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“Visioni di città”: Melendugno tra Gasdotto TAP, turismo e Xylella. Intervista al Sindaco Maurizio Cisternino.

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Torre di San Foca
San Foca (Foto di Vinicio Dima)

di Enrico Conte

Melendugno, il paese delle cinque marine (Torre Specchia, San Foca, Roca, Torre dell’Orso, Sant’Andrea) e punto di approdo del gasdotto TAP, proveniente dall’Azerbaijan.

Una meta turistica (nel periodo estivo si contano centomila presenze) e  punto di arrivo di un’opera di interesse nazionale strategico, fortemente osteggiata dalla comunità locale, con proteste clamorose che sono sfociate in un processo penale per violenza privata, interruzione di pubblico servizio, accensione pericolosa di ordigni, deturpamento, danneggiamento, processo chiusosi, in primo grado, con 67 condanne e 25 assoluzioni, a causa di un tunnel da realizzare sotto la spiaggia lungo 1500 metri, osteggiato dal movimento No TAP con barricate, molotov, lancio di pietre e con operai scortati di notte per raggiungere il cantiere.

Tutto ciò tra il 2017 e il 2018, quando il Governo, disattendendo il parere della Regione Puglia, del Comune di Melendugno, di Arpa, di Autorità di Bacino, della Provincia e del Ministero dei beni culturali e ambientali, autorizzò la realizzazione dell’opera perché ritenuta di interesse nazionale strategico.

A quel processo si aggiunge quello avviato nel 2020 (prossima udienza nel settembre 2022) che vede imputati vertici TAP e progettisti delle ditte che hanno realizzato i lavori e che, secondo le accuse, avrebbero arrecato danni con il tratto del gasdotto realizzato senza le necessarie autorizzazioni. La Procura di Lecce ritiene siano state commesse violazioni in materia ambientale ed edilizia, tra espianto di ulivi, inquinamento della falda acquifera, e difformità dal progetto nella costruzione del tunnel sotto l’arenile. Come parti civili si sono costituiti 7 Comuni e la Regione Puglia che, come parte offesa, ha chiesto 225 milioni per danno di immagine, gli altri Comuni chiedono circa un miliardo di danni.

D. Signor Sindaco, Maurizio Cisternino, fatte queste premesse per inquadrare la vicenda, cosa resta da fare a chi, dal giugno scorso, ha ereditato il difficile compito di Sindaco e una vicenda che ha diviso la comunità che si è ritrovata alle prese con problemi di rilevanza geopolitica?

R. Ogni avvicendamento amministrativo, nel bene e nel male, porta con sé un’eredità. Nessuna eredità è perfetta. L’unica cosa che si può fare è quella di accogliere responsabilmente il bagaglio ricevuto e fare il proprio pezzo di strada con principio di realtà e di lealtà verso sé stessi e verso le persone che siamo chiamati a rappresentare. Un sindaco, in modo particolare, non può lasciarsi guidare esclusivamente dai propri principi o dalle proprie visioni ma deve imparare a vedere e ad accogliere anche i principi e le visioni degli altri. Un sindaco deve sapere ascoltare e nel mio caso specifico devo partire dall’ascolto di tutti per ricostruire la comunità, lavorando per trovare tutto ciò che ancora e da sempre ci unisce e non invece quello che ci divide. Nel caso del gasdotto TAP molti hanno parlato, gli uni addosso agli altri, nessuno però ha ascoltato. La mancanza di ascolto e di incontro ha impedito di intravedere e di costruire soluzioni condivise. Il totalitarismo del bene contro il totalitarismo del male: un vero e proprio manicheismo a tutti gli effetti. Ora che la fase delle contrapposizioni è stata superata, l’unico compito adulto di un sindaco è quello di prendere atto dello stato delle cose e capire come i “limiti possano iniziare a dialogare con le possibilità”. Io sono fermamente convinto che il principale compito della politica sia proprio quello di trasformare un limite in una “leva”. Non voglio con questo legittimare la politica quale arte del compromesso, sto solo cercando di dire che ogni tipo di percorso, politico, sociale, economico, esistenziale ci chiede ogni giorno di “rinegoziare” e di vedere con altri occhi le nostre posizioni di partenza, perché tra un bene assoluto e un male assoluto c’è sempre un “valore necessario” su cui, di volta in volta, ci si può incontrare. Per tutte queste ragioni, la mia amministrazione sarà quella dell’incontro e del dialogo con tutti all’unico scopo di costruire insieme il bene comune. Nessuno di noi è portatore sano di verità assolute, la verità è un cammino da compiere insieme.

