiu: Diario per pochi- Con una lettera di Fabio Sargentini, Edizioni della Cometa, 2022.

D’altra parte lo stesso Cesare Brandi, oltre ai suoi testi di critica e di teoria estetica come la ben nota Teoria del restauro, tradotta in tutte le lingue, ha manifestato grande interesse per la poesia, per i viaggi, scrivendo splendidi libri per i quali ha ottenuto importanti premi letterari: Feltrinelli e Viareggio. Uno di questi Sicilia mia, edito da Sellerio, a me come siciliano ha sempre toccato il cuore per la maestria con la quale ha illustrato il barocco del triangolo Modica-Scicli-Noto nel sud est della Sicilia. E soprattutto Noto, la mia città della fanciullezza e dell’adolescenza, dove sin da ragazzi si masticava a ogni ora del giorno, pane e barocco. Trovo dunque giusto la lamentela, il dispiacere di Vittorio Rugiu per il fatto che il nome di Cesare Brandi non sia stato inserito tra gli scrittori nella Garzantina della letteratura. Ma tant’è!

Qualcuno ha detto perché continua a sussistere una sorta di separazione dei generi, nel senso che non ci può essere commistione, lasciamo cioè che Cesare Brandi sia ricordato come grande critico e storico dell’arte e non come scrittore.

Mi sembra davvero una cattiva idea!

Ora dunque è più comprensibile che Rubiu, oltre che per l’affetto verso il Maestro, continui tuttora a 94 anni a farsi cultore della memoria, della straordinaria cultura e della passione artistica (compresa la scrittura letteraria) di Cesare Brandi, curando la pubblicazione dei suoi libri.

Un posto significativo nel settore della pubblicazione di libri di Cesare Brandi spetta a Aldo Perrone, con il quale ho a lungo conversato, legato da immediata simpatia e amicizia per affinità culturale (poeta, scrittore, ex dirigente scolastico). Mi ha parlato di eventi della sua città, Taranto, con precisi riferimenti a Cesare Brandi che con coraggio e determinazione si oppose ai disastri architettonici del centro storico della città, della sua infaticabile attività di membro di varie giurie letterarie, dei premi ottenuti per la poesia e per la narrativa.

Molto interessante è stata anche la conversazione con Fabio Sargentini, famoso gallerista romano, scrittore, attore e regista, scopritore di talenti come Pino Pascali (1935/1968). Di questo grande artista barese parla con entusiasmo e rammarico per la breve e straordinaria carriera, interrotta dal tragico e mortale evento dell’incidente con la moto nel 1968. Fu merito di Sargentini farlo conoscere a Cesare Brandi e a Vittorio Rubiu. In quegli anni si cominciava a intuire la fine di una fase artistica tradizionale, la fine delle avanguardie, per passare alla fase della pop-art che fece scalpore alla Biennale di Venezia del 1964. Pascali era l’artista del concreto, della materia: il lago, l’acqua del mare, gli attrezzi agricoli, i cannoni, costruiti con materiali poveri, riciclati. Sorridendo, il gallerista ricorda che un giorno gli chiese addirittura un carro armato. Non ebbe però il tempo di farlo, perché la tragica morte glielo impedì.

E in relazione a questa fase, Sargentini mi fa venire in mente che probabilmente non fu semplice per Cesare Brandi accogliere favorevolmente un artista come Pascali, avendo presente la formazione crociana dello storico. Si trattava di rivedere certi parametri culturali, passare dall’idea dell’immagine a un riconoscimento empirico della materia sulla quale il giovane artista Pascali fondava la sua arte. L’affinità culturale con Cesare Brandi, quasi certamente ci fa pensare che anche Rubiu incontrò la stessa difficoltà, che tuttavia risultò in breve tempo del tutto superabile.

C’era in quei due formidabili protagonisti una plasticità e una disponibilità verso il nuovo che, appunto, dopo adeguata riflessione, li portava alla accettazione di ciò che comunque si presentava come segno inconfondibile di libertà, come compito essenziale dell’arte connaturato all’uomo. Tale modo di intendere l’arte era già propedeutico a una visione antineoliberista, nel senso che essa dovesse tenersi lontana dal dominio del commercio, dalla funzione elitaria e crematistica.

L’arte è per tutti, non per pochi!

In molte occasioni Rubiu si è espresso contro la cultura neoliberista e ha celebrato i valori di umanità contro ogni tentativo di farli naufragare.

Sargentini sottolineava il fatto che, accogliendo un artista come Pascali, non era più possibile restare in locali come quelli dell’attico, all’ultimo piano della palazzina accanto alla scalinata di Trinità dei Monti, per cui decide di esporre i prodotti artistici (ingombranti) in un garage, che diventa la sua galleria, dove trovano posto oggetti reali come la famosa acqua di Pascali, il quale partiva appunto dal principio artistico di rappresentare la cosa con la cosa stessa.

E Rubiu scriveva che l’acqua di Pascali è “ come un pensiero impresso nella materia, è un’acqua interpretata nella sostanza plastica e cromatica, geometricamente modellata… senza profondità ottica, immobile, moltiplicata e sottilmente variata nei toni”.

Nel frattempo Sargentini dal suo viaggio a New YorK portava l’idea della scena artistica americana  aperta al teatro, alla musica, alla danza, per cui veniva ad essere rivoluzionato il concetto di spazio, finalizzato alla esposizione artistica. Se prima bastava un attico (L’Attico era il nome dato alla sua galleria) per allestire una mostra di pittura o di scultura perché l’atteggiamento del visitatore dinanzi all’opera d’arte, essendo contemplativo, era sufficiente una stanza di normali dimensioni, ora invece era necessario un grande spazio attrezzato che avvolgeva l’opera dell’artista e diventava parte, atmosfera indispensabile per la comprensione e per il godimento di ciò che proponeva l’artista.

Rubiu già dagli anni ’90 non aveva visto di buon occhio il fenomeno del concettualismo. Lo lasciava indifferente quel tentativo tipico dello strutturalismo che filosofi come Lacan, Piaget, Derrida, Levi-Strauss, avevano contribuito a diffondere, di vedere in ogni opera una struttura, intesa come insieme organico dove gli elementi non possiedono una propria autonomia, ma la assumono nella relazione con tutti gli altri elementi presenti nell’insieme. La verità della pittura sta nel suo continuo farsi e disfarsi: “una verità che è esperimento e vissuto, che è sangue e vita”.

Mi piace, infine, ricordare il contributo del prof. Massimo Carboni cha ha sottolineato il significato della donazione della collezione di opere d’arte alla Galleria Nazionale da parte di Vittorio Brandi Rubiu. Il suo è stato un atto di grande rispetto nei confronti della comunità, un vero “dono” che nello stretto significato del termine è qualcosa che si dà senza aspettarsi nulla in cambio. Con quel gesto Vittorio Brandi Rubiu ha voluto rafforzare la funzione pubblica del patrimonio artistico, della conservazione e del restauro. Tale gesto va visto anche in concomitanza con il graduale ritiro della sua militanza alla più stretta attualità, senza tuttavia abbandonare l’impegno della diffusione dell’opera del suo Maestro Cesare Brandi.

Riportiamo qui di seguito alcune delle opere più significative esposte

Lorenzo Canova
Giuseppe Appella
Fabio Sargentini
Da sinistra Aldo Perrone – a destra il nostro responsabile della redazione di Roma Vincenzo Fiaschitello e al centro la sua Signora
Fabio Sargentini al centro

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