IL PENSIERO MEDITERRANEO

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Lo sviluppo industriale di Marsala nel ventennio Fascista – Ricerca storica di Giovanni Teresi

Luigi-Pirandello

Luigi-Pirandello

 

                        Teatro Impero – Marsala

Nei pomeriggi delle domeniche estive migliaia di famiglie con i loro bambini e giovani vestiti alla moda si riunivano a Porta Nuova intenti ad ascoltare pezzi d’opera, sinfonie e allegre marce intonate dalla banda municipale diretta dal maestro Farina. Il programma veniva eseguito da giugno ad agosto davanti alla Villa Cavallotti.

            Villa Cavallotti – Marsala

 Dall’altra parte della piazza, la gente si assiepava accanto il chiosco per comprare e sorbire un bel bicchiere di anice e acqua fresca che il barista versava da bottiglie che erano poste in una grande “ghiaccera” (rudimentale frigo).

Nel vicino caffè, tra una pausa e l’altra, gli uomini, fumando il loro sigaro, parlavano di politica e della nuova corrente proveniente da nord Italia: “Il Fascismo”.

A Marsala il Fascismo iniziò il suo proselitismo intorno alla metà del 1923.

Stando ai registri dei verbali del Consiglio Comunale, conservati nella sala della copisteria del Palazzo dei Pubblici Uffici di via Garibaldi, l’ultima seduta democraticamente eletta risale al 5 maggio 1923.

Esaurita la fase democratica prefascista della vita amministrativa e politica cittadina, il Comune di Marsala è stato governato a partire dal 1923 da una serie di Commissari Prefettizi e Podestà fino allo sbarco in Sicilia degli anglo-americani nel 1943.

Primo Commissario Prefettizio è stato il notaio Renato Fazio, che il 01 gennnaio1924 inviò un messaggio telegrafico di buon anno a Benito Mussolini. A lui seguirono, dal 1925 al 1926, il Commissario Prefettizio Giacalone, e, dal 1927 al luglio del 1929, il Podestà cav. uff. rag. Mario Rallo. Poi vennero nominati Commissari: il dott. Costantino Muraglia, da settembre del 1929 a febbraio del 1930, il rag. Camillo Furia, dal luglio 1930 alla fine dello stesso anno e il dott. Augusto Litteri per tutto il 1931. A dicembre del 1931, con Regio Decreto, veniva nominato Podestà il barone Antonio Spanò che governò la città ininterrottamente fino al 1943.

A Marsala gli anni immediatamente precedenti e susseguenti il 28 ottobre 1922, data delle “marcia su Roma” delle camicie nere, a differenza di quanto avveniva nel centro-nord (scontri violenti e luttuosi, assalti a sedi di Camere del Lavoro, di partiti operai e democratici, di leghe contadine rosse e bianche, di cooperative e di giornali democratici) non erano stati caratterizzati da un attivismo particolarmente prevalente e violento dei fascisti.

Le forze politiche in campo continuarono, ancora per un certo periodo, ad essere prevalentemente dei deputati Biagio Di Pietra e Vincenzo Pipitone, nonché del movimento socialista composto da emergenti personalità come l’avv. Stefano Pellegrino, il rag. Giuseppe Caruso, il rag. Baldassare Gerardi.

In quel periodo, anche a Marsala sorgeva il Partito Popolare Italiano di Luigi Sturzo.

Intanto il quadro politico nazionale volgeva rapidamente verso soluzioni drammatiche per la crisi post-bellica del 1915/’18.

Alle elezioni politiche del 6 aprile 1924 ( non si votò più fino alle amministrative dell’aprile del 1946) si ebbe un vero capovolgimento dei partiti in conseguenza della legge elettorale maggioritaria “Acerbo”. Mussolini  il 01/02/1924, in occasione del primo anniversario della fondazione della milizia volontaria per la sicurezza nazionale, così parlava alla camicie nere: “Voi non potrete perdervi dietro questo episodio (le elezioni). Tutto ciò è vecchia Italia, tutto ciò è ancien règime. Tutto ciò deve essere lontano dalle vostre anime”.

Dopo la vittoria elettorale, Mussolini fece un giro di comizi di ringraziamento in Sicilia dove, a differenza del Piemonte, della Lombardia e del Veneto che avevano dato la maggioranza dei suffragi all’opposizione democratica, “il regime dominante aveva assorbito – scrive Franco Catalano nella sua Storia dei partiti politici italiani – le vecchie clientele liberali favorendo, in tal modo, il passaggio degli elettori sotto le sue bandiere”.