Area archeologica di Roca Vecchia (Foto dal web)

D. ll contesto geopolitico è molto diverso da quello di cinque anni fa, quando scoppiarono i disordini: ora che tutto è cambiato con la guerra in Ucraina e le sue conseguenze che hanno reso problematico il tema dell’approvvigionamento energetico e reso il gasdotto TAP ancora più importante per l’Italia, il Paese deve recuperare margini sempre maggiori di indipendenza energetica. Tuttavia resta un problema di carattere generale e da saper affrontare anche nel futuro, la  sindrome Nimby  – “non nel mio giardino” – ha colpito duramente varie parti del territorio nazionale (il TAV in Val di Susa, la Gronda di Genova, il TAP nel Salento, il deposito unico dei rifiuti radioattivi prodotti dal sistema sanitario), come conciliare la realizzazione di opere di interesse nazionale e/o internazionale con gli interessi e con la percezione dei problemi da parte delle popolazioni locali?

R. In un certo senso credo di aver già risposto in parte a questa seconda domanda, dicendo che in ogni situazione, analizzata con principio di realtà e senza mai tradire la fedeltà al bene comune, bisogna imparare a trovare, di volta in volta, il valore necessario, necessario alla Vita ovviamente. Io credo che le uniche, vere, grandi rivoluzioni non si facciano con la violenza e la rigidità delle contrapposizioni, ma solo cambiando, giorno dopo giorno, i propri comportamenti personali. Dei nostri stili di vita, non proprio sostenibili, ci dobbiamo assumere anche le inevitabili conseguenze. Ci piaccia o non ci piaccia, noi tutti viviamo in una società/civiltà fortemente interconnessa, pertanto preservare il proprio giardino da un male (assoluto) presunto non significa eliminare il male. Fortunatamente, la scienza è sempre in cammino, il compito della Politica è quello di indirizzare la potenza del sapere scientifico verso il bene comune e non verso ciò che bene non è, senza dimenticare mai che ogni traguardo è sempre un traguardo relativo e che ciò che oggi è un problema domani potrebbe costituire una possibilità. Oggi l’economia circolare ci insegna che ogni rifiuto è una risorsa e che tutto, o quasi tutto, può diventare, attraverso accurati processi di separazione e trattamento, materia prima secondaria. Forse dovremmo fidarci e affidarci alla scienza un po’ di più ed essere più critici verso i nostri stessi pregiudizi. Tornando allo specifico della domanda, in questo nostro contesto, drammaticamente e rapidamente cambiato dalla geopolitica legata alle questioni energetiche e dalle dinamiche della guerra in Ucraina, penso che se la politica locale fosse stata lungimirante e non si fosse arroccata su posizioni irremovibili forse oggi, i Melendugnesi in primis, e i Pugliesi in generale non avrebbero avuto motivo di affiggere le proprie bollette in vetrina. Di sicuro i Melendugnesi, considerato il carico dell’infrastruttura e della vicenda legata al gasdotto TAP, restano i primi interlocutori di qualsiasi forma di dialogo e di ristoro.

D. Altro grossissimo problema che interessa il Salento, la Xylella fastidiosa, che ha distrutto 21 milioni di ulivi. Se è vero che le marine segnalate positivamente da Bandiera Blu e Legambiente portano turismo, è altrettanto vero che leconomia di partenza del territorio è quella dell’agricoltura; come ripristinare allora gli usi produttivi e come recuperare il paesaggio con gli ulivi secolari? Può bastare il metodo Scortichini che si presenta come alternativo al metodo dell’espianto delle piante infette?

