IL PENSIERO MEDITERRANEO

Incontri di Culture sulle sponde del mediterraneo – Rivista Culturale online

Le steli in pietra e marmo al Museo di Mozia  – Marsala (TP)

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di Giovanni Teresi

I Fenici, per quanto fossero abili nel tagliare la pietra e nell’uso ascia per tutti gli scopi pratici e utilitari, non erano evidentemente altrettanto competenti nell’uso dello scalpello né famosi per la produzione di lavori in pietra puramente ornamentali o decorativi. Pare che si siano dedicati soprattutto e quasi esclusivamente ad una ordinaria muratura in pietra su larga scala ed abbiano trascurato opere artistiche più piccole e più curate. Ciò sarà stato causato in parte, forse, dall’assenza o scarsezza nel loro paese di materiale adatto alla scultura, perché in Fenicia sembra che non si trovasse né marmo né arenaria; ma si potrebbe pensare che la ragione principale fosse stata la mancanza di gusto artistico personale ed inclinazione naturale da parte loro per un lavoro del genere.

Come nella madrepatria, così anche nelle colonie e nelle dipendenze pare che tale carenza sia stata generalmente evidente, anche se senza dubbio essa subì modifiche nel caso di quelle città o colonie che gravitarono nell’ambito di altre nazioni più sensibili all’arte.

Così a Mozia i primi coloni fenici volsero la loro attenzione probabilmente soltanto alla costruzione di semplici manufatti che venivano ritenuti sufficienti per il loro riparo e per altre esigenze, accontentandosi del materiale povero e rudimentale trovato sull’isola stessa; e per lungo tempo si accontentarono senza dubbio di edifici di tal genere semplici e primitivi e non videro la necessità di alcun miglioramento, meno di tutto da un punto di vista artistico.

Probabilmente ciò non accadde fino a quando i Moziesi non vennero in contatto con i Greci che vivevano in altre parti della Sicilia e modificarono in qualche modo le loro opinioni in proposito e gradualmente le proprie idee, sia nell’ambito delle costruzioni sia nell’architettura dei loro edifici sia anche per quanto atteneva l’abbellimento della città e delle loro abitazioni.

Da quel momento in poi ed anche dopo che Mozia era caduta definitivamente sotto il dominio di Cartagine, l’influenza greca senza dubbio prevalse in larga misura nell’ambito dell’architettura, oltre che in quello che era collegato con l’arte industriale. La stessa Cartagine, sappiamo, fu condizionata allo stesso modo dall’influenza ellenica durante l’ultimo periodo della sua storia. Pare che entrambe le città abbiano avuto una consistente popolazione greca residente.

Sfortunatamente Mozia non aveva una pietra sua, adatta per opere in muratura di qualità migliore o per la scultura, sicché era obbligata ad importare dalla terraferma ciò che era necessario.

Il poros, o arenaria, tanto abbondante in alcune parti della Sicilia, che era il materiale impiegato per la scultura nei tempi antichi prima che entrasse nell’uso il marmo, non si trovava a Mozia o nelle immediate vicinanze ed ancora meno la pregevole pietra morbida come quella che si trova comunemente a Malta e si presta in maniera eccellente per opere ornamentali di piccole dimensioni.

Le cave più vicine che producono una buona qualità di arenaria sono quelle dei dintorni di Marsala e da queste Mozia otteneva probabilmente quello che le serviva, sia per le fortificazioni erette con i loro merli che per tutti gli edifici quali case di abitazione o altre costruzioni.

Tale buona qualità di arenaria dei dintorni di Marsala apparentemente serviva anche per fare tutti i pezzi ornamentali in pietra usati a Mozia nelle costruzioni ma la maggior parte dei pezzi più piccoli di opere decorate conservate nel Museo di Mozia sono di altro materiale, come marmo, calcare e lava che saranno stati importati da altri posti più distanti. Nei pressi della città di Trapani si trova una pura arenaria bianca di qualità dura e questa pare che sia stata usata moltissimo nei tempi antichi come lo è adesso. E’ nota col nome di pietra argentéria.

Per dare una spiegazione circa la scarsità di opere in marmo ornamentale ed in pietra trovate tra le rovine di Mozia si deve supporre che la maggior parte di ciò che era mobile è stato portato via dopo la distruzione della città o dai Greci come bottino di guerra o più tardi dai Cartaginesi o dai pochi Moziesi sopravvissuti, quando fondarono la nuova città di Lilybaeum.

I pochi pezzi catalogati sotto questa voce che si vedono nel Museo di Mozia sono probabilmente quelli sfuggiti all’attenzione nel passato per il fatto che erano rimasti sepolti ad una considerevole profondità sotto la superficie del terreno o forse semplicemente per il fatto che non erano stati considerati meritevoli di essere portati via.

Gli oggetti di pietra e di marmo conservati nel Museo possono essere ricordati perché degni di particolare attenzione.

Riguardo i cimiteri moziesi, sono state trovate nell’isola moltissime stele, la maggior parte delle quali, comunque, erano di un tipo primitivo e semplice e di gran lunga diverse dalle stele decorate in maniera elaborata ed in molti casi recanti iscrizioni, che sono state trovate in alcuni cimiteri punici a Cartagine ed anche in Sardegna e a Lilybaeum.

Queste semplicissime pietre tombali senza dubbio appartengono ad un periodo antico di Mozia, mentre altre che sono state trovate nel cimitero rinvenuto recentemente, o come crediamo, deposito dei resti delle vittime sacrificali e che recano figure, appartengono senza dubbio ad un periodo più tardo.

Alcune figure senza dubbio vogliono rappresentare delle divinità, probabilmente Astarte o Tanit. Le stele variano da m. 0,30 a m. 0,70 di altezza e m. 0,25 a m. 0,40 di larghezza. La maggior parte delle stele sono di arenaria o calcare, ma una, molto grande, che quando era integra non sarà stata meno di un metro di altezza, è di lava. Quest’ultima stele è stata trovata nel mare, di fronte alla porta a nord.

A differenza della maggior parte di stele piuttosto elaborate che sono state trovate a Cartagine ed altri luoghi punici, nessuna delle stele reperite sinora a Mozia reca iscrizioni.

La sezione del Museo di Mozia che riguarda Lilybaeum possiede tre piccole stele che provengono da un cimitero di quella città e che, anche se assomigliano alla notissima stele di Lilybaeum la quale è ora conservata nel Museo di Palermo, per il fatto che rappresentano un sacerdote o un uomo pio in abiti fenici, sono anch’esse prive di iscrizioni.

La testa di una statua o busto femminile, circa la metà della grandezza naturale, scolpita in marmo, di buona fattura ellenistica rappresenta probabilmente una dea. E’ stata trovata sulla linea costiera di Mozia nel 1907.

Una iscrizione in greco arcaico su una lastra di arenaria della misura di m. 0,43 per m. 0,31 per m. 0,14 che è stata trovata tra le macerie di alcuni sarcofagi nella necropoli di Birgi. Sebbene incompleta, è stato possibile decifrare, o meglio ricostruire l’epitaffio che è stato reso così:

L’iscrizione è apparentemente una minaccia contro la profanazione della tomba, sia nel caso che vi si introducesse un altro corpo o nel caso che si fosse rimosso quello che vi era già deposto. Alcune delle lettere rivelano lievi tracce di una colorazione rossa.

Bibliografia: Fondazione Whitaker – Mozia web

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