In un comizio tenutosi a Marsala, Mussolini disse che i problemi del Mezzogiorno erano tutti presenti alla sua coscienza e che era suo desiderio risolverli.

Nella seconda metà dell’800 l’intera economia marsalese era basata sulle attività industriali delle case vinicole fondate dagli inglesi e, nei primi anni del ‘900, anche su molte industrie vinicole di piccola, media e grossa entità create da alcune famiglie marsalesi della borghesia illuminata. Anche le saline costituivano una forte fonte di lavoro, per la produzione e commercializzazione del sale.

     Baglio Anselmi – Marsala

Poi verso la fine degli anni 1930, la grande crisi del 1929 fece sentire pesantemente i suoi influssi negativi pure in Sicilia e di conseguenza a Marsala.

Le industrie vinicole inglesi, allora circa una diecina, esportavano oltre che in Europa anche negli Stati Uniti d’America (dove esistevano depositi in tutta la fascia costiera da Boston a New Orleans), in India Orientale, in Brasile e in Australia.

Le merci importate ed esportate dovevano essere classificate secondo la qualità, la quantità e la provenienza ed erano soggette a tariffe e dazi diversi. Talvolta, l’innalzamento dei dazi poteva servire a limitare l’importazione di alcuni prodotti provenienti dall’estero ed a proteggere le produzioni interne.

In quel periodo, la ditta “Giacomo & Ignazio Zichittella – Agenzia Vapori – Noleggi – Spedizioni” diventò punto di riferimento per gli esportatori, gli armatori e gli uffici doganali.

Ogni nazione aveva una legislazione diversa ed era quindi necessario affrontare la burocrazia e l’adeguamento alle numerose leggi.

La ditta “Giacomo & Ignazio Zichittella Spedizioni” riusciva a districarsi tra le normative vigenti, seguiva le formalità necessarie riguardo l’esportazione, chiedeva i certificati di origine per garantire la qualità dei prodotti esportati, emetteva le polizze di carico, ed nella qualità di Agente Marittimo, doveva dare contestualmente assistenza ai Comandanti ed agli Armatori che facevano scalo nel porto. Quindi, i fratelli Zichittella erano ben conosciuti dagli operatori economici, dagli industriali vinicoli e da quanti operavano nel settore, anche per la riservatezza ed il rispetto della privacy con la quale veniva salvaguardato il lavoro.

Oltre ai rapporti giornalieri con la Dogana, con la Capitaneria di Porto e i Comandanti delle navi, lo spedizioniere doganale doveva curare gli interessi degli armatori e talvolta gli approvvigionamenti delle navi in transito. A complicare le cose c’era anche la Compagnia Portuale, il cui Console non poteva esaudire le richieste degli spedizionieri, i quali eseguivano le dovute prestazioni oltre l’orario di lavoro o nei giorni festivi. Infatti le navi arrivavano talvolta di sera o fuori orario per il cattivo tempo e le operazioni di carico e scarico dovevano essere effettuate ugualmente per rispettare i contratti delle compagnie di navigazione . Così, lo spedizioniere doganale doveva conciliare le varie esigenze nell’interesse di tutti.

                          Porto di Marsala

Nel ventennio fascista iniziarono a proliferare molte aziende vinicole che venivano meccanizzate per essere più competitive. Ciò non sfuggì all’attenzione di un certo Salvatore Ombra, meccanico di Tropea, che, nel 1928, venne segnalato dall’agente italiano della casa motoristica tedesca Deulz alla casa vinicola “Vito Curatolo Arini” che doveva installare un gruppo elettrogeno nello stabilimento.

Eseguito il lavoro con grande professionalità, la ditta “Vito Curatolo Arini” lo assunse come responsabile tecnico d’azienda. Così, Salvatore Ombra decise di trasferirsi con la famiglia a Marsala. Siccome non era il tipo da restare ozioso, durante i giorni festivi e i tardi pomeriggi, aprì una piccola officina meccanica in corso Vittorio Emanuele a poche centinaia di metri dalla ditta vinicola.

