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Frank Kafka la metamorfosi. Dalla fiaba al dramma. A cura di Sandra Guddo

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Franz-Kafka

Franz-Kafka

Franz Kafka

La mitologia greca e romana è ricca di miti e di leggende che narrano di incredibili mutazioni di esseri umani in qualcos’altro di totalmente diverso e spesso orrido.

Come non ricordare, ad esempio, “Le Metamorfosi”, il poema epico-mitologico del grande scrittore latino Publio Ovidio Nasone (43 a.C.) che ci racconta la metamorfosi di Aracne trasformata per la sua superbia, dalla dea Atena in un gigantesco ragno?

Anche nelle fiabe di epoca molto più recente non è inconsueto trovare personaggi che vengono tramutati in orribili mostri come nella fiaba “La Bella e la bestia” che affonda le sue radici in una storia dello scrittore latino, mago e alchimista Apuleio o come ne “Il Principe ranocchio” dei fratelli Grimm, autori di un celebre trattato sulla mitologia tedesca.

Tali spaventose metamorfosi, tuttavia, non turbano il lettore perché i personaggi si muovono nella dimensione irreale della fiaba dove l’elemento magico è accettato come tale e quindi non può stupire o inorridire più di tanto!

Ne “LA METAMORFOSI” dello scrittore boemo FRANZ KAFKA” (1883-1924) il protagonista Gregor Samsa, si risveglia, una mattina come tante altre, tramutato in un enorme insetto senza alcuna spiegazione plausibile. L’autore, quindi, introduce l’elemento magico in un contesto reale e racconta la trasformazione di Gregor come un fatto del tutto naturale che potrebbe capitare a chiunque. Attenzione, però, a chiunque viva la vita come una colpa.

E ciò perché nascere e vivere è una colpa: l’uomo è un essere estremamente colpevole, venuto al mondo senza averlo chiesto e senza essere assolutamente consapevole di quale sia la sua origine e la sua destinazione finale se non la stessa morte oscura, senza redenzione né il conforto rassicurante della fede in una divinità paterna e amorevole.

 In Kafka, come in altri celebri autori del primo Novecento, la presenza di un Dio Padre che accoglie nel suo regno i defunti, morti nel suo nome, è negata! E se Dio esistesse, Egli sarebbe disperato per avere creato un essere talmente imperfetto qual è l’uomo, come scriverà più avanti nei suoi celebri aforismi Gesualdo Bufalino, scrittore siciliano che per molti aspetti è assai vicino al pensiero di Kafka.

Da ciò verrebbe consequenziale ascrivere l’opera di Kafka nella corrente letteraria nota come realismo magico. Ciò in quanto le situazioni narrate, con incredibile realismo e dovizia di particolari, si fondano sul paradosso ma con una tale perizia e astuzia letteraria da parte dell’autore che, alla fine, il lettore si abitua a tali stranezze e finisce per crederle possibili.

A questo punto, occorre precisare che Kafka, ebreo nato a Praga di lingua tedesca, risente degli influssi culturali connaturati alle proprie origini: quel senso di colpa per avere condannato Gesù accompagnate dal costante timore delle persecuzioni cristiane contro le comunità ebraiche. Inoltre, Praga, città crocevia di diverse correnti culturali, provenienti anche dall’Oriente, accetta l’elemento magico divenendo polo di raccolta di maghi e alchimisti come è avvenuto nel XII secolo al tempo di Rodolfo II d’Asburgo.

“La Metamorfosi” resta, tuttavia, un racconto unico nel suo genere in quanto pone l’accento su aspetti socio-antropologici mai evidenziati prima e diviene per questo l’emblema della rappresentazione simbolica della società contemporanea nei suoi aspetti più inquietanti.

 In primis, porrei l’attenzione sul tema del rifiuto assoluto nei confronti del diverso che raramente viene accettato dalla comunità. È questo il caso di Gregor Samsa, il protagonista che, trasformato in un essere totalmente diverso nell’aspetto esteriore ma non nell’animo e nella capacità logica del ragionamento, viene bistrattato da tutta la sua famiglia anche dalla sorella Grete che, se in un primo momento lo aveva sostenuto e nutrito con gli avanzi del cibo rimasto a tavola, poi lo abbandona al suo destino e, anzi, sarà proprio lei che, stanca di quella situazione paradossale, chiede al padre di trovare una soluzione definitiva per liberarsi di Gregor-insetto:

 “Via, deve andarsene via” urlò la sorella “è l’unico sistema papà. Devi solo cercare di liberarti dal pensiero che lui sia Gregor, papà. La nostra disgrazia è di averlo creduto per troppo tempo. Ma come potrebbe essere Gregor? Se fosse stato Gregor si sarebbe già reso conto che la convivenza di essere umani con una bestia simile non è possibile e se ne sarebbe andato spontaneamente”.

