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Applausi per Mia Martini e Pippo Augliera

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Mia Martini con Pippo Augliera

Mia Martini con Pippo Augliera

Di Maurizio Nocera

A me è capitato di fare quello che ho sempre fatto: immergermi in quel mare di libri e carte di cui è ormai colma la mia casa. Tra di esse, soprattutto tra quelle gettate alla rinfusa in un angolo dove neanche l’occhio si è andato mai a fermare in questi vent’anni e passa, trovo una vecchia agenda. Se essa è molto vecchia spesso si evita di sfogliarla un po’ per rincrescimento e un po’ anche perché si crede non ci sia più nulla di interessante. Comunque la apro su una pagina e lì, scritto a caratteri cubitali, trovo un nome e un numero di telefono: Pippo Augliera – Messina.

Pippo l’avevo conosciuto agli inizi di questo terzo millennio e con lui avevo presentato, con mio grande piacere, a Lecce (credo sia stato il 2006) ma anche in qualche altro posto che ora non ricordo più, il suo libro su Mia Martini, appunto Mia Martini. La regina senza trono (Guida, Napoli 2005). Trattandosi di un numero di telefono fisso (non c’erano ancora i telefonini), mi sono detto fammi fare uno squillo a Pippo, che sapevo avere molti meno anni di me. Era del 1957, faceva lo psicologo con specializzazione in tossicodipendenze, grande esperto di musica leggera ed era stato il costruttore del primo fans club d’Italia intitolato Chez Mimì.

Quel numero di telefono non esisteva più e tuttavia io ho ancora altri amici a Messina, per cui mi sono rivolto a loro per sapere di lui.

«Pippo è morto. È morto già nel dicembre 2014».

Silenzio. Compianto. Commozione. Le palpebre si chiudono appena e un nodo alla gola sale come un macigno.

Locandina presentazione del libro La regina senza trono
Locandina presentazione del libro La regina senza trono

Ho ripreso in mano il libro del caro Pippo. Sono andato subito alla pagina 12 dove c’è una sua foto con Mia, una Mimì giovane con i capelli tagliati al maschile, una frangetta che lambisce i folti sopraccigli neri, un sorriso che ti parla sincero e gli occhi, quegli occhi che ti guardano l’anima – Mia qui è più bella che mai – abbraccia un uomo giovane, con le labbra piegate a sorriso, il volto tirato a mitezza e gli occhi che guardano in basso, che trattengono una gioia insperata, ma tanto ricercata con amore, con passione e fedeltà.

Questo uomo è Pippo Augliera, il cercatore dell’oro vocale di Mia Martini, di quella sua splendida voce che ammalia, stupisce e che ti entra nella carne, in quegli interstizi dei sensi, sconvolgendoli nell’intreccio incredibile della ricerca della bellezza. Il canto di Mia è come il canto delle Sirene che Omero inventò nell’Odissea per far ammaliare Ulisse. E Pippo Augliera, come d’altronde tutti noi, non potevamo non rimanere ammaliati e colpiti da quella voce solare che, a disco ormai fermo (Mia è morta il 12 maggio 1995), continua a percuotere i nostri timpani come un’eco edenica. Enrico De Angelis così commentato: 

            «La voce di Mia sonda in profondità, aggiungendo quel pizzico di turbamento, quello slancio inquieto che accrescono la canzone aldilà della struttura» (p. 37 del libro citato).

Augliera amava la voce di Mia, le sue canzoni, le sue tournée, ma ha amato anche la Mia persona, riservandole nella mente lo spazio a lui più prezioso e segreto, che di solito è occupato solo dall’amica più cara.

Federico Vacalebre, che presenta il volume, scrive:

            «Queste pagine [curate da Augliera] sono un regalo d’amore, un grazie doveroso da parte di chi sa quanta fatica e quanta passione, quanta vita e quante vite possano esserci dentro una canzone» (p. 9).

È vero, Pippo aveva collazionato i testi di questo libro per Mia Martini intendendolo proprio come

            «un omaggio doveroso e affettuoso nei confronti di una tra le più amate e applaudite interpreti delle ultime generazioni» (p. 14).

Più di una volta egli ebbe occasione di incontrare la cantante. Ricorda il primo incontro del suo fans club con la cantante alla stazione di Messina, nel dicembre 1990, in occasione di un Telethon di beneficenza.

Mia Martini
Mia Martini

            «Per la prima volta – scrive riprendendo un’intervista al club Chez Mimì – le chiediamo se è vera la voce che circola sulla sua ritrosia ad accettare i fans club, visto che i due precedenti dedicati a lei hanno chiuso i battenti./ Lei, sorridendo e in maniera disarmante, risponde: “Chi l’ha detto? Non è che non sia d’accordo, anche perché questa vostra iniziativa mi fa piacere, è che non credo di meritare tutto questo”» (p. 55).

