IL PENSIERO MEDITERRANEO

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MemORIA: cronaca di una tragedia nel Mar Egeo nel secondo conflitto mondiale-2/4

Capo-Sunio-nel-Mar-Egeo-

Capo-Sunio-nel-Mar-Egeo-

di Salvatore Polimeno

Tra l’11 ed il 12 febbraio del 1944 il Piroscafo Oria si incagliava nei bassi fondali di fronte all’isola di Patroclo nel Mare Egeo presso il Capo Sunio a 25 miglia dal porto del Pireo di Atene ed affondava, portandosi a picco gli uomini a bordo. Dei 42 Ufficiali, 188 Sottufficiali, 3885 Militari Internati Italiani, 90 tedeschi di guardia o di passaggio e 22 marinai dell’equipaggio norvegese sarebbero sopravvissuti 21 italiani, 6 tedeschi ed un greco oltre ai 5 membri dell’equipaggio, tra cui il comandante Bearne Rasmussen ed il primo ufficiale meccanico.

L’Armistizio

Pensavo a questo guardando l’orizzonte al di là delle coste del Salento così tanto osannate dalla moltitudine festosa e vociante dei tanti turisti che le hanno scelte per le loro vacanze in questa fine della seconda estate pandemica: lontano l’eco dei barconi provenienti dalla Libia, ancora più lontano quello proveniente dal Medio Oriente, da quell’Afghanistan assurto agli onori delle cronache ferragostane, quasi a ricordarci le innumerevoli vicissitudini dell’umano vivere che popola questo nostro pianeta e che, nostro malgrado, ci appartiene.

E non suoni blasfemo e fuori luogo questo mio divagare, basti pensare che oggi, come quasi 80 anni fa, in diverse parti del mondo accordi intrapresi tra parti in conflitto hanno segnato pesantemente la storia:  allora si era nel quadrante italiano e si trattava dell’Armistizio di Cassibile, firmato il 3 settembre 1943 dall’Italia con le potenze alleate, reso pubblico 5 giorni dopo alle 17.30, 18.30 ora italiana, da Dwight Eisenhower da Radio Algeri in lingua inglese e dal Primo Ministro Badoglio alle 19.42 dai microfoni dell’EIAR/Ente Italiano per le audizioni radiofoniche, oggi ci si riferisce al quadrante medio orientale con l’Accordo di Doha firmato il 29 febbraio 2020 tra gli Stati Uniti e l’Emirato Islamico Afghano, seppur non riconosciuto nella sua rappresentanza talebana, che ha posto fine alla guerra che affliggeva quel Paese dal 2001 con il ritiro delle truppe USA e della Coalizione Internazionale entro il 31 Agosto 2021.

La storia di allora su cui ritorneremo con le vicissitudini del Piroscafo Oria dovrebbe essersi impressa nella memoria di ognuno di noi, quella di oggi scorre prepotentemente davanti ai nostri occhi: oggi in Afghanistan come allora in Italia, le Forze Armate, prive di Direttive, sarebbero state colte del tutto impreparate rimandando ai singoli Comandanti ed ai singoli combattenti l’onere della scelta, ovunque, in Patria o all’Estero!

L’annuncio dell’armistizio da parte degli alleati aveva colto del tutto impreparate e aveva lasciato le Forze Armate italiane, che si trovavano impegnate in compiti di occupazione all’estero o di protezione del territorio metropolitano, del tutto prive di direttive.