Ed è a questo punto della narrazione che il povero Gregor decide di lasciarsi morire di inedia. Comprende che non c’è altra soluzione, se non il sacrificio estremo, per liberare la famiglia dal suo peso. Infatti, adesso che spaventa tutti gli ospiti della casa Samsa, compresi i tre pensionati che fuggono terrorizzati alla vista del mostro-insetto, e non può più contribuire al mantenimento della famiglia, Gregor, dotato ancora di raziocinio, sa che non c’è più posto per lui nella sua stessa casa né altrove.

Nel racconto si vive in modo drammatico il problema dell’emarginazione di questo giovane agente di commercio che vive nell’incomprensione generale senza amici che lo sostengano ma anzi continuamente deriso sia dal suo datore di lavoro che dallo stesso padre il quale, in uno scatto d’ira incontrollata, colpirà il povero Gregor con una mela che rimarrà attaccata proprio al centro della schiena procurandogli dolori atroci.

Da ciò scaturisce la contestazione silenziosa di Gregor nei confronti dell’autorità che viene simbolicamente rappresentata sia nella figura paterna che in quella del suo superiore che dalla “cattedra” della sua autorità detta leggi. Gregor odia il suo lavoro ma non osa ribellarsi apertamente vivendo tutto come la condanna per una colpa che non ha mai commesso se non quella di vivere. Per cui sembra quasi accettare passivamente la sua mutazione in un orribile scarafaggio.

É lecito, pertanto, porsi alcune domande: chi non ha timore, se non paura, del cambiamento?

Quanti di noi sarebbero disposti ad accettare qualsiasi situazione che muta radicalmente e repentinamente il proprio aspetto sgretolando realtà oggettive consolidate nel tempo ed universalmente accettate?

Se poi un individuo si trovasse di fronte ad una metamorfosi, ad una incredibile mutazione genetica che cambia il suo aspetto esteriore in un altro essere totalmente diverso dal Sé di prima, cosa accadrebbe?

Quale potrebbe essere la sua reazione?

Non osiamo nemmeno immaginarlo!

Eppure, Gregor Samsa, in cui non è difficile individuare lo stesso Franz Kafka, non sembra particolarmente preoccupato della sua trasformazione da condizione di umano in un gigantesco insetto: un orripilante scarafaggio. Anche Kafka come Samsa (da notare che i due cognomi sono formati da due sole sillabe) nutrì un forte e malcelato risentimento verso il padre che lo aveva avviato contro le sue inclinazioni agli studi commerciali-giuridici, così come Samsa è costretto a mantenere il lavoro di agente viaggiatore che odia profondamente per mantenere la famiglia che si trova a vivere in condizione di grandi ristrettezze economiche.

Scrive Kafka:” Se non mi trattenessi per i miei genitori, mi sarei licenziato da un pezzo: me ne sarei andato dal principale e gli avrei detto il mio parere dal profondo del cuore. Sarebbe sceso allora dalla sua cattedra! Anche quella è una bella invenzione, mettersi in cattedra a parlare dall’alto in basso con l’impiegato, il quale poi gli si deve avvicinare sempre più a causa della sua sordità. Bè, ogni speranza non è perduta una volta che io abbia raccapezzato del denaro per pagargli il debito dei genitori- ancora cinque o sei anni- questo lo farò senz’altro. Allora avvenne il distacco. Intanto bisogna che io mi alzi in ogni modo perché il treno parte alle cinque”.

A tal proposito, è opportuno citare il commento critico di Theodor Adorno (1903-1969) il quale mette in evidenza come per Kafka la società totalitaria coincida con “la famiglia e l’ufficio come mondo dell’obbedienza, del meccanicismo e dell’astrattezza”.