Da quel primo incontro nacque quello che poi diventò il mitico fans club Chez Mimì di Messina, che in Italia vanta un bel po’ di anzianità. Con il fans club nacquero pure le bellissime fanzine (fogli volanti dedicati al canto e alla cantante) gli incontri con gli amici e le amiche di Mia, le ricerca delle sue canzoni e degli album a lei dedicati, che sono:

            Padre davvero (45 giri); Mia (antologia Ricordi); Il meglio di Mia Martini (antologia Ddd); Mi basta solo che sia un amore (antologia Fonit); Rapsodia (antologia Fonit); Minuetto (singolo); Piccolo uomo (singolo); Donna sola (singolo); Almeno tu nell’universo (singolo); Nel mondo una cosa (album); Il giorno dopo (album); Martini mia (album); Lacrime (album); Valsinha; Signora; La mia razza; Va’ a Marechiaro; La costruzione di un amore; Stelle.

A questi vanno poi aggiunti i suoi inediti. Uno fu lo stesso Augliera a rintracciarlo. Stupendo: Fammi sentire bella, dove la voce e il calore della cantante esplodono con l’incanto di un paradiso in festa.

Il libro che ho tra le mani è molto bello sia dal punto di vista della veste tipografica sia per i contenuti, ed è un piacere sfogliarlo. Rileggendolo è come ascolto la voce della cantante nel silenzio della mente, là dove toni e note si mescolano ai ricordi. Ad attraversare tutte le pagine s’incontrano un’infinità di sorprese: tanti gli interventi e tutti sinceri, autentici, non di maniera: il già citato Federico Vacalebre (giornalista de «Il Mattino»), e poi Nantas Salvalaggio (scrittore), Ivana Zomparelli (giornalista di «Noi Donne»), Roberto Galanti (discografico), Antonella Ottolina (giornalista di «Anna»), Bruno Lauzi (cantante), Mietta (cantante), Paola Turci (cantante), Bruno Di Marino (cantante), Enzo Gragnaniello (cantante), Loretta Goggi (showgirl), Daniele Piombi (presentatore), Enzo Jannacci (cantante), Stefano Senesi (cantante), Mauro Magni (attore teatrale), Toto Torri (giornalista del «La Gazzetta», Enrico Ruggeri (compositore), Mango (cantante), Maurizio Giammarco (arrangiatore), Roberto Murolo (cantante), Nino Marchesano (giornalista), Peppe Ponti (giornalista), Gennaro Montuori (giornalista), Eva Desiderio (giornalista de «La Nazione»), Gianna e Giancarlo Bigazzi (autori di canzoni e compositori), Marco Falagiani (musicista), Marcello Accorsi (giornalista), Maurizio Fabrizio (compositore),  Giancarlo Parisi (musicista), Guido Harari (fotografo), Fernando Fratarcangeli (giornalista della rivista «Raro»),  Anna Checchi (giornalista di «Oggi»), Arrigo Cappelletti (giornalista),  Cristiano De Andrè (cantante), Dori Ghezzi (cantante), Fio Zanotti (arrangiatore musicale), Rossana Casale (cantante), Aida Cooper (cantante), Ron (cantautore), Giorgia e Michele Zerillo (cantanti), Mimmo Cavallo (compositore), Mario Rosini (pianista).

Mia Martini
Mia Martini

E non mancano altri interventi e prese di posizione come quelle di Loredana Bertè (sorella di Mia e con che canta Stiamo come stiamo al Festival di Sanremo nel 1993), Lucio Dalla, Sergio Endrigo, Mina, Ivano Fossati, Patty Pravo, Carmen Consoli, Renato Zero, Giorgia, Elisa, Domenico Modugno, Ornella Vanoni, Gino Paoli, Gino Castaldo, Renato Serio, Fabrizio Zampa, Franco Califano, Rita Forte, Lino Banfi, Totu Cotugno, Alexia, Irene Fargo, Pippo Baudo, Fabrizio De Andrè, Mogol, Maurizio Costanzo, Mara Venier, Caterina Caselli, Adriano Aragozzini, Antonio Coggio, Andrea Lo Vecchio, Shel Shapiro, Gianni Morandi, Iva Zanicchi, Marcella Bella, Renzo Arbore, Carlo Verdone, Manuel Mijares, Claudio Baglioni, Mario Lavezzi, Nek, Eugenio Bennato, Fiorello, Dario Baldan Bembo, Biagio Antonacci, Luigi Albertelli.