Le industrie vinicole, in buona parte, erano fornite di molti macchinari, ma non sempre riuscivano a reperire i pezzi di ricambio. Il mercato della meccanica dipendeva dalle imprese settentrionali. Allora Salvatore Ombra, per produrre in bronzo le parti componenti mancanti, creò una piccola fonderia con operai specializzati sotto la guida della moglie Giacoma Carilli. L’officina ebbe uno sviluppo insperato e, nel 1937, Salvatore Ombra si dimise da dipendente per dedicarsi a tempo pieno alla sua nuova attività di imprenditore. A memoria della sua permanenza in Calabria, volle legare il ricordo di quel periodo alla propria azienda e, utilizzando il nome antico di quella terra, fondò la ditta “Salvatore Ombra – Officine Meccaniche e Fonderia – Costruzioni Ausonia”. L’officina divenne un punto di riferimento per la città di Marsala.

      Porta Garibaldi di Marsala

Anche se le strade erano molto dissestate in terra battuta, senza ponti ( spesso i fiumi venivano guadati nella parte più bassa dell’acqua) e malsicure per il brigantaggio diffuso (siamo nel periodo di Salvatore Giuliano), tutto ciò non scoraggiò un commerciante di cereali, Nino Marino. Egli, ogni mattina, accompagnato dal fidato autista L. Liuzza, partendo con il camion da Salemi raggiungeva i paesi vicini per l’acquisto o la consegna dei cereali. Il frumento scarseggiava, ma le fave, i ceci, l’orzo e gli altri legumi, che costituivano la base per l’alimentazione quotidiana, si trovavano in abbondanza nei magazzini dei feudatari della zona. Molti amici e conoscenti di Nino Marino spesso chiedevano un passaggio sul camion per raggiungere Vita, Calatafimi, Partanna, Alcamo, e soprattutto Palermo. Aguzzando l’ingegno, Nino Marino, dopo aver sistemato alcune tavole a guisa di sedili sul camion, iniziò a trasportare oltre le merci anche passeggeri da e per Palermo.

Le ferrovie non erano in grado di soddisfare le richieste di trasporto di persone e di merci che divenivano sempre più intense. A quel tempo le ferrovie utilizzavano i carri merci, con panche in legno, per il trasporto dei passeggeri e non bastavano 5/6 ore per raggiungere Palermo.

Questo era lo scenario per quanto riguardava i trasporti.

Nino Marino ha avuto una notevole dose di coraggio per creare dal nulla una società di trasporto e in data 9 aprile 1948, con atto notorio di Gaspare Roberto Di Vita, diede vita alla società “Autoservizi Salemi srl”.

A Marsala esisteva solo il servizio di linea dei Fratelli Salvo, ma esso serviva alcune contrade della città e principalmente quelle sulla direttrice Marsala-Strasatti-Petrosino. La nuova linea Marsala-Palermo, che continuava a collegare Salemi, Vita ed Alcamo e Partinico, agevolò di molto i contadini marsalesi che dovevano recarsi nei vari feudi delle contrade.

I ricordi dei nostri genitori, dei nonni, dei viaggiatori per affari sono tutti impregnati degli odori dei bagli e dei rumori ritmati del lavoro dei bottai. Odori e suoni che sono nella memoria della fanciullezza di tanti marsalesi.

Nel periodo d’oro del vino Marsala si assistette all’immigrazione di tanti lavoratori dai paesi vicini. In città si costituì l’Associazione Cottimisti Bottai, una associazione di categoria con sede in via S. Antonino; si contarono in città fino a mille iscritti. Un’intera strada, ovviamente via Bottai, aveva una notevole concentrazione di lavoratori ed era a ridosso del porto dove dalle navi veniva sbarcato il legno ed era non lontana dai principali stabilimenti. La quantità di legno, soprattutto castagno, fornito alle varie ditte di bottai, veniva sistemato in carrati (un metro cubo = quattro carrati) e la carrata era costituita da quadrati di doghe in parallelo sovrapposte l’una sull’altra.

Il forte incremento economico prodotto dalla nascita di tante industrie vinicole determinò inoltre la necessità di far crescere la scolarità e di creare particolari categorie che potessero supportare lo sviluppo delle aziende. Si rese indispensabile nel 1924 istituire la Scuola Agraria Media, con indirizzo vitivinicolo. Questa Scuola diplomò ottimi periti ed enologi provenienti anche da altri paesi della provincia di Trapani e da quella di Agrigento. Essi contribuirono in modo notevole alla coltivazione della vite e alla produzione di ottimi vini. Nel 1921, su iniziativa del Sindaco Tommaso Oneto, venne creato l’Istituto Medio per il Commercio. L’Istituto, che era privato e sovvenzionato dal Comune, divenendo statale nel 1946, assunse il nome di Istituto Tecnico Commerciale. Questa scuola formò ragionieri e periti commerciali e dirigenti delle varie industrie vinicole.

