IL PENSIERO MEDITERRANEO

Incontri di Culture sulle sponde del mediterraneo – Rivista Culturale online

IL PROTESTANTESIMO Da IL MEDIOEVO – Eliano Bellanova

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Protestantesimo

Protestantesimo

Martin Lutero, docente presso l’Università di Wittenberg, nell’ottobre 1517 pubblica le famose 95 tesi che condannano le indulgenze.

Due anni dopo, nel 1519, Zwingli inizia le predicazioni contro le indulgenze.

Nel 1520 Lutero scrive “Sul popolo di Roma”, “Alla nobiltà della nazione tedesca”, “La libertà del cristiano”.

La bolla “Exurge Domine”, del 1520, lo obbliga a ritrattare i suoi postulati filosofico-teologici.

Lutero subisce l’onta della scomunica il 3 gennaio 1521, mentre il 26 maggio è costretto ad abbandonare il Sacro Romano Impero.

Nel 1524 ha luogo “la guerra dei contadini”. Nello stesso anno Erasmo di Rotterdam pubblica il “De libero arbitrio”, mentre Lutero risponde con il “De servo arbitrio”.

Nel 1526 è fondato l’Ordine dei Cappuccini. Ignazio di Loyola scrive gli “Esercizi Spirituali”.

Nel 1527 l’Imperatore Carlo V d’Asburgo ordina ai Lanzichenecchi (soldati prezzolati professionisti, corrotti e portatori di epidemie) di saccheggiare Roma, rinverdendo la barbarie dei conquistatori dell’antico Impero Romano d’Occidente. All’ordine imperiale seguono i fatti.

Roma è saccheggiata, malgrado le proteste del Vaticano, mentre Carlo V sembra insensibile e indifferente.

La “Confessione di Augusta” del 1530 (autore Melantone, discepolo di Martin Lutero) diviene la “professione di fede dei luterani”.

L’Imperatore Carlo V sostiene una lunga guerra contro i Protestanti, ma sia le vie diplomatiche, sia quelle belliche, conducono ad un parziale fallimento.

Infatti nel 1552 la Lega Protestante diviene potente e annovera molte adesioni, per cui Carlo V è costretto recedere dai suoi propositi.

Ad Augusta l’interim proclamato nel 1548 è sostituito da un’ulteriore decisione della Dieta: la Pace Augustana, che sancisce la libertà di culto ai signori germanici. Da ciò nasce il principio “cuius regio, eius religio”.

Per quanto riguarda i beni mobili e immobili della Chiesa, definiti dai cattolici “una rapina”, si giunge a un compromesso che sembra ambientato nell’Italia: chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato. E benché non intervengano i napoletani, con la loro celebre canzone (peraltro ancora inesistente), si instaura un postulato di diplomazia che sarà adottato anche dal Diritto Internazionale, specialmente quando il reato sfumerà nell’impunità parziale o totale, ad onta dei lunghi e inconcludenti processi, che evidenzieranno la capacità degli avvocati e l’incongruenza dei giudici.

Tornando ai beni religiosi, si applica il “Reservatum Ecclesiasticum”, in base al quale i beni cattolici devono appartenere soltanto alla Chiesa, non precisando né le modalità, né la gestione, per cui, anche in questo caso, gli umori degli alti prelati e della Santa Sede stabiliranno, di volta in volta, convenzioni e soprattutto convenienze, aprendo all’istituzione, taciuta ma reale, del nepotismo.

La Chiesa, nata come “ecclesia del popolo”, diviene tacitamente appannaggio dei grandi patriziati e della loro sete di potere e di affermazione.


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