IL PENSIERO MEDITERRANEO

Incontri di Culture sulle sponde del mediterraneo – Rivista Culturale online

“Il fu Mattia Pascal” di Luigi Pirandello – lettura e commento di Giovanni Teresi

11 min read
Il fu mattia Pascal

Scritto nel 1903, sovvenzionato dalla rivista Nuova Antologia, sulle cui pagine venne pubblicato a puntate l’anno successivo, il romanzo, come ci anticipa già il titolo stesso, ruota interamente attorno al tema, fondamentale in Pirandello, dell’identità individuale: quella di Mattia Pascal e del suo alter ego, Adriano Meis. Il romanzo, scritto in prima persona, è infatti il racconto da parte del protagonista della propria vita e delle vicende che l’hanno portato ad essere il “fu” di se stesso.

Il successo del libro fu immediato e clamoroso, in Germania, in Francia e ovunque. Giovanni Verga scrisse ammirato a Pirandello che – nel romanzo italiano si era accesa una nuova luce, a rimpiazzare la vecchia che si era affievolita – (Le citazioni del libro sono prese dal libro “Il fu Mattia Pascal” Biblioteca Economica Newton pag. 55-56)

Mattia Pascal, orfano di padre, è un ragazzo senza arte né parte. Innamorato della dolce Oliva, viene respinto dalla ragazza, che sposa il vecchio amministratore Batta Malagna. Ma non arrivano figli. Malagna, infuriato, colpevolizza Oliva, Mattia si offre di aiutarla a generare un figlio per ingannare il marito ovviamente sterile, ma Oliva, troppo onesta, rifiuta.
Per aiutare l’amico Pomino, innamorato della bella Romilda ma troppo timido, Mattia riesce ad introdursi fra le frequentazioni della ragazza e della terribile madre Marianna Dondi, vedova Pescatore. Ma il destino è in agguato: Mattia si innamora di Romilda e, quando lei gli si offre, la mette incinta, salvo scoprire poi che lo scopo della ragazza e della madre è quello di far ripudiare Oliva al Malagna e fargli riconoscere il figlio in arrivo come suo. Davanti all’inganno e alla disperazione di Oliva, Mattia riesce infine a convincerla ad ingannare a sua volta il marito. Con Oliva incinta “di un figlio legittimo”, adesso il Malagna pretende che Mattia sposi Romilda per riparare. Mattia in un primo tempo rifiuta sdegnosamente.

Fin qui, la trama è la stessa di “Liolà”, ma Mattia non è lo spensierato e spavaldo eroe della commedia. Cedendo alle pressioni della società e soprattutto dell’amata madre, Mattia sposa Romilda e va a vivere con lei e la suocera. Inizia così una vita d’inferno, con una moglie che forse non l’ha mai amato e una suocera che non gli perdona di aver mandato a monte il loro piano.
Ma un giorno, più per caso che per altro, Mattia decide di sparire per qualche giorno e, capitato in un casinò, vince una somma molto consistente. Mentre si accinge a tornare in famiglia da trionfatore, per caso viene a sapere che, in sua assenza, un cadavere sfigurato è stato ritrovato al suo paese e che la suocera e la moglie sono state ben contente di riconoscerlo come lui. L’occasione è propizia per sparire sul serio: cambiato nome in Adriano Meis, Mattia va a cercare fortuna in un’altra città.
Ma un personaggio fittizio non ha diritti e Mattia se ne accorge subito, quando si trova nell’impossibilità anche di comprarsi un cagnolino perché implicherebbe il doversi registrare e pagare una tassa. Ciò nonostante prende alloggio da un affittacamere e trascorre un lungo periodo a contatto con personaggi loschi o semplicemente strani, finché s’innamora della timida e dolce Adriana. E alla fine proprio l’amore per lei gli farà capire quanto sia assurdo il suo stato di fantasma di se stesso, che non gli permetterà mai di offrire niente alla donna che ama. Non reggendo più la situazione, Mattia simula il suicidio di Adriano Meis e ritorna al suo paese.

