IL PENSIERO MEDITERRANEO

Incontri di Culture sulle sponde del mediterraneo – Rivista Culturale online

“Il diario di una bambina che viaggiò nello spazio”, un racconto di Vincenzo Fiaschitello

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Bambina che viaggia nello spazio

Bambina che viaggia nello spazio

Una mattina di primavera del 2005, lungo i viali dei giardini di Lussemburgo a Parigi, un’anziana ed elegante signora passeggiava con la sua nipotina di circa tredici anni.

La signora si chiamava Olga Lukinova: aveva un’aria allegra, giovanile ed era particolarmente loquace.

-“Mia cara Michèlle, diceva, io avevo esattamente la tua età quando cominciai a scrivere il mio diario segreto. Vi annotavo tutti i miei pensieri, le impressioni e le emozioni che provavo quando incontravo persone nuove, quando visitavo luoghi incantevoli. Ricordo una data che non potrò mai dimenticare: 18 marzo 1957”.

-“Oh, nonna, perché è così importante per te quel giorno?”

-“Quel giorno ricevetti il regalo che avevo da lungo tempo desiderato: una cagnetta bianca grigia e ricciolina. Sul mio diario annotai tutto ciò che riuscii a sapere delle sue origini. Secondo il veterinario, aveva circa due anni e doveva essere arrivata a Mosca da un territorio della lontana Siberia. L’accalappiacani l’aveva catturata tra le viuzze della città, mentre vagava con un branco di cani randagi. Era forte, sana e di bello aspetto, per questo mio padre la scelse fra decine di cani, nel canile della città, prima che la facessero morire, proprio per regalarmela. Il nome Luna che le affibbiai le andava proprio a pennello e, come poi andarono le cose, mi accorsi che fu più di un misterioso presagio”.

-“Nonna, mi hai davvero interessata, mi piacerebbe leggere il tuo diario!”

-“Purtroppo non ce l’ho più. L’ho smarrito quando abbiamo lasciato Mosca per raggiungere Parigi. Fu una partenza alquanto improvvisa, tanto che non potei recarmi in soffitta dove giacevano molte cose della mia infanzia e adolescenza: giocattoli, oggetti vari, quaderni, libri. Forse il diario è rimasto entro una delle cassapanche chiuse là dentro”.

-“Che peccato, nonna! Ma non c’è nessuna possibilità di recuperarlo?”

-“Oh, sì certo. Se questa estate, come spero, tornerò a Mosca per sistemare le questioni di eredità e vendere la casa, tu potrai venire in vacanza con me e insieme cercheremo in soffitta il diario”.

-“Bonjour, madame”, dice un piccolo uomo appoggiato al tronco di un grosso albero. “Sono certo che mademoiselle avrà la fortuna di leggere il suo diario”!

-“Merci”, dice Olga e lascia cadere con un sorriso una moneta entro il cappello dell’uomo.

Poi, rivolgendosi a Michélle: ”E’ il gobbetto che di solito sta ai piedi della scalinata del Sacro Cuore, sempre attorniato da decine di passeri che, senza alcun timore, gli saltano in testa, sulle spalle, e prendono il cibo dalle sue mani. Speriamo che il suo augurio si avveri”.

La primavera non tardò molto a lasciare il posto ai primi caldi dell’estate. Le rondini non avevano più bisogno di volare basso come facevano quando l’aria era ancora umida nei primi giorni del loro arrivo e asciugavano le ali al sole dopo qualche leggera pioggia. Ora il sole chiamava a sé le rondini che volavano alto nell’azzurro terso del cielo.

Venne, dunque, il giorno tanto atteso della partenza. Della Russia, Michèlle conosceva solamente quel poco che i nonni raccontavano quando venivano a trovarla a casa. I suoi genitori erano nati a Parigi e non avevano mai visitato la Russia. Michèlle, a ragione, si riteneva molto fortunata, anche perché avvertiva l’importanza di una missione speciale: ritrovare il diario della nonna.

