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Le fusioni ed incorporazioni bancarie,  minano la democrazia?

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La finanza nel condo

La finanza nel condo

di Pompeo Maritati

Il sistema bancario nel mondo continua ad essere sempre in crescita nonostante le crisi economiche, politiche e belliche  che interessano vaste aree del mondo. Sembrerebbe cinicamente, che crescano proprio nei periodi più critici. Ma quello che più preoccupa, sotto il profilo della qualità democratica a livello planetario, è la sua costante vocazione alle fusioni e incorporazioni. Il numero degli istituti presenti diminuisce, ma nel contempo accresce il valore complessivo. La concentrazione finanziaria, come quella industriale, è da me ritenuta una piaga per la formazione di una vera democrazia sociale condivisa. L’eccessiva concentrazione del potere finanziario da una parte ed economico dall’altra, rappresentano una forma di monopolio politico, condizionando e scegliendo la politica e chi ne deve fare parte. Il libero mercato è la forma di democrazia economica partecipata. Ma se c’è chi riesce nel tempo a disfarsi della concorrenza, il mercato non mi pare che possa poi definirsi libero.   

La classifica delle banche può essere effettuata utilizzando parametri diversi come ad esempio il numero dei clienti, il numero dei dipendenti, l’ammontare dei depositi, l’ammontare dei prestiti, la capitalizzazione di borsa, il totale degli attivi e molti altri ancora.

Nella classifica delle 70 banche più grandi al mondo per capitalizzazione di mercato (che è data dalla moltiplicazione del prezzo di mercato di un titolo azionario con il numero totale delle azioni emesse) figurano 13 banche americane, 12 cinesi, 5 britanniche, 5 canadesi, 4 australiane, 4  giapponesi, 3 francesi, 3 del Singapore, 2 brasiliane, 2 di Hong Kong, 2 indiane, 2 indonesiane, 2  italiane, 2 spagnole, 2 svizzere, 1 belga, 1 danese, 1 tedesca, 1 olandese, 1 del Qatar, 1 russa e 1  della Svezia.

La banca più grande al mondo per capitalizzazione di mercato nel 2018, risultava la JP Morgan Chase. Avvalorava con una capitalizzazione di mercato pari a 391 miliardi di USD. Rispetto all’anno precedente evidenzia un aumento di circa 91 miliardi di dollari. Nel contempo nella classifica per Totali Attivi (disponibilità finanziarie proprie e crediti verso la clientela in generale) si posiziona al sesto posto con circa 2500 miliardi di dollari. Prima della classifica la Industrial & Commerce Bank of China con 3475 miliardi di attivo (cifre da capogiro in mano ad un unico soggetto privato).

L’aspetto più rilevante è che se si da uno sguardo ai dividendi erogati, si scopre che, nonostante le difficoltà economiche che hanno caratterizzati vaste aree del pianeta in questo ultimo decennio, la distribuzione dei dividendi è stata alquanto generosa. Il sistema continua a crescere e a distribuire utili. I governi, per buona parte si trovano a fronteggiare difficoltose quadrature di bilancio, tagliando spesso i servizi sociali e aumentando il carico fiscale. Nel contempo il sistema bancario produce utili come un treno.

Un breve commento a parte ritengo sia utile farlo sul comportamento della Banca Centrale Europea in materia di tassi, che in quest’ultimi due anni ha fatto lievitare il costo del denaro interbancario (ovvero tra banche) a oltre il 3,50%, con la scusante di un’inflazione a due cifre. Che l’inflazione (virtuale) abbia superato il 10% è vero, anzi quella reale dovrebbe essere oramai vicino al 20%, ma le cause non sono dovute ad una maggiore circolazione di moneta, ma da una repentina lievitazione delle materie prime, in particolare i prodotti energetici, per effetto del conflitto in Ucraina, dove le contromisure economiche applicate dall’Europa si sono tutte, indistintamente, rivelate errate e dannose. Solo che è bene chiarire: dannose per chi? Dannose senza ombra di dubbio per i ceti medio bassi che, soprattutto per coloro che hanno contratto debiti con le banche, si vedono lievitare gli interessi da riconoscere al sistema bancario, riducendo sempre di più le loro condizioni economiche,  che invece, vanno ad incrementare le risorse degli istituti di credito, partecipando così, a mettere ulteriore benzina all’inflazione. Gli stipendiati e i pensionati sono quelli che soffrono di più in queste situazioni, mentre professionisti e aziende industriali e commerciali riversano l’aumento dei costi bancari sui loro prodotti e servizi, che come anzidetto, vanno ad incrementare l’inflazione. Una inflazione che non è dovuta ad una crescita economica, ma solo ad un incremento dei costi. Se lo scorso anno per sopravvivere avevi bisogno di non meno di 100, quest’anno te ne serviranno 120. Ed ecco che a far festa, sulla pelle della povera gente è la politica, che si arroga il vanto che il PIL (Prodotto Interno Lordo) sia cresciuto. Una bugia ipocrita, perché se si applicano i veri correttivi anti inflattivi, ci si accorgerà che a parità di valori, il PIL non solo non è cresciuto, ma probabilmente sarà diminuito.

Purtroppo il problema dell’economia e della finanza in un mondo interconnesso alla velocità della luce è diventato alquanto complesso, ma non per la difficoltà di essere gestito, ma dall’incapacità politica, oramai succube e sottomessa al potere decisionale delle grandi multinazionali, che il libero mercato ha permesso di diventare sempre più grandi, al punto di poter asserire che oggi del libero mercato non è rimasto molto.

Aziende che fanno capo a poche persone fisiche oggi dispongono di liquidità che fanno impallidire le nostre manovre di bilancio dello stato, che con un semplice spostamento di una piccola parte di esse da un territorio ad un altro,  generano turbolenze sociali, non raramente degenerate in veri e propri conflitti armati. Sembrerà strano quanto cinico, ma non dimentichiamo che uno dei più grandi volani dell’economia è proprio la guerra. Da una parte si distrugge per poi mettere in moto tutto un sistema di ricostruzione, attraverso aiuti pilotati dalle grandi multinazionali che già pensano ad un nuovo conflitto.

Se la politica non riuscirà a trovare nel breve termine la forza di contenere lo strapotere delle lobbie della finanza, le problematiche sociali e i conflitti tra continenti saranno sempre più frequenti. La tutela dei propri interessi, riferibili a soggetti privati, oggi è tale e al di sopra delle disumane condizioni di vita di centinaia di milioni di persone. Bisognerà intervenire con l’immediata limitazione alle fusioni e incorporazioni societarie, dove il più forte mangia il più piccolo, sino a quando costui non resterà solo al comando. Riflettete solo per un attimo sulla quantità di denari che oggi la J.P. Morgan riesce a manipolare. Una quantità così ingente da superare non poche voci del bilancio statale della nostra Italia. Quindi capirete che una distrazione di una parte di questi capitali potrebbe innestare turbolenze economiche e sociali di grande rilevanza.

Ma la politica oggi ha i necessari anticorpi per combattere questa pericolosa epidemia finanziaria?

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