Ricordiamo che Kafka venne indirizzato, contro le sue inclinazioni, dal padre commerciante agli studi in Legge in cui Franz si laureerà nel 1906 e l’anno seguente troverà impiego presso una compagnia di assicurazioni.

Nell’opera kafkiana, dunque, sembrano agitarsi le due anime dello scrittore: quella utilitaristica del padre e la componente religiosa della madre. Non ci stupisce, dunque, se Georg Samsa si preoccupa maggiormente del fatto che arriverà in ritardo al suo lavoro di commesso viaggiatore piuttosto che della sua metamorfosi: deve prendere il treno delle sette ma la sua nuova condizione di insetto non gli permette di muoversi agilmente né di alzarsi dal letto dove giace supino in posizione scomodissima per uno scarafaggio.

Come possiamo leggere dall’incipit:

“Gregor Samsa svegliandosi una mattina da sogni agitati, si trovò trasformato, nel suo letto, in un enorme insetto immondo. Riposava sulla schiena, dura come una corazza, e soltanto un poco il capo vedeva il suo ventre arcuato, bruno e diviso in tanti segmenti ricurvi (…). Le gambe, numerose e sottili da far pietà, rispetto alla sua corporatura normale, tremolavano senza tregua in un confuso luccichio dinanzi ai suoi occhi”.

 Il racconto diviene così emblematico dello stile di Kafka che più di altri scrittori sa rendere il senso di angoscia dell’uomo contemporaneo grazie al personaggio di Gregor che, se da un lato assume l’aspetto esteriore di un mostro, come ho già detto, d’altra parte mantiene lucida la coscienza che egli ha di sé, degli altri e dell’ambiente circostante. E come appropriatamente afferma, il critico italiano Pier Paolo Pentucci: “Certamente Kafka non risveglia la facoltà di desiderare”.

   Un altro aspetto della narrativa di Kafka presente in questo racconto è il dramma dell’incomunicabilità che paralizza i rapporti umani e rende impossibile la comprensione reciproca che dovrebbe essere il tramite principale che lega gli uomini tra loro. Gregor-insetto, infatti, non riesce più a comunicare con la sua famiglia neppure con l’amata sorella Grete, l’unica di cui, infatti, cita il nome. A lei avrebbe voluto rivelare che per Natale aveva in serbo un dono meraviglioso: l’iscrizione al conservatorio dove Grete avrebbe potuto coltivare gli studi di violino a cui la ragazza è particolarmente propensa. Ciò avrebbe comportato un ulteriore peso economico che la famiglia non poteva certo permettersi, ma Gregor era intenzionato a lavorare di più, notte e giorno, pur di sostenere tale spesa e regalare alla sorella una vita migliore.

Il dramma dell’incomunicabilità, come è evidente, viene portato dallo scrittore boemo alle estreme conseguenze come dimostra il tentativo di Gregor di dialogare con il procuratore che si rivela un totale fallimento. Trasformato in un orribile scarafaggio, Gregor ha perduto anche la capacità di utilizzare il linguaggio umano e mentre nella testa costruisce dialoghi sensati, questi si traducono in suoni oscuri e inarticolati simili a leggeri biascichii. Il procuratore, simbolo di un’autorità imposta dall’alto, è venuto per accertarsi perché e come mai Gregor non si sia ancora presentato al lavoro non mancando di umiliare il poveretto che. in primo momento, rimane rinchiuso nella sua stanza per nascondere la sua attuale condizione di enorme insetto. Si decide, infine, a venir fuori dalla sua stanza, divenuta ormai una prigione, per spiegare al procuratore il motivo del suo ritardo e che mai si permetterebbe di assentarsi arbitrariamente ma l’unica reazione che ottiene dal procuratore è la fuga dinanzi all’orribile insetto!

Anche i genitori, specialmente il padre, lo rifiutano a priori senza preoccuparsi minimamente della repentina trasformazione del figlio in insetto e si mostrano incapaci di provare un qualsiasi sentimento di solidarietà o di pietà nei confronti del figlio, anche se la madre, in verità, mostra una certa preoccupazione per lui.

 Infine, il povero Gregor-insetto sarà gettato nella spazzatura dalla donna delle pulizie e la famiglia, soddisfatta per essersi liberata dal “mostro”, riprenderà la consueta routine, con un senso di leggerezza ritrovata.