Fino al 1946 a Marsala non esisteva il Liceo Classico. Coloro che avevano scelto di seguire gli studi umanistici erano costretti, ogni mattina, a raggiungere le città di Trapani o Mazara dove da molti anni esisteva il Liceo.

Non c’è dubbio che il grande fermento creato a Marsala con lo sviluppo delle industrie vinicole e dell’agricoltura viticola lasciò un forte segno. Primo di tutti il progresso nella legislazione sociale e nel tenore di vita, poi la nascita di alcuni giornali che introdussero un nuovo modo di fare dibattito ed informazione. Così, per la prima volta a Marsala, nacque la pubblicità.

Nel 1929-1930, anni della grande crisi mondiale, il mercato del vino subì un tracollo. Né si vendeva, né si comprava. Che fare dell’abbondante vino della Cantina che rischiava di diventare aceto? La parola d’ordine era “industrializzazione”, cioè trasformare il vino comune in vino marsala. Allora, molte imprese si attrezzarono con ulteriori macchine per la pastorizzazione e la lavorazione dei mosti.

Negli anni trenta, sempre lungo la via Vittorio Emanuele, angolo via Massimo D’Azeglio, si costituì il “Mulino di Cusumano Lamia”, personaggio autorevole e stimato dalla gente, che, ritornato dall’Argentina, mise su un mulino assieme ad un pastificio. Lamia era il presidente del circolo “Dopolavoro Vittorio Emanuele”, dove i giovani marsalesi andavano ad ascoltare Radio Londra e Radio Mosca, durante gli anni della seconda guerra mondiale. Tra i mulini degni di menzione si ricordano pure il “Mulino Passalacqua” in Corso Calatafimi e il “Mulino Sciacca” a Strasatti.

Negli anni antecedenti la seconda guerra mondiale, fra le pasticcerie più note a Marsala, si ricorda “Il laboratorio di Peppino Mongiovì” al Cassero, che ebbe l’onore di far gustare i suoi dolci (cassate siciliane e cannoli) al Re nella sua visita del 1937; per la squisitezza dei tipici prodotti venne insignito dell’ordine di Cavaliere di Casa Savoia.

Durante gli Anni Venti fin dopo la seconda guerra mondiale, la luce elettrica veniva erogata e distribuita in modi e con strutture ancora primitive dall’ “Officina Elettrica Marsalese” di proprietà dell’ing. Carlo Gatto. Essa era fruita soltanto dalla popolazione urbana. Nelle campagne era sconosciuta e s’andava a letto al tramonto servendosi di candele o di lumi a petrolio. Ma d’estate il buio, le stelle e la luna inducevano a stare in compagnia all’aperto per raccontare o ascoltare storielle e racconti. Non era diversa la situazione riguardo l’acqua di rubinetto. Ne godevano le famiglie, e non tutte, del centro urbano perché l’unico acquedotto che la erogava era quello della contrada Sotana. In compenso in tutte le contrade e in tutti i cortili c’era disseminata una miriade di pozzi la cui acqua, filtrata dal tufo, era potabilissima, purissima e fresca. Non esistevano ancora i motori elettrici, che dopo la guerra iniziarono ad essere installati nei pozzi per la gioia delle famiglie e degli irrigatori dei giardini.

I negozi di abbigliamento, le mercerie, i negozi di tessuti erano tutti concentrati nel centro storico. Nelle rispettive contrade, invece, poteva trovarsi qualche asfittica bottega di generi alimentari abbinata a rivendita di tabacchi. La maggior parte dei venditori di verdure ed ortaggi era costituita dagli stessi ortolani, che con carri tirati da lenti somari si addentravano in strade, cortili e vicoli gridando e pubblicizzando la qualità dei loro prodotti. Le botteghe di generi alimentari erano numerose nel centro urbano, ma povere di mercanzie. L’olio e il petrolio venivano comprati ad oncia dalle famiglie povere. Il latte di mucca o di capra veniva munto davanti ai compratori o portato di casa in casa da caprai e vaccai entro contenitori di zinco penzolanti a destra e a manca dai manubri delle loro biciclette. Anche i pesci venivano venduti di strada in strada dai pescivendoli che andavano in giro tenendo a braccio larghi “panari” (ceste) colmi di pesce fresco e frutti di mare.

I piatti e gli ombrelli rotti venivano aggiustati dai “conzapiatti e lemmi” cioè da quegli ambulanti di cui si parla nel racconto “La giara” di Pirandello.

                       Luigi Pirandello

Giovanni Teresi

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