IL PENSIERO MEDITERRANEO

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I MALAVOGLIA DI GIOVANNI VERGA

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Barca in balia delle onde

Barca in balia delle onde

di Francesco Abate

Una barca di pescatori in balìa della tempesta, è questa l’immagine più adatta a rappresentare I Malavoglia dello scrittore siciliano Giovanni Verga.

Pubblicato nel 1881, questo romanzo apre il ciclo dei vinti, che avrebbe dovuto comporsi di cinque romanzi ma che l’autore non completò mai, lasciandoci solo due straordinari romanzi: I Malavoglia Mastro-don Gesualdo.

Il romanzo racconta la storia di una modesta famiglia di pescatori, i Toscano, soprannominati Malavoglia, la cui esistenza dura e semplice presto muta in tempesta, agitata dai venti del progresso e dalle onde della disgrazia. La situazione per loro comincia a guastarsi quando ottengono un prestito da ripagare dopo la vendita di un carico di lupini, sfortunatamente però la loro imbarcazione, la Provvidenza, viene sorpresa da una violenta tempesta e naufraga, portandosi via il carico e la vita di Bastianazzo, figlio del patriarca padron ‘Ntoni. La famiglia reagisce e prova a rimettersi in sesto, ma l’avidità di padron Cipolla, il creditore, li costringe a cedere l’adorata casa in cui abitano, la casa del nespolo. Nonostante la situazione disperata, e la morte di un altro figlio durante il servizio militare, la famiglia non smette di darsi da fare e di racimolare il denaro necessario a ricomprare la casa; purtroppo i progetti si infrangono sui malesseri interiori di ‘Ntoni, il nipote del patriarca, il quale non vuole saperne di vivere di fatica come il nonno e diventa un contrabbandiere, finendo per essere arrestato durante una retata.

Come in tutte le opere di Verga, I Malavoglia ci permette di osservare da più angolazioni la vita dura della Sicilia povera, dandoci un quadro dell’Italia post-risorgimentale difficile da trovare in altre opere letterarie. Attraverso gli occhi dei Malavoglia vediamo le condizioni di precarietà e miseria di una consistente fetta della classe lavoratrice, costretta a operare senza alcuna tutela e in balìa tanto delle circostanze quanto dei compaesani più benestanti. Vediamo poi attraverso padron Cipolla e Piedipapera il potere enorme, decisamente sproporzionato e immorale, che all’epoca aveva sulla povera gente chi disponeva di ingenti quantità di denaro. In questo contesto ingiusto e misero si percepisce la totale assenza di uno Stato, che non tutelava in alcun modo le fasce più deboli della società e si faceva sentire solo imponendo nuove tassazioni o chiamando i giovani alla leva.

Ne I Malavoglia vediamo uno scontro tra due generazioni distanti anni luce, quella dell’anziano padron ‘Ntoni e quella del suo omonimo nipote. Mentre il nonno accetta con laboriosa rassegnazione la sua condizione miserabile, il nipote percepisce quanto sia ingiusto che la classe povera debba rischiare la vita per guadagnarsi appena il necessario per la sopravvivenza mentre altri vivono nel lusso senza muovere un dito. L’anziano padron ‘Ntoni, arroccato nell’antica saggezza popolare e nella convinzione che nulla possa cambiare, si consuma dietro alle disgrazie, correndo dietro alla vana speranza di riacquistare almeno la casa del nespolo; il nipote invece vuole ribellarsi, entra anche in contatto con la propaganda socialista, ma sceglie la strada più facile, cioè invece di istruirsi e organizzare una seria lotta politica si dà alla delinquenza, finendo per cadere ancora più in basso nelle gerarchie sociali, diventando cioè un galeotto. Nel modo di rapportarsi alle ingiustizie della vita si può vedere la straordinaria modernità di questo romanzo; ancora oggi la nostra società, piena di squilibri e ingiustizie, si compone di tante persone convinte che questo sia il sistema politico-economico migliore di tutti (vittime che amano i propri carnefici) e di altrettante persone che invece di istruirsi e lottare costruttivamente per il progresso sociale scelgono la delinquenza o il populismo. Due società molto lontane nel tempo tendono le stesse trappole, questo è uno dei motivi per cui romanzi come questo non hanno età.