A Mosca la signora Olga venne festeggiata dalle amiche di un tempo che fecero a gara nell’invitarla a prendere il tè, complimentandosi per la bella e simpatica nipote. Questa, non conoscendo la lingua, sorrideva e sottovoce domandava alla nonna il significato di quel che si diceva di lei.

La sorella della nonna, la signora Nora, donna colta e intelligente, accolse gli ospiti con grande gioia. La solitudine in cui viveva in quella grande casa della antica famiglia non la spaventava più come nei primi anni, dopo la morte del padre e la partenza della madre e della sorella minore. Dopo pochi mesi, rimasta vedova, non si era più risposata e non aveva voluto lasciare quella casa, alla quale tanti eventi della giovinezza la legavano. Ora, più anziana di dieci anni della sorella, diceva che era arrivato il momento di venderla e trasferirsi presso una casa di riposo.

Quella mattina, dunque, il notaio le attendeva nel suo studio. Michèlle non se l’era sentita di alzarsi presto e aveva pregato la nonna di lasciarla a casa. Quando le due donne uscirono, la ragazza si crogiolava ancora tra le lenzuola. Ad un tratto un pensiero, come un lampo, le balenò nella mente: perché non cercare subito il diario della nonna?

Ancora in pigiama si avviò verso la cantina, salendo una rampa di scale, decisa a scovare il diario. L’impresa non era semplice perché quello stanzone con le travi di legno di quercia a vista, era stato abbandonato da anni. Vecchi mobili dappertutto, vecchi lampadari, seggiole rotte, tavoli ricoperti di polvere, ragnatele ovunque. Michèlle restò sgomenta in mezzo a tutta quella confusione, poi si ricordò che la nonna le aveva detto che molte cose personali erano racchiuse dentro le cassapanche. Ce ne erano due e fortunatamente senza serrature. Aperta con emozione la prima, vide che conteneva del vestiario: gonne, camicette, un cappotto, una pelliccia, sciarpe, guanti e anche un paio di scarpe da ballerina. Nella seconda trovò libri scolastici, vecchi quaderni, astucci, una cartella di cartone, come un tempo usavano portare gli scolari delle prime classi, e una busta rossa fermata da un grosso elastico con la fibbia.

La aprì e intuì di avere in mano quello che cercava con tanta ansia e curiosità: il diario.

Era un quaderno con la copertina nera e con i bordi rossi. Su una etichetta bianca incollata c’era scritto in caratteri cirillici eleganti: дневний секрет ольги (1).

All’arrivo delle due donne, corse verso la nonna e, abbracciandola, le mostrò il quaderno che aveva trovato.

-“Che emozione averlo dinanzi agli occhi. Sì, è proprio questo,

  • Diario segreto di Olga

 diceva la nonna, mentre con delicatezza lo sfogliava, sbirciando qualche riga. Bene, lo leggeremo insieme questa sera!”

15 marzo 1957

Caro diario, oggi comincio a scriverti e ti voglio subito confidare che sono molto felice, perché il babbo ha finalmente deciso di regalarmi un cane. Scusami, non è un cucciolo, ma è una cagnetta già abbastanza cresciuta e me la porterà dopodomani. Ho già in mente come chiamarla, te lo dirò quando ti farò annusare dalla mia cagnetta.

16 marzo 1957

Caro diario, sto sulle spine. Domani conosceremo la cagnetta. Il babbo questa sera mi ha raccontato qualcosa della sua vita. L’accalappiacani che l’ha catturata ha dovuto provare per ben tre giorni. L’aveva notata perché molto agile, forte e coraggiosa. Sapeva difendere i cani del suo branco quando venivano attaccati da altri branchi, tra le viuzze della città vecchia. Non arretrava neanche dinanzi a cani molto più grossi e aggressivi. Ora, tu sai che il babbo lavora per un progetto molto importante presso il cosmodromo. Lì hanno bisogno di alcuni cani per i loro esperimenti. Per questo, papà è andato direttamente al canile per fare una scelta e subito non ha esitato a prendere la cagnetta che mi porterà. Mi ha spiegato che la mattina la cagnetta andrà con lui e poi la sera la riporterà. Ha detto che ha bisogno di un grande affetto per poter superare lo stress delle prove di addestramento. E io sono sicura di darglielo in abbondanza. Non mi ha voluto riferire altri particolari perché si tratta di esperimenti segreti, ma a me interessa soltanto che la cagnetta stia a casa con me e che diventiamo amiche.