Testo dell’Armistizio militare
firmato a Cassibile il 3 settembre 1943


 
1) Cessazione immediata di ogni attività ostile da parte delle Forze Armate italiane.
2) L’Italia farà ogni sforzo per rifiutare ai tedeschi tutto ciò che potrebbe essere adoperato contro le Nazioni Unite.
3) Tutti i prigionieri e gli internati delle Nazioni Unite saranno consegnati immediatamente al Comandante in Capo alleato e nessuno di essi potrà ora o in qualsiasi momento essere trasferito in Germania.
4) Trasferimento immediato della fotta italiana e degli aerei Italiani in quelle località che saranno designate dal Comandante in Capo alleato, con i dettagli di disarmo che saranno fissati da lui.
5) Il naviglio mercantile italiano potrà essere requisito dal Comandante in Capo alleato per supplire alle necessità del suo programma militare-navale.
6) Resa immediata della Corsica e di tutto il territorio italiano, sia delle isole che del continente, agli alleati, per essere usati come basi di operazione e per altri scopi, a seconda delle decisioni degli alleali.
7) Garanzia immediata del libero uso da parte degli alleali di tutti gli aeroporti e porti navali in territorio italiano, senza tener conto dello sviluppo dell’evacuazione del territorio italiano da parte delle forze tedesche. Questi porti navali e aeroporti dovranno essere protetti dalle Forze Armate italiane finché questo compito non sarà assunto dagli alleati.
8) Immediato richiamo in Italia delle Forze Armate italiane da ogni partecipazione alla guerra, in qualsiasi zona in cui si trovano attualmente impegnate.
9) Garanzia da parte del Governo italiano che, se necessario, impiegherà tutte le sue forze disponibili per assicurare la sollecita e precisa esecuzione di tutte le condizioni dell’armistizio.
10) Il Comandante in Capo delle Forze alleate si riserva il diritto di prendere qualsiasi misura che egli riterrà necessaria per la protezione degli interessi delle forze alleate, per la prosecuzione della guerra, e il Governo italiano si impegna a prendere quelle misure amministrative e di altro carattere, che potranno essere richieste dal Comandante in Capo, e in particolare il Comandante in Capo stabilirà un Governo militare alleato in quelle parti del territorio italiano, ove egli lo riterrà necessario nell’interesse militare delle Nazioni alleate.
11) Il Comandante in Capo delle Forze alleate avrà pieno diritto di imporre misure di disarmo, di smobilitazione e di smilitarizzazione.
12) Altre condizioni di carattere politico, economico e finanziario, che l’Italia dovrà impegnarsi ad eseguire, saranno trasmesse in seguito.
Le condizioni di questo armistizio non saranno rese Pubbliche senza l’approvazione del Comandante in Capo alleato. Il testo inglese sarà considerato il testo ufficiale.

Per il Maresciallo PIETRO BADOGLIO
Capo del Governo Italiano:
f.to Giuseppe Castellano.
Gen. di Brigata addetto
al Comando Supremo Italiano

Per DWIGHT EISENHOWER,
Genera le dell’Esercito degli Usa,
Comandante in Capo delle Forze Alleate:
f.to Walter B. Smith,
Magg. Gen. dell’Esercito degli Usa
e Capo d i Stato Maggiore

Di fronte alle notizie dell’avanzata alleata da sud e tedesca dalla costa tirrenica, i regnanti unitamente a due ministri del Governo e ad alcuni generali dello stato maggiore avevano abbandonato Roma per Brindisi che divenne per alcuni dei mesi successivi la sede degli enti costituzionali

Mappa dell'Italia 1943-1945 con la posizione delle navi da guerra
Campagna Italia 1943-1945 (da internet storixxisecolo.it/secondaguerra/sgmcampagnaitalia)


Da parte loro i tedeschi in aderenza alla pianificazione avevano avviato l’Operazione “Alarich” (nome in codice del piano elaborato dall’Oberkommando der Wehrmacht/OKW durante la seconda guerra mondiale per controbattere l’eventuale uscita dell’Italia dalla guerra, neutralizzare le sue forze armate schierate nei vari teatri bellici del Mediterraneo e occupare militarmente la penisola) occupando non solo tutti i centri nevralgici del Nord Italia sino a Roma ma anche le strutture cardine nei territori occupati[2].

Foto in bianco e nero del porto di Bari il 3 settembre 1943
Porto di Bari il 3 settembre 1943 (foto da internet giornaledipuglia)

Nonostante alcuni episodi di valore in patria e sui fronti esteri come la sconfitta dei tedeschi a Bari, il giorno successivo l’armistizio sotto il coordinamento del Generale Nicola Bellomo, da parte di militari e civili italiani, compreso decine e decine di ragazzini che si armarono di bombe a mano e andarono all’assalto dei mezzi blindati germanici, o l’eccidio di Cefalonia, gran parte del personale dell’Esercito andò “sbandato” finendo o nei campi di internamento tedeschi o nella Resistenza a costituire i primi nuclei del movimento partigiano o presso il proprio domicilio in attesa dell’evolversi degli eventi.

