IL PENSIERO MEDITERRANEO

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Attualità della questione meridionale

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di Maurizio Nocera

Per vedere quanto oggi sia discrepante la differenza tra Nord e Sud d’Italia è sufficiente dare uno sguardo agli orari ferroviari. Ad esempio, chi dei quattro milioni e mezzo dei pugliesi volesse recarsi a Roma con la tratta ferroviaria che collega Foggia alla capitale lo può fare solo ad una condizione, la lentezza, perché sull’Irpinia la rete ferroviaria ha un solo binario, per di più ostacolato da una continua serie di frane.

E chi, in Calabria, volesse farsi i bagni in una delle tante sue splendide spiagge non lo può fare, perché o sono state tutte cementificate, come d’altronde è avvenuto sull’intera costa del Mezzogiorno, oppure sono state inquinate da differenti veleni.

E chi, in Sicilia, volesse vivere nella propria casa senza il timore di vedersi franare sotto i piedi il pavimento, non lo può fare, perché buona parte del territorio dell’isola smotta e rovina verso il mare.

E chi, in Sardegna, volesse vivere sfruttando le risorse naturali di quella meravigliosa isola, non lo può fare, perché una parte della politica italiana ha imposto così.

E chi, in Campania, volesse vivere lavorando onestamente respirando l’aria pulita di quella splendida regione, non lo può fare perché, a tempo di cronometro, la camorra, pilotata da una sorta di grande fratello, entra ed esce dalla scena, ora facendo scomparire (quando conviene ovviamente) la spazzatura, ora facendola ricomparire.

E chi, in Abruzzo, pensa di vedere risolto quanto prima i problemi del dopo terremoto, non lo può fare, perché c’è chi non fornisce quanto promesso e quanto dovuto.

E chi, in Molise, volesse vedere meno povertà di quanta ce n’è a vista d’occhio, non lo può fare, perché i finanziamenti per quella regione sono solo indirizzati ad alcuni capi bastone asserviti al potere mafioso.

E chi, in Basilicata, volesse vivere delle ricchezze (petrolio e acqua) di quella splendida terra, non lo può fare, perché c’è un Nord che, con la scusa di essere l’area più industrializzata del paese, rapina tutto quello che c’è da rapinare e se lo porta al Nord.

Il Nord Italia finora è stato il ladro rapinatore di qualsiasi risorsa naturale e umana del Sud. Possono gridare quanto vogliono i “bravi” (un po’ peggio di quelli di manzoniana memoria) incravattati di verde della Lega bossista-bossiana-bossifoga. costoro non sono altro che i figli di quei grandi ladroni che fecero man bassa delle risorse del Sud. Già, all’indomani dell’Unità d’Italia (1861), per la cui realizzazione grande fu lo sforzo del Meridione (si pensi ad esempio ai nostri patrioti gallipolini Antonietta de Pace, Bonaventura Mazzarella, Emanuele Barba, ecc.), tutte le classi sociali del Nord, ruotanti attorno a Casa sabauda, fecero a gara a chi si annetteva il pezzo di carne migliore del Sud. Le regioni meridionali furono squartate come un capretto e suddivise tra le grandi ricche famiglie del Nord; tutto con il beneplacito dei feudatari di qui, che pure essi non poche responsabilità ebbero nella spoliazione di questa parte del paese.

Non c’è bisogno di fare esempi, perché la realtà è sotto gli occhi di tutti. Il famoso triangolo industriale, di non felice memoria, fu il prodotto della spoliazione delle risorse del Sud. E se oggi, per andare da Venezia a Torino, ci sono treni ogni mezz’ora e linee già tutte elettrificate ed alcune anche ad alta velocità, questo non è un dato piovuto come manna dal cielo; no, affatto, esso è il risultato, ancora una volta, della spoliazione delle risorse naturali ed umane del Meridione. Togliere al Sud per costruire e fare di più (praticamente tutto) al Nord. E per fare le cose al Nord non si poteva realizzarle con la sola insufficiente forza lavoro locale, ne occorreva dell’altra. Ed ecco così emergere il fenomeno migratorio interno al paese: tutto e sempre in un’unica direzione: dal Sud verso il Nord. E questo perché? Stava forse scritto in qualche pagina del Vangelo che, dopo l’Unità d’Italia, il Nord doveva essere l’area da sviluppare e il Sud quella da tenere depressa?

Al Nord, in quella che oggi alcuni “bravi” incravattati di verde chiamano Padania, ci sono in lungo e in largo centinaia (da sottolineare centinaia) di linee ferroviarie che si incrociano, si replicano, si doppiano e si sdoppiano fino al punto che non si riesce più a contare. Intanto al Sud, non si può percorrere in treno la Foggia-Roma, e in Sicilia non esiste una rete ferroviaria che dir si voglia, e così in Sardegna, in Calabria, in Basilicata, in Molise, in Abruzzo, in Puglia, in Campania, dove per raggiungere Napoli col treno bisogna fare le giravolte di un inferno dantesco.

I “bravi” incravattati di verde nordista dicono di avere, in Lombardia e in Veneto, la migliore sanità del paese; dicono che i bilanci di questo settore, in quelle due realtà regionali, sono in pareggio se non in attivo, davanti invece alle difficoltà delle altre regioni, soprattutto quelle meridionali.

Ma, costoro non si chiedono come mai questo sia accaduto e tuttora accada?

Lor signori (sic!) fingono di non vedere che per 150 anni di storia italiana, i bilanci dello Stato sono stati tutti sbilanciati a favore del Nord?

Lor signori (sic!) fingono di non vedere che i bilanci dello Stato, fatta 100 la cifra di ripartizione delle risorse finanziarie dello Stato centrale, l’80% è andato al Nord e solo il 20% al Sud, e spesso questo 20% è stato destinato a questa area del paese non come risorsa da investire in sviluppo, al contrario, destinata invece semplicemente come quota assistenziale, con l’aggravante di filtrarla attraverso mani cosiddette dorate di feudatari, ex-feudatari, e capi bastone della “crassa” classe dominante del Nord.

E questa sarebbe l’Italia civile e sviluppata? No, questa semplicemente è una realtà che vede un Nord predatore e vorace di un Sud al quale è stata tolta anche l’aria da respirare, perché già l’acqua, anch’essa è in via di privatizzazione. Si vedano le torbide manovre degli ultimi vent’anni, nonostante vi sia stato un referendum con un pronunciamento quasi plebiscitario per l’acqua pubblica.

Questi e altri sono i problemi che fanno sì dell’ancora irrisolta Questione Meridionale. Per questo l’impegno per un’equità sociale e regionale non è ancora finita, come non è stata ancora soddisfatta la domanda popolare di un’Italia più giusta, più solidale, più democratica, più vicina alla gente più bisognosa.

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