R. Ci troviamo davanti ad una trasformazione dolorosa ed epocale del paesaggio salentino e così come io stesso ho conosciuto la grande “lecceta” del Salento attraverso i racconti degli anziani e degli studiosi, allo stesso modo i nostri nipoti scopriranno attraverso il racconto degli ultimi testimoni che il Salento è stato per tanti secoli un bosco di ulivi. La Xilella ha sicuramente desertificato il nostro territorio ma nel farlo, purtroppo, ha trovato terreno fertile perché ha colonizzato facilmente un territorio impoverito di attenzioni, cure e buone pratiche che, per secoli, sono state garantite da generazioni di piccoli contadini che dalla terra hanno saputo prendere ma hanno anche saputo dare. Con questo non intendo esprimere nessuna forma di giudizio, perché sebbene alla base delle tragedie vi siano umane responsabilità, e in questa tragedia le cause sono tante e trasversali, le trasformazioni di qualsiasi natura sono anche generate dalle leggi stesse della Vita che la Politica sicuramente non può fermare e con le quali al contrario deve imparare a dialogarci. Pertanto, nella ricostruzione del paesaggio che, sia come amministratori sia come semplici cittadini, saremo costretti ad affrontare, dobbiamo cercare di salvare la parte sana delle nostre radici ed evitare quella monocultura che più di tutte ci  ha reso ancora più vulnerabili su tantissimi fronti in termini di impoverimento della biodiversità e di desertificazione. Anche in questo caso, come in politica, la parola chiave è pluralismo o pluralità. Solo il rispetto della pluralità ci permette di gestire la ricchezza della complessità e il nostro vero compito in qualità di abitanti del pianeta di oggi e di domani è quello di riuscire ad essere nella complessità.

Uliveto in Melendugno (Foto di Enrico Conte)

D. Pensa che ci sia stato un nesso, di natura socio-culturale,  che ha accomunato la protesta contro la TAP con quella contro le politiche dirette alla eradicazione degli ulivi infetti dal batterio della Xylella?

R. Non saprei risponderle, di sicuro gli eserciti che combattono sul fronte del NO e BASTA sono quasi sempre composti dalle stesse persone.

D. Nel mentre si risolveva nei fatti,  con la realizzazione dell’opera TAP e con il cambio di scenario globale, è intervenuta una nuova opportunità, il PNRR, quasi 230 miliardi messi a dispone dell’Italia da parte dell’UE dopo la crisi innestata dalla pandemia. Tra gli obiettivi del Piano quelli di ridurre i divari, territoriali, di genere e generazionali (ci sono fondi per Nidi di infanzia, per rifare scuole e mense, per trasporti scolastici e tanto altro che serva  per creare le condizioni per servizi di prossimità), cosa potrà fare il suo Comune nei prossimi anni?

R. I principali obbiettivi della mia amministrazione saranno quelli di contribuire significativamente a ricostruire il paesaggio agricolo e ambientale e di ricostruire l’economia, attraverso la valorizzazione dei nostri beni più preziosi: il patrimonio archeologico e il paesaggio costiero, entrambi di valori inestimabile. A tale scopo saranno utilizzati tutti gli strumenti finanziari, nazionali e comunitari compreso il PNRR, al fine di dotare il comune di Melendugno di tutti i servizi e le infrastrutture necessarie e all’avanguardia per poter vivere il proprio tempo da protagonisti, abbandonando anche culturalmente la dinamica culturale e sociale del “divario”. Nell’era della globalizzazione ciascuno può essere un centro ma bisogna imparare a dialogare con la complessità. Sicuramente i primi obbiettivi da raggiungere riguarderanno interventi di messa in sicurezza della falesia, il consolidamento della torre cinquecentesca di Torre dell’Orso e il ripascimento della sua magnifica spiaggia. A queste priorità seguirà il fondamentale quanto strategico rilancio del Porto Turistico di San Foca, l’ulteriore valorizzazione del patrimonio archeologico (sito di Roca) attraverso la costituzione di una Fondazione per i beni culturali e la creazione di un Istituto di Formazione Superiore (ITS) per far incontrare l’alta formazione di eccellenza e il mondo dell’impresa.

