IL PENSIERO MEDITERRANEO

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La tolleranza religiosa secondo il filosofo John Locke

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John Locke

John Locke

di Francesco Abate

Il filosofo inglese John Locke dedicò molte energie al tema della tolleranza religiosa, che era scottante ai suoi tempi visti gli attriti tra anglicani e papisti e lo scisma causato dalla Riforma protestante. I suoi scritti però vanno letti non solo per comprendere un punto di vista circa la tolleranza delle confessioni religiose coesistenti in uno stato, ma possono essere estesi anche alla tolleranza delle opinioni diverse, quindi assimilati con un carattere più squisitamente politico ed etico, e diventare molto attuali anche per noi occidentali che, almeno sulla carta, dovremmo essere guariti dal cancro della repressione religiosa.

Onde evitare equivoci, inizio col chiarire che la tolleranza per Locke non era dovuta a tutte le confessioni religiose. Ci tengo a specificarlo perché oggi, nell’enfasi modernizzatrice e spinti dalle pressioni della cancel culture, si finisce spesso per attribuire a pensatori ed intellettuali del passato pensieri o aperture che non gli appartenevano; ogni autore va letto e compreso, poi va giudicato sempre in funzione dell’epoca e del contesto storico in cui è vissuto, perché nessun essere umano, per quanto eccelso, può essere mai un puntino totalmente staccato dal mondo in cui vive. Locke promuove la tolleranza religiosa per tutte quelle fedi che non tendono a sovvertire l’ordine costituito, mentre appoggia in pieno la repressione delle fedi sovversive. Molto interessante è il suo punto di vista circa la tolleranza nei confronti dei papisti: “I papisti non devono godere i benefici della tolleranza perché, dove essi hanno il potere, si ritengono in obbligo di rifiutarla agli altri. E’ infatti irragionevole che abbia piena libertà di religione chi non riconosce come proprio principio che nessuno debba perseguitare o danneggiare un altro per il fatto che questo dissente da lui in fatto di religione“. Questo che ho citato è un passaggio tratto dal Saggio sulla tolleranza, scritto da Locke nel 1667 e pubblicato dopo la sua morte. Il concetto che rappresenta è semplice: non può essere tollerato chi non tollera. Locke continua poi spiegando che lasciare che chi non tollera goda dei benefici della tolleranza significherebbe favorire chi vuole distruggere il governo.

Questo passaggio lo trovo molto interessante perché, se tolto dal contesto religioso, può valere come regola generale della buona politica: non è bene tollerare chi non tollera, quindi i pensieri politici che predicano la repressione degli avversari (es. il fascismo) non sono da tollerare, così come le idee repressive in generale. Il pensiero di Locke, già di per sé moderno visto che in molte parti del mondo resistono le teocrazie, esteso all’ambito politico ed ideologico diventa di grande attualità anche per noi occidentali.

Sulla tolleranza religiosa Locke scrisse molto nel corso della propria vita. Oltre al saggio che ho già citato, scrisse anche quattro lettere. Secondo il filosofo le confessioni religiose vanno tollerate per quattro ragioni principali:

1) il magistrato (cioè colui che fa le leggi) deve legiferare solo su quello che può danneggiare la società o il governo, cosa che i culti non sovversivi non fanno;

2) l’imposizione della religione da professare porta ad una falsa adesione che non assicura la salvezza dell’anima, è perciò inutile, oltretutto può nutrire dei rancori che col tempo possono fermentare e portare ad una ribellione;

3) il magistrato non conosce la verità religiosa, non è in possesso della verità assoluta, quindi non può decidere dell’anima altrui;

4) imporre una confessione religiosa all’interno di una nazione giustificherebbe lo stesso comportamento in altre nazioni con altre religioni, aprendo così la strada a persecuzioni nei confronti dei correligionari del magistrato.

Molto interessante è il punto di vista di Locke sull’uso della violenza da parte del magistrato nei confronti delle persone di diversa religione. Le società politiche nascono dalla necessità degli uomini di sfuggire alla violenza del mondo, il magistrato usando la violenza contro un uomo priverebbe di senso l’esistenza dell’intera società perché infliggerebbe a qualcuno ciò da cui è fuggito quando si è sottomesso alle leggi. Scrive Locke nel Saggio sulla tolleranza: “se non vi fosse il timore della violenza, non ci sarebbe al mondo alcun governo, né alcun bisogno di esso“. Il magistrato inoltre usando la violenza verrebbe meno al suo compito, che è quello di perseguire la sicurezza di tutti i cittadini, perché colpirebbe la sicurezza di alcuni al fine di avvantaggiare altri. Questo di Locke sulla violenza è un punto di vista molto interessante, a distanza di secoli dovrebbero leggerlo i nostri governanti, i quali non esitano a scatenare la violenza repressiva nei confronti di chi manifesta qualche tipo di dissenso, basti ricordare la recente repressione scatenata in Iran oppure, per restare in Italia, tornare alla mente al G8 di Genova del 2001; la repressione violenta del dissenso è ancora ampiamente utilizzata ovunque, perché il potere oggi accetta solo le proteste che giudica innocue.

Gli scritti sulla tolleranza di Locke dimostrano come il passare del tempo spesso non corrisponda a reali cambiamenti nel mondo. Nel Seicento i filosofi dibattevano tra le altre cose sulla la tolleranza e sull’uso della violenza istituzionalizzata; a distanza di circa quattro secoli questi temi sono ancora attuali, sono infatti cambiati i destinatari dell’intolleranza ma il sentimento è sempre vivo e ben nutrito. L’attualità del pensiero di Locke che ho illustrato sopra non nasce solo dalla straordinaria lucidità del pensatore, ma anche dall’immobilismo culturale delle nostre società che, benché passino gli anni e corra l’evoluzione tecnologica, continuano a perseverare negli stessi errori al fine di conservare il possesso di un potere che, sebbene malato, sembra non stancare mai.

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