Da parte sua invece la Regia Marina, che era ancorata nei porti da circa un anno per penuria di carburante, finì col doversi consegnare nelle mani degli Alleati a Malta come prescritto nelle condizioni di armistizio. Successivamente, dopo la consegna, le navi maggiori sarebbero state internate nei Laghi Amari lungo il Canale di Suez mentre il naviglio minore si sarebbe unito alle flotte alleate per combattere contro il nuovo nemico. In seguito buona parte della flotta, in ottemperanza al trattato di Parigi del 1947, sarebbe stata ceduta alle potenze vincitrici o demolita. Alla fine dei concitati momenti che seguirono e che videro la diversa reazione da parte di molti Comandanti dell’epoca che proponevano un ultimo disperato tentativo di combattimento, il naviglio della Regia Marina perso a causa dell’armistizio, sia per autoaffondamento sia per cattura da parte dei tedeschi, fu di 294.363 tonnellate per 392 unità già operative, e di 505.343 tonnellate per 591 unità se si aggiungono le unità in costruzione, pari al 70% del dislocamento di tutte le navi della Regia Marina all’inizio della guerra, nettamente superiore al dislocamento del naviglio perso nei precedenti 39 mesi di guerra (334.757 tonnellate).

Gli aviatori italiani rimasti fedeli al governo Badoglio, infine, continuarono a far parte della Regia Aeronautica rischierandosi dapprima dell’armistizio per lo più nelle basi salentine di Galatina, Leverano, Brindisi, Grottaglie, Manduria ancora non raggiunte dagli anglo-americani e lasciate dai tedeschi in ritirata.

Disegno raffigurante i prigionieri di guerra e gli internati in un grafico con cubi suddiviso per nazioni
Prigionieri di Guerra e Internati Militari e Civili Italiani nei vari Stati del Mondo (http://www.magma.analisiqualitativa.com/1601/articolo_02.htm)

Gli Internati Militari italiani[1]

Lo storico tedesco Gerhard Schreiber calcola il numero degli internati militari italiani in circa 800.000. Marco Palmieri e Mario Avagliano, giornalisti e storici italiani, forniscono i seguenti dati più dettagliati in merito: “in pochi giorni i tedeschi disarmarono e catturarono 1.007.000 militari italiani, su un totale approssimativo di circa 2.000.000 effettivamente sotto le armi. Di questi, 196.000 scamparono alla deportazione dandosi alla fuga o grazie agli accordi presi al momento della capitolazione di Roma. Dei rimanenti 810.000 circa (di cui 58.000 catturati in Francia, 321.000 in Italia e 430.000 nei Balcani), oltre 13.000[3] persero la vita causa azioni di siluramento inglesi durante il trasporto dalle isole greche alla terraferma. Altri 94.000, tra cui la quasi totalità delle Camicie Nere della MVSN/Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale, decisero immediatamente di accettare l’offerta di passare con i tedeschi.

Al netto delle vittime, dei fuggiaschi e degli aderenti della prima ora, nei campi di concentramento del Terzo Reich vennero dunque deportati circa 710.000 militari italiani con lo status di IMI/Internati Militari Italiani e 20.000 con quello di prigionieri di guerra. Entro la primavera del 1944, altri 103.000 si dichiararono disponibili a prestare servizio per la Germania o la RSI/Repubblica Sociale Italiana, come combattenti o come ausiliari lavoratori. In totale, quindi 600.000 militari rifiutarono di continuare la guerra al fianco dei tedeschi”.


[1]     https://italianiinguerra.wordpress.com/2018/07/27/i-piani-di-invasione-tedeschi-dellitalia/

[2]     Internati Militari Italiani (in tedesco Italienische Militärinternierte – IMI) è la definizione attribuita dalle autorità tedesche ai soldati italiani catturati, rastrellati e deportati nei territori della Germania nei giorni immediatamente successivi alla proclamazione dell’armistizio dell’Italia, l’8 settembre 1943. Dopo il disarmo, soldati e ufficiali vennero posti davanti alla scelta di continuare a combattere nelle file dell’esercito tedesco o, in caso contrario, essere inviati in campi di detenzione in Germania. Solo il 10 per cento accettò l’arruolamento. Gli altri vennero considerati prigionieri di guerra. In seguito cambiarono status divenendo “internati militari” (per non riconoscere loro le garanzie delle Convenzioni di Ginevra), e infine, dall’autunno del 1944 alla fine della guerra, lavoratori civili, in modo da essere utilizzati come manodopera coatta senza godere delle tutele della Croce Rossa loro spettanti.

[3]     Fonti dello Stato Maggiore Difesa riportano 14.737 (vds Parte Prima di questo studio).

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