D. Quanto ai servizi sanitari, pensa che il Pronto soccorso così come organizzato,  sia in grado di dare una risposta adeguata soprattutto nei periodi estivi? Siete stati coinvolti dallo Stato o dalla Regione nel processo volto alla creazione delle  Case e degli Ospedali di Comunità, anche essi finanziati dal PNRR?

I Faraglioni di Sant’Andrea (Foto dal Web)

R. Già a partire dal prossimo anno, prima a Torre dell’Orso e poi a San Foca, il  Pronto Soccorso tornerà ad essere allestito in un luogo adeguato a prestare la cura e quindi tornerà in un edificio decoroso, al fine di garantire il diritto alla salute e al tempo stesso il rispetto della dignità della persona. Inoltre, grazie al coinvolgimento della ASL e della Regione Puglia, sarà realizzata, su un terreno di  proprietà comunale una “Casa di comunità” che, in linea con i tempi e con le nuove emergenze sanitarie, non si limiterà ad essere un poliambulatorio, ma un luogo di accoglienza e di ascolto, ricco di servizi alla persona e strutture finalizzate alla riabilitazione neuromotoria, concepito per dare un significativo e proficuo supporto alle famiglie, sempre più ferite dalla malattia e interessate da complesse dinamiche di fragilità  assistenziale e relazionale.

Conclusione con una riflessione su sindrome Nimby.

La sindrome Nimby esprime, in tutta la sua sintesi e complessità, uno dei più importanti conflitti di interesse che si possa rintracciare sui territori, in un quadro di regolazione costituzionale, va detto, aggiornato nei primi mesi del 2022, con l’inserimento della tutela “ambientale, della biodiversità, degli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni”, e con la modifica dell’art 41 Cost che sancisce che “il diritto all’iniziativa economica privata non può esercitarsi quando in danno all’ambiente e alla salute”. Finalità “ambientali”  che –  sempre ad opera della modifica costituzionale del 41 –  si aggiungono a quelle “sociali” , che possono orientare i programmi e i controlli opportuni affinché “l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata”.

Se è vero che i valori ambientali e di tutela della salute erano, per certi versi, già protetti da interpretazioni nemmeno tanto recenti della giurisprudenza e dalla dottrina costituzionale, che recepivano principi di derivazione europea, quali quello della primarietà del valore dell’ambiente, di prevenzione, di precauzione, di informazione ambientale, di internalizzazione dei costi – “chi inquina paga” –  resta un fatto incontrovertibile, e di assoluta novità, l’inserimento tra i principi fondamentali del testo costituzione dell’esplicito riferimento all’ambiente e dell’interesse delle “future generazioni”, circostanza questa che stimolerà l’integrazione tra politiche pubbliche con finalità ambientali, e richiederà un  nuovo e rinforzato bilanciamento tra valori ambientali, considerazione delle ricadute di un intervento sul territorio (sostenibilità), tutela della salute e dello sviluppo economico, uno sguardo rivolto alle prossime generazioni.

Uno dei compiti più difficili che un amministratore, nazionale e locale che sia,  possa affrontare, se solo si pensi a Taranto (a poco più di cento km dalle magnifiche marine di Melendugno), città industriale con i suoi problemi di conclamato danno ambientale e sanitario causati dal Siderurgico (ex Ilva) o, in una prospettiva completamente  rovesciata,  alla Valle che collega il Comelico alla Val Pusteria, in Veneto, dove sono le comunità  a chiedere meno vincoli per la realizzazione di due cabinovie, nell’interesse dello sviluppo economico locale.

Un compito che richiederà un approccio ai problemi non ideologico, o puramente normativo (bianco v/s nero), bensì una presa in carico pragmatica, dove convergeranno valori confliggenti, e profili difficilmente misurabili, come può essere la reazione ad una scelta localizzativa da parte di una comunità locale.

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