IL PENSIERO MEDITERRANEO

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Gli otto splendidi Arazzi Fiamminghi di Marsala

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di Giovanni Teresi

Gli Arazzi fiamminghi di Marsala, di valore e rilevanza mondiale, rappresentano una delle meraviglie della Sicilia.

Secondo una leggenda la regina d’Inghilterra Maria I Tudor (siamo nel XVI secolo), figlia di Enrico VIII, scampata ad una tempesta, sarebbe approdata al porto di Marsala dove fu ospitata dal vescovo Antonio Lombardo. In seguito ella, sposando Filippo II, divenne regina di Spagna, regno a cui tutte le città siciliane erano obbligate a versare un tributo.

Mons. Antonio Lombardo, vescovo di Marsala, un giorno salpò per la penisola iberica chiedendo alla regina l’esenzione fiscale, esenzione che riuscì a ottenere. Tornato a Marsala con i favolosi arazzi regalati dalla regina, prima di morire, il 10 luglio 1589  li volle donare alla Chiesa Madre di Marsala, ponendo le condizioni che “in perpetuum” non venissero né venduti, né da lì trasferiti.

Gli otto arazzi costituiscono un’opera unitaria sia negli aspetti stilistico-compositivi, che mirano a conferire il massimo di intensità espressiva ai gesti, agli atteggiamenti, ai tratti e ai movimenti delle figure, sia per lo sviluppo dei contenuti, in quanto essi raccontano episodi e momenti della guerra giudaica, conclusasi nel 70 d.C. con la distruzione del Tempio e la conquista di Gerusalemme da parte dei Romani.

Eseguiti con fili di lana e seta (dai colori rosso, verde, giallo, blu), ad ordito verticale di lana, su una tramatura di lana e seta, ognuno reca un bordo inferiore la sigla B.B., riferibile alla città di origine, Bruxelles, e alla regione Brabant, e lungo il bordo verticale le iniziali C e T sovrapposte, che si ritiene appartengono all’arazziere belga Cornelius T’seraets. Questi utilizzò dei cartoni eseguiti da Pieter Kempencer, meglio conosciuto come Pietro Campana.

Non privi di ispirazione raffaellesche (nella intensità espressiva di alcuni personaggi) e di alcune inflessioni michelangiolesche (nella monumentalità fisica delle figure), le scene colpiscono per la vivacità dei colori, le inquadrature prospettiche, la cura scrupolosa del particolare e l’analisi attenta del paesaggio, di derivazione fiamminga.

La resa vitale dei personaggi, la padronanza tecnica e l’esecuzione perfetta, fanno di questi arazzi degni esemplari della arazzeria fiamminga del XVI secolo, delle opere di notevole valore artistico e storico.

I temi sono certamente desunti dall’opera di Giuseppe Flavio, lo scrittore-condottiero degli Ebrei che aveva partecipato alla guerra giudaica, di cui lasciò il racconto nell’opera omonima. Mentre alcuni studiosi hanno voluto cogliere negli episodi raffigurati, oltre il contenuto storico, anche dei significati allegorici riconducibili alle lotte dei sovrani spagnoli contro i protestanti dei Pesi Bassi, fiamminghi e germanici, riuniti nella Lega di Smalcalda (1531 – 1570).

I Arazzo (cm 259 x 348)

Cattura di Giuseppe Flavio. Sulla destra, in primo piano, Giuseppe viene condotto fuori da una grotta, il cui ingresso è semicoperto con fronde, dai tribuni Paolino e Galicano, che lo sorreggono per le braccia, affiancati da un altro messo di Vespasiano, Nicanore. A sinistra, una successione di paini prospettici: Giuseppe tra i soldati mentre viene condotto all’accampamento di Vespasiano, che nell’arazzo è visibile sullo sfondo a sinistra, prima del paesaggio

I Arazzo

II Arazzo (cm 392 x 347)

Agrippa, re di Tiberiade, tra donne e bambini, supplice da Vespasiano. I Tiberesi sono inginocchiati in segno di sottomissione, mentre Vespasiano, davanti alla sua tenda, tiene il pugno in alto, in atteggiamento minaccioso. Sullo sfondo, a destra, l’episodio del saccheggio contro i soldati romani e, in prossimità della cittadella fortificata di Tiberiade, i ladri col bottino.