18 marzo 1957

Caro diario, è qui con me finalmente. L’ho chiamata Luna, non puoi immaginare com’è bella e buona. Peccato che tu non possa vederla! Ora, però, lei ti sta annusando. Credo che anche tu senta il suo odore e in qualche modo potrai riconoscerla quando è qui nella stanza. Dormirà nella cuccia che le ho preparato ai piedi del mio letto. Il babbo ha detto che il veterinario che l’ha visitata l’ha trovata sana e di buona indole; ha una età di circa due anni e appartiene a una razza siberiana. Non vedo l’ora di farle una fotografia e attaccarla su di te. Così stringerete ancora di più il legame di amicizia. Per tutto il giorno mi è venuta dietro senza bisogno che io la chiamassi. Si vede che le sono simpatica e che si fida di me. Ora, mentre scrivo, la tengo in braccio e …oh, mi ha fatto fare uno scarabocchio. Scusami, caro diario, ma non immagini come stasera sia felice. Le ho preparato la cuccia: ho messo una coperta, un cuscino e un mio vecchio pupazzo.

19 marzo 1957

Caro diario, stamane mi ha svegliata Luna. Ho sentito il peso del suo corpo sopra i miei piedi. Immagino che voglia mangiare e dunque ti lascio per prepararle la colazione, perché tra poco andrà via con il mio babbo. A più tardi. Ciao.

Eccomi di nuovo, caro diario. Sono appena tornata da scuola e il mio primo pensiero è per Luna. Quando tornerà, dovrà trovare il suo angolo ben curato. Mi pare che questo tappeto le farà comodo perché è abbastanza soffice e poi ho aggiunto altri giocattoli di legno e una palla di gomma.

-“Ecco, dice Olga, andiamo più avanti. Leggiamo le pagine più vicine al grande evento!”

27 agosto 1957

Caro diario, oggi ho visto Luna molto stanca, senza voglia di giocare. Ho domandato al babbo se avessero cambiato il tipo di addestramento. E lui mi ha confermato che la cagnetta ha iniziato a provare come si vive senza la forza di gravità.  Finalmente mi ha messo al corrente di quel che sta succedendo nei laboratori del cosmodromo. Insomma credo di aver capito che Luna dovrà essere lanciata nello spazio. Dapprima mi sono spaventata, ma poi l’idea che la mia cagnetta sarebbe stata il primo essere vivente a compiere una impresa del genere, mi ha lusingata. Anche il babbo ha detto che Luna sarà dichiarata una eroina. Ma c’è pericolo? Come farà a ritornare sulla terra? Il babbo mi ha rassicurata, dicendomi che hanno previsto tutto.

18 ottobre 1957

Caro diario, Luna è da parecchi giorni tranquilla e vispa, segno che ha superato lo stress delle prime prove. Ora è tenera e dolce con il cucciolo della signora che abita accanto a noi. Quando lo vede dimostra una grande gioia, lo odora, lo sospinge con il muso, scodinzola senza sosta: si vede che ha un vivo senso della maternità. Durante la passeggiata se avvista un grosso cane, fa l’altezzosa, non lo guarda neppure, anche se quello abbaia furiosamente e digrigna i denti.

-“Bene, dice Olga, credo che possiamo saltare queste pagine e andare più avanti. Ecco il giorno del grande evento di cui ti dicevo”.