Molto toccante all’interno del romanzo è la muta e infelice storia d’amore tra Alfio Mosca e Mena Malavoglia. I due sono vicini di casa e segretamente si amano, benché non osino mai dichiararsi né avere comportamenti sconvenienti, ma sono costretti a rinunciare a qualsiasi proposito di unione perché lui è troppo povero e non potrebbe garantirle un futuro tranquillo. Alfio Mosca cambia città, tornando ad Aci Trezza molti anni dopo; in uno struggente dialogo, l’uomo apre il suo cuore a Mena, ma stavolta è lei a non avere i “requisiti” per essere una moglie adatta, infatti la dissolutezza di ‘Ntoni ha contagiato anche la sorella Lia, e sposando Alfio Mosca gli tirerebbe addosso tutte le malelingue del paese. In un’Aci Trezza fatta ancora di matrimoni combinati dai genitori in funzione della dote, vediamo questa storia d’amore pura che, in quanto tale, è destinata sin dall’inizio ad essere infelice.

Sui veri sentimenti vincono l’ingiustizia sociale, che al povero nega perfino il diritto d’amare, e il giudizio degli ipocriti. Il peso e la mutevolezza dell’opinione comune si vede anche nel comportamento che i cittadini di Aci Trezza hanno coi Malavoglia: li rispettano e ne hanno compassione, ma quando questi perdono la casa li isolano, perché allora come oggi c’era la tendenza a vedere la povertà come una colpa più che come una disgrazia.

Una cosa va sottolineata, perché ha un’importanza non secondaria nell’interpretazione del romanzo. L’opera non descrive la distruzione della famiglia, perché alla fine restano Alessi, che sposa Nunziata e ricompra la casa del nespolo, e Mena, che vive con loro e li aiuta ad accudire i figli. I Malavoglia non descrive l’inizio di una dinastia o la sua estinzione, semplicemente una tappa, un comune lasso di tempo non tanto diverso dagli altri, questo perché le miserie che il romanzo rappresenta non sono straordinarie ma sono parte dell’esistenza umana.

Ho una storia personale con I Malavoglia, e con Verga in generale, che mi piace raccontare perché mostra come le persone cambino nel tempo. Lessi questo romanzo la prima volta negli anni del liceo e lo odiai, ricordo che non arrivai nemmeno a leggerne metà. Per anni dopo quell’esperienza ho evitato Verga, finché in età molto più matura ho dato una possibilità a Mastro-don Gesualdo, che ho adorato.

Spinto dal gradimento avuto per Mastro-don Gesualdo, ho letto i racconti, che pure ho adorato, quindi ho dato una nuova possibilità a questo romanzo che, come credo di deduca dall’articolo, mi è piaciuto tantissimo. Questo dimostra come spesso un libro non gradito sia stato solo letto nel momento sbagliato, perché le persone nel tempo cambiano e così i loro gusti. Ai tempi del liceo gradivo di più la letteratura distopica o i romanzi che sovvertivano i comuni valori della società, non riuscivo ad apprezzare la bellezza di opere che a loro modo erano comunque rivoluzionarie, ma che i loro concetti li presentavano attraverso il racconto di esistenze comuni. 

I Malavoglia è il romanzo più proposto nei programmi scolastici italiani, e credo sia giusto così. La lettura di quest’opera ci immerge in un periodo storico, facendoci conoscere le delusioni nate all’indomani dell’unità d’Italia, ma ci mostra anche problemi sociali e umani che esistono ancora oggi.

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