IL PENSIERO MEDITERRANEO

Incontri di Culture sulle sponde del mediterraneo – Rivista Culturale online

La festa della Repubblica e il PNRR: progetti coordinati e integrati per lo sviluppo dei territori e del Mezzogiorno.

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di Enrico Conte

Il PNRR è  al suo secondo anno di vigenza, un Piano che – come ormai noto –  finanzia investimenti e riforme con risorse raccolte con debiti europei, operazione concordata per uscire dalle conseguenze economiche derivanti dalla pandemia.

Duecentotrenta miliardi ( comprese le risorse complementari di Bilanzio nazionale) che dovranno essere impegnati entro il 2023 e spesi, con opere messe in esercizio, entro il 2026, al netto di quanto accadrà per conciliare il Piano, approvato nell’agosto del 2021,  con le nuove emergenze, energetiche in particolare, derivanti dalla guerra in Ucraina, direttamente quanto ad approviggionamento del gas dalla Russia,  indirettamente con riguardo ai  costi delle materie prime e dei cereali.

Il PNRR è un programma di  interventi e riforme, misure invero già raccomandate senza successo dalla Commissione europea negli anni passati, e volte a superare le debolezze del Paese, ritenute alla base dei risultati insoddisfacenti del sistema economico e sociale negli ultimi 25 anni.

Misure dirette, soprattutto, a diminuire i divari territoriali, condizione questa ritenuta come imprescindile per una ripresa strutturale, duratura, economica e sociale, che allinei il Mezzogiono al resto del Paese.

Partito quindi nel 2021, con la realizzazione dei primi 100 obiettivi capacitanti le stazioni appaltanti-soggetti attuatori, i prossimi  45 obiettivi saranno da centrare entro il mese di giugno, in  parte sono già realizzati quanto a regolamentazione ministeriale: sui contratti di sviluppo, su investimenti relativi alle rinnovabili e alle batterie, su gestione dei servizi idrici, sui progetti di rigenerazione urbana o sul Piano operativo per gli ambiti sociali territoriali,per la presa in carico dei soggetti vulnerabili.

Sul versante delle riforme in cantiere, si segnala quella legata alla pubblica amministrazione e volta ad accrescere la professionalità del personale, la legge delega sul Codice dei Contratti pubblici, il Catasto, e la legge sulla concorrenza, che include la spinosa vicenda dei balneari e delle esigue entrate erariali da canoni concessori, tema tanto rilevante quanto trascurato dai dibattiti pubblici, soprattutto se messo in relazione con la reddittività degli stabilimenti che insistono su beni demaniali.

Si aggiungano gli obietivi di risparmio per la spending review per gli anni 2023:2025, destinati a giocare un ruolo strategico nel quadro del governo della spesa pubblica, che rivestirà un posto centrale se solo si pensi che si tratta di razionalizzare parte della spesa corrente, quella spesa della quale ci sarà bisogno quando, ultimate le opere, sarà necessario trovare le risorse per i servizi attivati,  per il personale dei Nidi, per quello delle mense scolastiche, per il tempo pieno e i servizi di dopo scuola, per il personale sanitario nelle Case e Ospedali di Comunità, per i Centri Operativi Territoriali( Distretti) che dovranno assicurare le cure sanitarie a domicilio.

Occorre, adesso, “affrontare i problemi per risolverli – così la Ministra Mara Carfagna  durante il convegno organizzato a Sorrento nei giorni scorsi su PNRR e il Sud – anzichè usarli (i problemi ndr) per fare propaganda o polemica, con una nuova visione meridionalistica concreta, fattiva, operosa,ben distante dal meridionalismo disfattista e rivendicativo che, per troppi anni, ha tenuto il Mezzogiorno prigioniero e ha alimentato sfiducia e rassegnazione”.

C’è da chiedersi, a questo punto, proprio per raccogliere le incisive, costruttive e insolite sollecitazioni della Ministra, e volte a rendere “concreto  e operoso” l’utilizzo di quei fondi, destinati a ridurre i divari territoriali, e magari per attuare il  principio costituzionale “dell’unità e indivisibilità della Repubblica (art 5 Cost.)“, se il Piano dedichi risorse adeguate alle funzioni di governo, di coordinamento e di integrazione dei progetti prodotti (messi a terra) dalle Regioni e dai Comuni.

Il Piano è uno strumento straordinario, tuttavia affidare a Bandi e Avvisi, che costituiscono un mezzo “ordinario”, il compito di ottenere le risorse per realizzare progetti di rilevanza storica, può forse rivelarsi inadeguato, come d’altronde sembra insufficiente puntare,esclusivamente, sui controlli contabili della spesa, piuttosto che accompagnare i processi decentrati in atto con un sistema di governance che, riprendendo lo schema della “Cabina di regia” presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, si occupi dell’integrazione orizzontale delle iniziative progettuali sui territori e della verifica di qualità dei risultati, sia pur  parziali e senza dover attendere la chiusura del Piano al 2026.

La realizzazione di un Centro di coordinamento di livello regionale, composto anche dalle migliori figure professionali del sistema universitario e degli enti  locali( come propone da tempo Svimez), potrebbe forse servire per individuare le soluzioni ottimali quando, a puro tipo di esempio, si dovessero creare o rinforzare i servizi educativi con i Nidi d’infanzia, le mense scolastiche, i doposcuola, le palestre, il trasporto degli alunni, gli alloggi  per gli studenti univesitari, in particolare per quei bacini collocati al confine tra Comuni.