Come si vede si tratta di uno spaccato quasi intero del mondo della musica leggera italiana degli ultimi decenni e mi accorgo solo ora di avere riportato un elenco di nomi citati lunghissimo, ma andava ugualmente fatto per constatare la ricchezza del volume che oltre alle tante, tantissime foto, tutte belle e significative, riporta pure una lettera-testimonianza di Franco Battiato, indirizzata all’Associazione Chez Mimì, nella quale scrive: 

            «aderisco all’iniziativa proposta […] di intitolare già dalla 46° edizione del Festival di Sanremo, che si svolgerà nel Febbraio ‘96, il Premio della Critica a Mia Martini» (p. 202).

Obiettivo ovviamente raggiunto. ed ora anche se rischio di sembrare assai pedante, non posso non citare ancora le collaborazioni che Mia ha avuto negli anni di impegno canoro. E mi limito a Charles Aznavour all’Olympia di Parigi nel 1978; a Sergio Endrigo, Ivano Fossati, Mimmo Cavallo, Claudio Baglioni, e poi Enzo Gragnaniello e Roberto Murolo che la chiamava Piccerè. Con Murolo Mia ha cantato uno dei capolavori napoletani: Cu’ mmè.

Tutto questo lavoro, ben raccordato nel volume, fu raccolto da Pippo Augliera attraverso i resoconti dell’attività diretta del suo fans club Chez Mimì di Messina, ma anche ripercorrendo su e giù l’Italia, come ha dovuto egli dovette fare per rintracciare amici e amiche della cantante. Un lavoro quindi non indifferente, il cui risultato però dà la gioia di avere tra le mani un libro che farà storia. È sicuro che Mia Martini, seduta sulla più alta nube del cielo, non poteva non rimanere soddisfatta di quanto era riuscito a fare Pippo.

Tutti sanno che la vita di Mia non fu una passeggiata a cuor leggero, e non poche furono le amarezze che soffrì. Già sappiamo di Luigi Tengo e a tal proposito non aggiungiamo nulla di più. Ma una cosa è sicura: la grandezza di Mia Martini era ed è talmente stigmatizzata che il suo posto nella storia della musica leggera di tutti i tempi ce l’ha già, e questo lo si deve anche al bel libro di Pippo Augliera. 

Nel 1990, Mia Martini rilasciò un’intervista a Carlo Assirelli per il fans club Chez Mimì di Messina, nella quale è possibile sentire la forza e l’amore che la cantante aveva per la vita. È una nota nella quale è possibile sentire anche un senso di dolore, quello provocato spesso dalla spietatezza della discriminazione dovuta all’ignoranza. Mia però, da candido angelo dalle bianche ali, dimostra anche qui di saper sopportare l’abuso e l’affronto e il dileggio e, come madonna piegata sul colle del Golgota, parla (canta) con la sua voce che sempre incanta:

            «Nel ‘69 sono stata in carcere per una questione di hashish che mi hanno trovato e che non ho fumato, allora la droga era una parola che faceva molta paura: non c’era una distinzione fra detenzione e spaccio, quindi la cosa è stata abbastanza pesante, sono stata dentro per quattro mesi: Beh, è stata un’esperienza importantissima, intanto per i rapporti umani. Io ho conosciuto in carcere un sacerdote, Don Fresi, una persona meravigliosa che mi ha aiutato ad avere un rapporto con Dio, che non avevo prima e l’ho mantenuto dentro di me. Mi ha fatto scoprire anche il valore della libertà e delle cose che abbiamo.

Qualche anno fa ho tradotto un brano di Joni Mitchell, Big yellow taxi, che diceva proprio che la gente guarda e parla ma non vede e non sente e si accorge delle cose che ha soltanto quando le ha perdute. Ecco, io tutto questo l’ho scoperto in carcere, cioè mi sono accorta, mi sono resa conto che ero ricchissima e non lo sapevo, che potevo guardare gli alberi, il cielo, respirare l’aria, sorridere, parlare con la gente, piangere, ridere, bagnarmi sotto la pioggia, tutte cose che non capivo e apprezzavo perché le avevo a portata di mano. Quando sono uscita dal carcere, mi ricordo sono andata ad aspettare la nave che mi portasse a Civitavecchia, sono entrata in un bar e ho preso un cappuccino. Questa era già una cosa pazzesca […] sono uscita, c’era un diluvio pazzesco, ho bevuto questo cappuccino in mezzo alla strada, sotto la pioggia, guardando per mezzora tutta la gente che passava. Credo che sia stato il momento più intenso e più importante della mia vita…» (pp. 46-47 del libro citato).

Maurizio Nocera

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