II Arazzo

III Arazzo (cm 322 x 342)

Al centro dell’arazzo, seduto sotto il baldacchino improvvisato, in aperta campagna, Vespasiano è incoronato imperatore da dignitari e nobili. La spada e il globo che gli vengono offerti simboleggiano gli auspici del potere imperiale su tutto il dominio romano. A sinistra dell’imperatore è ripresa una scena movimentata di soldati che intendono costringere Vespasiano ad accettare l’investitura, che egli respinge. Un notabile cerca di placare i soldati. Alla destra, in secondo piano, un gruppo di guerrieri soddisfatti. Ai piedi di Vespasiano un cane, simbolo della fedeltà dell’esercito. A sinistra, in basso, una figura femminile seduta lo indica a Vespasiano: forse è Berenice

III Arazzo

IV Arazzo (cm 322 x 342)

Il Governatore della Siria, C. Licino Muciano, in ginocchio davanti a Vespasiano, in segno di umiltà, sudditanza e obbedienza. L’imperatore è a destra in piedi, tra i suoi soldati. Sullo sfondo a destra, la fortezza di Muciano.

IV Arazzo

V Arazzo (cm 354 x 348)

Vespasiano assiste alla liberazione di Giuseppe Flavio. Al centro dell’arazzo, al prigioniero vengono spezzate le catene. Si notano forzieri con doni e monete d’oro che Vespasiano dona a Giuseppe. Forse anche per ricambiare il presagio augurale della sua elezione ad imperatore.

V Arazzo

VI Arazzo ( cm 457 x 351)

L’ebreo Gionata uccide il soldato romano Pudente e a sua volta è trafitto da una freccia lanciatagli da Prisco. Spiccano, al centro, armi e soldati uccisi. Ai lati, guerrieri in movimento si susseguono fin sullo sfondo. A destra s’intravede una battaglia navale.

VI Arazzo

VII Arazzo ( cm 543 x 348)

Tito riceve gli oggetti sacri richiesti a Gesù di Thebuthi per salvargli la vita. È presente anche Finea, il tesoriere del tempio, che gli consegna il tesoro.

VII Arazzo

VIII Arazzo (cm 256 x 352)

In aperta campagna, Tito celebra il sacrificio per la vittoria. Vicino all’ara accesa sono Tito (a sinistra) e un sacerdote giudeo (a destra), con il libro sacro aperto. In primo piano, a a terra ,elmi, anfore, vasi, armi e oggetti vari. Inginocchiata davanti all’altare, si nota una figura femminile con una coppa d’oro in mano.

VIII Arazzo

Gli arazzi nel corso del tempo si deteriorarono parzialmente, in particolare durante la seconda guerra mondiale, quando la città subì varie distruzioni nel corso di un violento bombardamento. Nel 1960 si provvide a restaurarli. Venne affidato ad un provetto arazziere fiorentino l’incarico di redigere una relazione tecnica sullo stato di conservazione degli arazzi, grazie al quale hanno recuperato l’originale bellezza e l’intero vigore espressivo delle immagini.

Nel 1970 la Regione avviò una complessa opera di restauro e dalla prima metà degli anni ’80 le tele vennero ospitate in una sede provvisoria.

Giacomo Mirto, coordinatore del restauro, ha spiegato il tipo di tecnica impiegata per consolidare i numerosi stacchi presenti nella trama, mentre l’ordito si presenta in condizioni solide.

Al momento gli arazzi si trovano nella bella cornice dell’Oratorio dei Bianchi di Palermo per il restauro.  Una volta restaurati gli arazzi saranno esposti nell’area absidale della Chiesa del Collegio, edificio che dipende dalla Chiesa madre. Perché, come ha ricordato il vescovo di Mazara del Vallo Domenico Mogavero, gli arazzi non possono lasciare la Matrice, pena la loro assegnazione alla diocesi mazarese.

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