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Il Fiorino d’oro di Firenze: da moneta della “Wall Street del Medioevo” a massimo riconoscimento di gratitudine per le personalità che hanno contribuito alla sua operosità

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fiorino d'oro

di Elena Tempestini

Nel 1252, Firenze era in grande espansione. Da poco meno di 40 mila cittadini si era passati a più di 100 mila. Ogni giorno la città diveniva luogo tra i più importanti e influenti del mondo conosciuto: una potenza economica e commerciale in ambito europeo.

La Firenze medioevale aveva assolutamente bisogno di una moneta che la rappresentasse.

Presso la Zecca fiorentina nacque il Fiorino d’oro. La Zecca era situata vicino alla Torre della Vacca, successiva base per la costruzione della Torre di Arnolfo del Palazzo Della Signoria, sulle rive dell’allora torrente Scheraggio che proprio di lì transitava e dal quale veniva prelevata l’acqua per far funzionare i potenti “magli” che servivano a battere moneta. I mercanti, portavano i metalli, in maggioranza argento, per trasformarli in moneta corrente.

La Zecca era vicino anche alla chiesa di San Pier Scheraggio la quale non era importante solo per le funzioni religiose, ma per le riunioni dei Consigli del Comune di Firenze che vi si tenevano all’interno prima della costruzione del Palazzo dei Priori, poi Palazzo della Signoria infine divenuto “Palazzo Vecchio”.

San Pier in Scheraggio, studio di Fabio Borbottoni (riproduzione vietata)

Il Fiorino d’oro nacque quale espressione di una città e di un contado che stavano vivendo, alla metà del duecento, una prodigiosa espansione commerciale: banchieri e mercanti avevano creato un flusso ingente di scambi, rapporti e affari con città quali Napoli, Genova e Venezia, e stati quali Francia, Inghilterra, Spagna e le Fiandre. Inoltre, pur senza essere marinai di lungo corso come veneziani e genovesi i fiorentini si spinsero, a più riprese, fino a regioni lontane come la Turchia, il Mar Nero e l’Africa settentrionale dalla quale proveniva l’oro. Dalla Tunisia e dal Marocco, ricevevano come pagamento delle merci cospicue quantità d’oro in polvere, chiamato “oro di pagliola” perché proveniente dai fiumi auriferi del Senegal.

di Fabio Borbottoni

La città non era solo un grande centro culturale, commerciale e manifatturiero delle più pregiate lane e stoffe, ma anche la principale piazza finanziaria del tempo: Firenze stava divenendo “la Wall Street del Medioevo”.

Il fiorino aveva su un lato raffigurato il giglio fiorentino e la scritta “Flo-Rentia” e dall’altro l’effige di San Giovanni Battista, patrono della città con la scritta “S–Ihoannes”. La moneta era in oro puro 24 Kt e del peso di 3,536 grammi. Il processo produttivo del fiorino si svolgeva con la preparazione dei conii e la loro incisione, seguiva la fusione dell’oro e la realizzazione dei “fedoni”, e per ultimo la coniatura della moneta.

Fiorino, il Giglio e San Giovanni patrono di Firenze

Potremmo chiederci a questo punto se ci fossero a quei tempi dei “malandrini” che falsificavano le monete. Ed è a questa domanda che nasce il detto “San Giovanni non vuole inganni”.

Sulla moneta del Fiorino da una parte, vi era l’immagine del Giglio a garanzia di autenticità fiorentina e, dall’altra, la figura del Santo che rendeva difficile ogni falsificazione. Il santo era anche ammonimento per un atto vergognoso e un grave reato condannabile dalla legge, in aggiunta, essendo la Zecca sotto il patronato dell’Arte di Calimala, vi era un membro incaricato di sorvegliare attentamente la produzione.

La falsificazione era chiamata reato “dell’adulterazione” e combattuto dal Comune di Firenze con leggi severe quali il taglio della mano e il rogo.

Subì questa sorte, nel 1281, anche mastro Adamo da Brescia, abile orafo reso celebre da Dante Alighieri che lo collocò nell’Inferno della “Divina Commedia” (Inferno, Canto XXX) per aver falsificato i fiorini abbassandone il titolo da 24 carati a 21 carati, praticamente togliendo tre grammi di oro che Il Sommo Poeta così ricorda: “ “e m’indussero a batter li fiorini / ch’avevan tre carati di mondiglia”. Mastro Adamo e i suoi committenti, che erano i conti Guidi di Romena, avrebbero guadagnato, nel cambio, un fiorino ogni otto monete senza alterare l’aspetto stesso dei fiorini . Tornato a Firenze, mastro Adamo venne scoperto mentre tentava di spendere alcune monete false e, imprigionato dalle autorità cittadine, in seguito venne processato e giustiziato.

Mastro Adamo nella bolgia dei falsari (Inferno, Canto XXX)

Se il Fiorino accresceva il prestigio commerciale della città di Firenze, la consolidazione del potere della famiglia Medici, ne decretava la sua “estinzione”.

Nel 1531, dopo un lungo periodo di signoria “de facto” e ricevendo dall’imperatore Carlo V la definitiva investitura di duchi e, in seguito, granduchi di Toscana la famiglia Medici iniziò a pensare di coniare diversamente. La monetazione fiorentina ebbe lo scudo d’oro, del peso di 3,4 grammi per un titolo di 22 carati e mezzo, coniato sul modello dell’ ”écu d’or au soleil” francese. Passarono anni e nonostante tutto il fiorino di Firenze sopravvisse restando in circolazione in Italia e nel resto d’Europa per molti decenni.

Nel 1595, il granduca Ferdinando I de Medici fece coniare una nuova moneta, il “ducato gigliato” che, dal punto di vista iconografico, richiamava il glorioso fiorino repubblicano ma che, purtroppo, non ebbe altrettanta fortuna e mutò in seguito il proprio nome in “zecchino gigliato”.

C’è sempre tanta storia, cronaca e racconti orali dietro la quotidianità di una città, dei suoi abitanti e delle trasformazioni che il tempo impone, ma è sempre stato uso e costume dei fiorentini donare, regalare un Fiorino. Nel tempo è divenuto un atto di buon auspicio in occasione di una nascita, di un Battesimo o dell’inizio di un percorso lavorativo: un Fiorino per i momenti importanti della vita.

fiorino d’oro

Per questo motivo il Fiorino è simbolo della città, è un dono prezioso di appartenenza ed è ancora oggi il massimo riconoscimento che la Città di Firenze attribuisce alle personalità che si sono distinte durante l’anno attraverso la loro opera. Persone che hanno dato lustro alla città, alle istituzioni alla comunità nazionale e internazionale. Donne e uomini, servitori dello Stato e imprenditori, intellettuali e artigiani. Coloro che hanno saputo e voluto divenire le eccellenze dei diversi volti della città, coloro che fanno di Firenze il continuo di una gloriosa realtà unica al mondo.

Il Fiorino d’oro 2022 sarà consegnato venerdì 23 giugno alle 18.30 presso il Forte del Belvedere.

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