Accompagnando,sotto questo profilo, i processi in atto per seguirli con uno sforzo che non sia solo burocratico e del singolo soggetto/Ente attuatore, ma di una rete propulsiva che possa avere un ruolo fondamentale nella realizzazione dei “livelli essenziali delle prestazioni dei servizi che devono essere garantiti sul territorio nazionale (art 117,lett.m Cost.), una volta che sia superato (come sembra faccia, con un ritardo pluridecennale, la legge di Bilancio 2022), l’anacronistico meccanismo della “spesa storica”(es.Nidi), per essere sostituito da quello dei fabbisogni effettivi dei distinti contesti territoriali.

La realizzazione degli obiettivi volti a diminuire i divari territoriali, generazionali e di genere, è un tema che richiederebbe una regia pubblica in grado di passare dalla mera gestione di dati e informazioni proventienti dalle singole stazioni appaltanti che aderiscono (o non aderiscono) ai Bandi del PNRR, ad un coordinamento di politiche intrecciate e trasversali ai diversi settori e alle Missioni del Piano. “Il prezzo dell’anarchia“, è opportuno ricordarlo finchè si è in tempo, è quel meccanismo secondo il quale diversi attori che inseguono il proprio interesse riducono l’efficienza complessiva dei sistemi.

E’ pensabile che le tendenze localistiche possano assurgere ad un ruolo recessivo senza un intervento suppletivo e moderatore dello Stato?

In un recente convegno tenutosi a Pordenone, e dedicato al tema della sostenibilità ambientale, il sociologo Derrich de Kerckhove ha sostenuto che, se l’obiettivo è quello di una società più sostenibile, la necessità di nuovi modelli di comportamento nelle città, nel lavoro, nella vita domestica, nella sanità, nelle università, non ultimo nella burocrazia,  dovrebbe costituire il risultato di un “duro esercizio di coerenza che inizi dal decolonizzare il nostro immaginario,sia da modelli obsoleti che dall’uso di paradigmi inefficaci”.

Occorre piuttosto “disinnescare – sostiene il sociologo – ogni narrazione ideologica che vede la sostenibilità ambientale – ma può sostenersi lo stesso concetto con riguardo agli obiettivi di sviluppo del PNRR – come atto di pura volontà, un fatto, tutto sommato, relativamente facile e puramente tecnico a cui l’uomo dovrebbe adattarsi in modo meccanico e deterministico, rimuovendo in un attimo tutta la rete di complessità”.

Servirebbe, continua Derrick de Kerckhove, una “cultura del progetto e del servizio, che orienti la propria azione in modo critico, ma al tempo stesso empatico e partecipativo, in cui la creatività abbia un ruolo molto importante, congiuntamente con la consapevolezza di una mappa critica, che serva per muoversi nella complessità contemporanea”.

Sarà certo determinante  che, come previsto dal Piano, e ripetutamente ribadito dal Governo, il 40% delle risorse venga assegnato al Mezzogiorno per recuperare i divari, di genere, generazionali e territoriali, ma perchè ciò accada non sembra siano sufficienti procedure contabili, pur rigorose e controlli centralizzati, servono molto più probabilmente “pontieri“, soggetti in grado di curare i nessi, o di crearli dove mancano, soprattutto dove ci sono maggiori fragilità e squilibri ( si pensi ai territori sotto l’influenza della criminalità organizzata).

Servirebbe, forse, un ruolo proattivo nell’uso della “sussidiarietà verticale” ( art 118 Cost), che non si esaurisca in sostituzioni di natura procedurale in caso di inadempienza da parte di uno dei soggetti attuatori del PNRR (dispositivo previsto dalle regole che il Governo si è dato per non mettere a rischio il finanziamento), ma che si traduca in iniziative di connessione e integrazione, per realizzare, a conti fatti, una complessiva  visione di sviluppo.

Nel 76° anniversario della Repubblica, c’è da chiedersi se vi sia l’adeguata e diffusa  consapevolezza  che, per attuare l’importante principio fondamentale dell’unità del Paese (art 5 Cost.), è richiesto un approccio sostanziale nella soluzione dei problemi ( quelli richiamati a Sorrento, e con spirito costruttivo,  dalla Ministra per il Sud e la Coesione), e non puramente formale, come insegna una certa, ricorrente, storia politico-amministrativa.

Martin Heiddegger in una famosa intervista del 1976, ripresa di recente da Natalino Irti usava, per mettere in guardia da un uso smodato della tecnica, una chiave di lettura che si presta per rileggere, in forme critiche, un certo alone di sviluppo atteso che circonda il PNRR: “tutto funziona (………….) e il funzionare spinge sempre oltre, verso un ulteriore funzionare (……), ma la tecnica strappa, sradica (….) sempre più dalla terra”.

Enrico Conte

Già Direttore Dipartimento Lavori pubblici e project financing

Comune di Trieste,

Collabora al Corso “Next Generation PA – PNRR” Università degli studi di Trieste,Dipartimento Scienze giuridiche.


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