IL PENSIERO MEDITERRANEO

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“Raccolto di dolore. Collettivizzazione sovietica e carestia terroristica” saggio storico di Robert Conquest

Raccolto di dolore, Robert Conquest, copertina

Raccolto di dolore, Robert Conquest, copertina

di Paolo Rausa

L’autore di questo saggio terribile e dettagliato nel suo orrore, Robert Conquest (Malvern, Regno unito 1917-Stanford California 2015), si è occupato a lungo e approfonditamente del comunismo. Docente alla Columbia Universiy, ha pubblicato sull’argomento diversi studi fra cui “Il grande terrore” (Rizzoli) e “Stalin“ (Mondadori). Come si sa, il regime comunista ha prodotto con la politica del terrore un numero impressionante di arresti, morti per fucilazioni, inedia, lavori forzati, ecc. Il grande progetto della costruzione di un mondo nuovo, di superamento dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo e di liberazione del lavoro salariato, del potere al popolo, è stato costruito sui corpi dei dissidenti, non solo di singoli intellettuali ma di popoli e classi sociali, come i contadini, che bisognava piegare al nuovo credo con tutta la forzatura possibile e necessaria. 

Non si era mai visto nella storia dell’umanità che si usasse l’arma della fame per piegare le anime indigene di quegli “spettabili agricoltori”, come rispose Stalin allo scrittore Solochov, autore de “Il Placido Don”, che implorava la distribuzione del grano della riserva statale almeno ai bambini. Il segretario del PCUS accusava i contadini di aver attuato un “sabotaggio all’italiana” (?) e che fossero pronti, secondo lui, a lasciare senza grano gli operai e l’armata rossa. E inoltre di aver condotto un “pacifica” guerra contro il potere sovietico. Una guerra fino all’ultimo sospiro, compagno Solochov, rincarò la dose Stalin, come a dire che le colpe stavano tutte dalla parte di chi si era rifiutato di seminare e di raccogliere, ovvero da parte loro, la “feccia” della società, così li aveva definiti.

Da piegare con la forza, con la violenza fino “all’ultimo sospiro”, con la fame per costruire il sol dell’avvenire, la prospettiva del nuovo ideale di progresso sociale, civile, politico e rivoluzionario.  Una guerra di due belligeranti, di cui uno armato. Le vittime si ebbero quasi tutte nel campo opposto del partito comunista sovietico che guidato da Stalin sferrò un duplice attacco contro la classe contadina dell’intero paese. Come Lenin nel 1921, anche Stalin era stato trascinato dai contadini in una situazione senza sbocchi. Per di più le vittime inclusero donne, bambini e anziani. Scrivere questo libro per Conquest si era reso necessario per “imprimere nelle coscienze della società occidentali la conoscenza di eventi che hanno coinvolto milioni di persone e milioni di morti”. Con l’affermarsi del comunismo, il contadino si vide sottrarre la proprietà della terra e il commercio dei prodotti cerealicoli. Quasi tutta la terra del paese apparteneva a coloro che la lavoravano e l’intero prodotto rimaneva a loro disposizione. Il kulako era il nemico, usuraio di campagna secondo Lenin, e così il contadino era costretto a perdere la condizione di uomo libero e padrone della propria terra, aderendo forzatamente alla collettivizzazione forzata.

Chi si opponeva veniva arrestato ed esiliato nei campi di lavoro. Un processo sociale gigantesco che causò repressione infinita e morti innumerevoli. La morte di Lenin nel 1924 lasciò il partito con il problema di eliminare la figura del contadino indipendente. Le assemblee di villaggio votarono contro le nuove proposte, e così i loro portavoce venivano denunciati come kulaki e si verificavano arresti, perquisizioni, multe, confische delle proprietà e anche fucilazioni. Un processo che coinvolse tutto il paese e in modo particolare l’Ucraina e il Caucaso settentrionale, intrecciando alle questioni economiche gli aspetti politici collegati alle loro giuste e legittime aspirazioni alla autonomia istituzionale. La lotta contro Ucraina, Caucaso, Buban e Kazakistan fu cruenta tanto che spinse Stalin e gli apparati del regime a intensificare le forme di pressione aumentando a dismisura gli ammassi, ovvero le quantità di prodotti cerealicoli da consegnare allo Stato.

Nel 1932 la produzione agricola non era stata di molto inferiore alla media del quinquennio precedente ma il regime aveva prelevato tutto il raccolto, procedendo a perquisizioni dettagliate e invasive sino a portare via tutto il possibile e non lasciando ai contadini neppure una piccola quantità di cibo per alimentare i bambini. Si assistette ad una massiccia e generalizzata carestia. Si cercava di mettere in pancia qualcosa, erba, cuoio, qualsiasi cosa avesse la parvenza di cibo, ma la massa dei contadini era ormai fiaccata e così i bambini che morivano a migliaia in tutti i villaggi.  Si giunse persino ad episodi diffusi di cannibalismo: uno dei due genitori che mangiava il bambino morto. Sebbene sollecitato da più parti, Stalin non intervenne. Negò sempre l’esistenza della carestia del 1932-33, l’holodomor, addomesticò i resoconti dei giornali e introdusse i passaporti interni in modo da impedire i passaggi in Russia o comunque nelle zone dove la produzione agricola non aveva avuto problemi.

Neppure intervenne con la distribuzione di derrate, mantenendo invariata la quantità in esportazione. Una politica criminale, che punì i contadini e in particolare gli ucraini che avevano messo in dubbio e in discussione la politica agricola del governo. I morti furono milioni. Conquest parla di 14,5 milioni suddivisi fra la collettivizzazione e la carestia. Diverse cifre vengono proposte da altri studiosi di storia e demografia, ma i dati non sono sempre disponibili. A livello europeo e internazionale alcuni giornalisti, come il gallese Gareth Jones, avevano comunicato gli scenari terribili che si aprivano sotto i loro occhi: lo spettacolo di terrore. Ma la posizione di molti fu di colpevole copertura. Fino a che con l’avvento della perestojka  si ebbero a disposizione dati più precisi e la possibilità di consultare i documenti. La vicenda è stata rappresentata di recente nel film “L’ombra di Stalin” di Agnieszka Holland, del 2019. C’è da dire che la repressione sovietica non si fermò a questo genocidio e come ricordiamo negli anni successivi, nel 1956 e nel 1968, l’esercito sovietico si produsse in vere e proprie invasioni con file infinite di carri armati minacciosi per imporre e ribadire l’ordine comunista.

Fino ai nostri giorni, questo tentativo distruttivo ha ora assunto le sembianze di Putin che esalta la politica di Stalin, ribadendo a furor di cannonate la prepotenza della nazione russa che pensa di poter dettare legge in terra altrui. Il saggio si avvale della preziosa postfazione di Ettore Cinnella, datata febbraio 2004, che ribadisce il sacrosanto “dovere della rinata nazione ucraina di commemorare solennemente i morti innocenti del 1932-33, perché mai più debba sottostare al gioco comunista e straniero”. Titolo originale “The Harvest of Sorrow” 1986 Robert Conquest, 2004 Liberal edizioni, Roma, pp. 486,  € 20,00.


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