La cameriera ad ore che ha sistemato definitivamente la questione Gregor-insetto-cadavere verrà licenziata la sera stessa quasi a voler cancellare per sempre il ricordo di quel che è accaduto in quella casa, divenuta ormai troppo grande per loro. Nuovi progetti adesso affollano i pensieri della famigliola Samsa: la madre cuce un negozio di mode, il padre diventa usciere di una banca e la sorella lavora come cameriera in un bar, divenendo così in gradi di sostenersi anche in mancanza di Gregor-commesso viaggiatore che fino ad allora era stato sfruttato dal padre-padrone, del tutto insensibile alle autentiche aspirazioni del figlio, come accade nella vita reale allo stesso Kafka.

Il tema centrale della colpa lo ritroviamo come fondamento nel celebre romanzo “IL PROCESSO “scritto tra il 1914 e il 1917 e pubblicato postumo nel 1925 a cura dell’amico Max Brod.

 “IL PROCESSO “di cui ebbe a commentare Giulio Rao, “(…) è il capolavoro dello scrittore boemo che più di ogni altro ha dato voce ai dubbi, alle angosce, alle inquietudini dell’uomo moderno”.

Nessun scrittore prima di Kafka ha saputo raccontare, come analizza il critico Rodolfo Paoli, “Il senso di frustrazione e di malessere spirituale dell’individuo prende spesso nei racconti di Kafka la forma dell’allucinazione, dell’incubo, tanto più angosciante quanto più minuzioso è il realismo con cui viene rappresentata”.

Infatti, anche gli altri racconti narrano in chiave simbolica il dramma dell’uomo contemporaneo: la sua solitudine, l’abisso del nulla e la sua paura-ossessione del mondo esterno che appare ostile e pericoloso come nell’ultimo bellissimo racconto di Kafka “LA TANA “dove viene esposta la vicenda di un animale che trascorre la sua vita a costruire una  labirintica galleria per potere difendersi dal “nemico” o da chiunque voglia penetrare nella sua tana!

SANDRA VITA GUDDO

Sandra Guddo

Laureata in Filosofia ha conseguito la specializzazione in Scienze Umane e l’abilitazione in Italiano e Storia e Materie Letterarie e Latino negli Istituti Superiori dove ha insegnato fino al recente pensionamento. Inserita dal MIUR di Palermo nel progetto contro la Dispersione Scolastica ha lavorato come psicopedagogista nei quartieri più a rischio della città. Da questa forte esperienza nasce il primo libro “Tacco !2”

SCRITTRICE, POETESSA, SAGGISTA E CRITICO LETTERARIO

E’ Autrice di RACCOLTE DI RACCONTI:

TACCO 12 STORIE DI RAGAZZE DI PERIFERIA (2014), (Premio A.S.C.U.)

CICIRI RACCONTI DI TERRA DI SICILIA (2018), ( Premio Kaos)

GRAMIGNA STORIE DI GENTE DI SICILIA (2021) ( Premio Internazionale Navarro)

ROMANZI:

LE GEÔLIER (2016)  (Premio Levi )

 NELLA TANA DEL RICCIO (inedito)

SAGGI:

L’INCONTENIBILE VERSATILITA’ ( 2017) ( Premio Internazionale Accademia Vesuviana)

 “LA CIRCOLAZIONE DELLE ÉLITE “ (1973) ( Nuovi Quaderni del Meridione)

SILLOGE POETICA:

AMO IL CHIAROSCURO. (2020) (Premio Salvatore Quasimodo)

Ha curato la pubblicazione di diverse antologie per edizioni DEL RICCIO

Scrive per importanti Cataloghi artistici a cura del gallerista Francesco Scorsone

Ha ottenuto numerosi riconoscimenti tra i quali: Premio alla carriera “Maria Costa”, Premio Universo Donna da Accademia di Sicilia, Premio alla cultura-

Presidente emerita di UNIPOP e councilor di ARENA CULTURALE e vicepresidente del CLUB CULTURALE ANDROMEDA.

Ha condotto la rubrica radiofonica dal 2019 al 2020 “La cucina popolare siciliana tra storia e leggenda”. 

Scrive per Balarm, Galileo, Il Bandolo, Il salotto degli autori, L’indipendente, Culturélite, Il Pensiero Mediterraneo eccetera

Conduce corsi di Scrittura Creativa ed organizza eventi.

Sposata con due figli e sei nipoti.


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