3 novembre 1957

Caro diario, sono molto emozionata. Da tre giorni Luna non è venuta a casa, ha dormito nei locali del cosmodromo per gli ultimi importanti preparativi della partenza che avverrà nel pomeriggio. Il babbo stamane mi porta con lui a salutare Luna. Stasera ti racconterò tutto.

Eccomi, caro diario, non faccio altro che guardare il cielo stellato nella speranza di scorgere anche il brillìo della piccola capsula, dove è chiusa la mia cagnetta. Non puoi immaginare la festa che mi ha fatto quando sono arrivata. Siamo stati insieme abbracciati per pochi minuti, poi ho dovuto separarmi da lei. L’hanno sistemata entro una capsula, una specie di tubo di ferro, piuttosto stretto, ben allacciata per evitare movimenti pericolosi e ricoperta di dischetti e di fili. Le sussurrai all’orecchio: coraggio, ti aspetto presto per raccontarmi le cose meravigliose che vedrai. Prima che chiudessero la capsula, mi guardò con occhi umidi e teneri. La salutai con la mano e, avvicinandomi al babbo, dissi: “Ti prego, papà, promettimi che tornerà!”

4 novembre 1957

Caro diario, aspetto!

-5 novembre 1957

Caro diario, aspetto!

6 novembre 1957

Caro diario, aspetto!

7 novembre 1957

Caro diario, papà è venuto in camera mia questa sera a darmi la buonanotte e mi ha stretto forte la mano. “Sì, lo so papà, ho detto, Luna non tornerà più, ho sentito le notizie alla radio. Non dirmi nulla. So che hai fatto tutto il possibile insieme con i tuoi amici. Ora ti prego, lasciami sola!”

8 novembre 1957

Caro diario, voglio raccontarti il sogno che ho fatto la notte scorsa.

Mi trovavo in volo nello spazio dentro una capsula proprio come quella dove era stata chiusa Luna, quando a un tratto, alla velocità della luce, una astronave mi ha attratto e inghiottita dentro di sé. Ho visto le stelle fuggire a una velocità impressionante e poco dopo ho intuito che l’astronave si era fermata. Esseri del tutto simili a noi, delicatamente mi hanno tirata fuori della capsula e ho sentito che uno di loro mi diceva: “Vedo che stai bene, hai avuto fortuna! La cagnetta che abbiamo recuperata qualche giorno fa, invece, è morta!

Piansi. Non potevo trattenere le lacrime e quell’essere continuava a guardarmi sorpreso. Quando mi calmai, mi accorsi di trovarmi in un luogo molto simile alla terra: c’era la luce del sole, una ricca vegetazione attorno con piante e fiori che non avevo mai visto così belli e un’aria fresca e piacevole. Respiravo liberamente. Si erano avvicinati, nel frattempo, altri esseri e ognuno mi guardava con interesse. Tutti avevano al polso una specie di strano orologio. Capii che era quello strumento prodigioso che ci consentiva di comprenderci. “E’ un traduttore automatico, mi disse, il primo astronauta, noi parliamo la nostra lingua e tu la tua e immediatamente traduce con la massima precisione. Prima di tornare sulla terra, dobbiamo portarti dinanzi al nostro Governatore”.

Questi mi fece molte domande sul nostro modo di vivere e dopo aver ascoltato attentamente le mie risposte, iniziò a parlare.

– ”E’ proprio quel che pensavo, voi siete molto arretrati: avete bisogno ancora di punizioni, di prigioni, parlate di bene e di male, parlate di coscienza, di rimorsi, di sentimenti. Noi non abbiamo più queste cose da oltre un millennio; la nostra gente non ne ha bisogno, non piange, né ride, non soffre, non muore: voi odorate di terra e di morte! Tutti lavorano e con il lavoro ciascuno dimostra la sua genialità. Tutto dipende da noi, non abbiamo da esprimere preghiere o richieste speciali, non abbiamo nulla che assomigli a quella che voi chiamate religione. La nostra vita scorre senza intoppi. Il nostro piccolo pianeta è diviso in quattro parti, alle quali si accede attraverso quattro porte: la porta della Giovinezza, la porta della Saggezza, la porta della Vecchiaia, la porta della Rinascita.