Tornato, si rende però conto che rientrare nella sua vita precedente, per quanto possibile dal punto di vista puramente tecnico e legale, causerebbe troppo dolore a due persone che gli sono state care e a una creatura innocente. La sua scelta finale sarà quindi diventare il fantasma del fantasma di se stesso, scelta a quel punto praticamente obbligata. Avendo sempre cercato di vivere vite che non gli appartenevano (in fondo anche diventare padre di figli non riconosciuti come suoi è stato un tentativo più o meno conscio di vivere una vita non propria), rimarrà in pratica senza identità, pur prendendo la storia con filosofia. In effetti, il personaggio di Mattia Pascal, sebbene più debole e conformista di Liolà, ha in comune con lui un certo modo leggero di prendere la vita, di chi non si preoccupa né si arrabbia mai fino in fondo e sembra a tratti quasi osservare dall’esterno quello che gli succede. Anche il dolore, la rabbia, l’amore vengono pennellati a tratti tenui, appena appena accennati dall’autore, che preferisce focalizzarsi su riflessioni puramente filosofiche, quali ad esempio la teoria del “lanternino”, parte centrale del libro e forse suo elemento più importante. Le emozioni provate da Mattia hanno accenti commossi ed accorati, mai sanguigni. Per contrasto, sono invece molto marcati i caratteri della maggior parte dei personaggi che lo circondano: il nevrotico Pomino, la fiera Oliva, la terribile Pescatore, l’isterica Romilda, tanto che l’incontro con la persona quasi evanescente di Adriana sembra creare una situazione ideale, un incontro di anime. Nel capitolo18, Mattia Pascal racconta che, appena arrivato a Miragno, andò subito nella casa di Pomino e bussò alla porta. Gli rispose la suocera (madre di Romilda) e lui (Mattia) con voce cavernosa le disse: “Mattia Pascal! Dall’altro mondo”. Pomino aprì la porta esterrefatto. Mattia entrò in casa; anche Romilda venne all’ingresso, e appena vide Mattia Pascal, redivivo, svenne lasciando la bambina in braccio di Mattia Pascal il quale, preso da spavento, la calmò. Dopo una lunga discussione fra tutti, Mattia decise di lasciare Romilda e Pomino. Mattia andò a cercarsi una nuova casa, dove vivere. Uscì da casa di Romilda, girò il paese nella speranza di essere riconosciuto dagli altri, ma nessuno lo riconobbe. Mattia Pascal, preso dall’indignazione di questa indifferenza, se ne andò nella sua vecchia biblioteca, dove incontrò il vecchio bibliotecario, Don Eligio Pellegrinotto, il quale lo ripresentò ai suoi concittadini che furono lieti di accoglierlo. Poi Mattia frequentò, per sei mesi, la vecchia biblioteca con Don Eligio, il quale diceva a Mattia che: “Fuori dalla legge e di quelle particolarità, liete o tristi che sieno, per cui noi siamo noi, caro signor Pascal, non è possibile vivere”. A queste parole, Mattia Pascal gli rispondeva che lui, Mattia, non era affatto rientrato né nella legge né nelle sue particolarità. Di tanto in tanto Mattia Pascal andava a visitare “la fossa di quel povero ignoto che si uccise alla Stia” e a guardare la sua tomba dove sulla lapide c’era scritto, ancora, l’epitaffio dettato da Lodoletta:

COLPITO DA AVVERSI FATI/ MATTIA PASCAL/ BIBLIOTECARIO/ CUOR GENEROSO ANIMA APERTA/ QUI VOLONTARIO/ RIPOSA./ LA PIETA’ DEI CONCITTADINI/ QUESTA LAPIDE POSE

“Qualche volta qualche curioso, che lo seguiva da lontano, lo accompagnava e gli domandava: “Ma voi, insomma, si può sapere chi siete?” E Mattia, stringendo le spalle e socchiudendo gli occhi, gli rispondeva: “Eh, caro amico … Io sono il fu Mattia Pascal” ( Cap. 18, pag. 206).

Con un puntuale tocco umoristico – assai coerente del resto con la poetica pirandelliana della maschera e la sua costante riflessione sul “doppio” che alberga nelle vite di tutti noi, come dimostrerà anche Uno, nessuno e centomila – a Mattia, che ha provato ad evadere dalle convenzioni sociali per assumere una nuova identità più felice, non resta che la constatazione, assai provvisoria e precaria, di essere nient’altro che il “fu Mattia Pascal”. Sono tutti temi che costellano il romanzo, e che si concentrano, oltre che nelle due Premesse del romanzo, anche quando Anselmo Paleari esplicita a Mattia-Adriano (degente a letto, e provvisoriamente privato della vista dopo un’operazione all’occhio strabico…) la propria “lanterninosofia”. E le basi “filosofiche” della concezione del mondo pirandelliana non si riflettono solo nelle vicende del romanzo, ma anche nelle scelte stilistiche e strutturali che lo contraddistinguono: Mattia è narratore in prima persona delle proprie vicende, e spesso il suo punto di vista sugli eventi è soggettivo e parziale, tanto da farci seriamente dubitare della sua attendibilità. E lo stile di questa autoanalisi, comune a molte altre opere dell’autore siciliano, mescola abilmente elementi teatrali e una sintassi vicina all’oralità, per restituire l’immagine della frantumazione dell’identità contemporanea.


Rivista online Il Pensiero Mediterraneo - Redazioni all'estero: Atene - Parigi - America Latina. Redazioni in Italia: Ancona - BAT - Catania - Cuneo - Firenze - Genova - Lecce - Marsala - Milano - Palermo - Roma - Trieste. Copyright © All rights reserved. | Newsphere by AF themes.