I giovani, divenuti adulti, attraversano la porta della Saggezza e svolgono con impegno il lavoro che preferiscono.

Divenuti vecchi, godono il riposo della loro vita, attraversando la porta della Vecchiaia. E dopo un lungo periodo, ciascuno attraversa la porta della Rinascita per vivere una nuova vita. Qui una speciale macchina sterilizza le loro anime e li rende idonei a vivere, atrofizzando desideri, sentimenti. Nessuno subirà sofferenze, malattie, né la morte”.

Restai senza fiato a udire come tutta la gente di quel pianeta si conformasse a quell’unico modo di vivere.

Fui affidata a una giovane donna che vestiva come gli altri astronauti che già conoscevo, in attesa della partenza. Mi condusse nella sua casa e lì parlammo a lungo.

– “Il Governatore me lo ripete spesso che forse io sono la milionesima!

– “Che cosa intende dire?”

– “Vuol dire che forse alla mia rinascita la macchina della sterilizzazione non ha funzionato bene. Succede una volta ogni milione di volte che viene adoperata. E dice che mi è rimasta qualcosa della vecchia natura. A me, infatti, piace sognare, nutrire simpatia e affetto, come mi sta accadendo con te. Mi piacciono i colori, i fiori. Amo essere gentile, ma non nascondo anche la mia ira verso tutti coloro che mi circondano e che agiscono come se fossero automi, senza sentimenti. Io mi indigno, mi pento se riconosco di non aver agito secondo la mia idea di giustizia. Insomma credo di avere una coscienza, che mi dice ciò che è bene e ciò che è male. Credo perciò di essere più simile a te che alla mia gente”.

– “Perché non vieni con me, allora?”

– “No, non posso. Il mio posto è qui. Non perdo la speranza: un giorno, forse, con l’aiuto di altri milionesimi, potrò rendere liberi tutti gli abitanti di questo piccolo pianeta”.

– “Intendi dire che accettereste di essere come noi, persone che fanno il bene e il male, che sbagliano, che amano, che hanno rimorsi, che coltivano i ricordi, che accettano il soffrire, il morire?”

– “Sì, proprio così! Credimi, è molto meglio essere liberi!”

Caro diario, quando mi svegliai, mi accorsi che il cuscino era bagnato, piangevo veramente. Ora accettavo la morte di Luna. Pensavo che tutto ha un senso: errori, pentimenti, successi, fallimenti, la fine stessa della vita, lunga o breve che sia.

Così sia la nostra preghiera al Padre: infondi a noi, o Signore, amore e coraggio e non lasciare ognuno solo con se stesso!

Vincenzo Fiaschitello

Nato a Scicli nel1940. Laurea in Materie Letterarie presso l’Università di Roma (1966) e Abilitazione all’insegnamento di Filosofia e Storia nei licei classici e scientifici; pedagogia, filosofia e psicologia negli istituti magistrali (1966). Docente di ruolo di Filosofia e Storia nei licei statali e Incaricato alle esercitazioni presso la cattedra di Storia della Scuola alla Facoltà di Magistero Università di Roma dall’anno accademico 1965/66 al 1973/74. Direttore didattico dal 1974, preside e dirigente scolastico fino al 2006. Docente nei Corsi Biennali post-universitari. Membro di commissioni in concorsi indetti dal Ministero P.I.

E’ autore di vari saggi sulla scuola, di opere di poesia e di narrativa.

Attualmente è redattore della Rivista culturale telematica “Il Pensiero Mediterraneo” (Redazione di Roma).

Il Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro, su proposta della Presidenza del Consiglio dei Ministri, lo ha insignito della onorificenza di Commendatore Ordine al merito della Repubblica Italiana (1997).

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