IL PENSIERO MEDITERRANEO

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BREVI NOTE SU CANTI E DANZE NELLE GUERRE

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Lili Marleen

Lili Marleen

di Eliano Bellanova

Il canto, la musica e le danze non hanno accompagnato solo gli amori e i corteggiamenti.

Hanno anche accompagnato le guerre.

Certamente la più celebre canzone è “Lilì Marleen”. Dalla Canzone di Una Giovane Sentinella, un piccolo poema, di cui è autore Hans Leip, poeta e scrittore originario di Amburgo (Germania), nasce “Lilì Marleen”.

Lo scritto risale al 1915 ed è composto dal poeta prima della partenza per il fronte russo.

Il piccolo poema fa parte di un’opera più complessa: Die Harfenorgel.

Il binomio nasce da due giovanette: Lilì è la fidanzatina dell’autore ed è figlia di un piccolo coltivatore di ortaggi; Marleen è un’infermiera, molto discussa, fidanzata di un commilitone mai identificato.

La canzone non ha un carattere guerresco, tutt’altro. Nel corso della Prima Guerra Mondiale non riscuote successo. La musica è dovuta infatti a Norbert Schultze, “specializzato” in marce guerresche, e andrà in onda nel 1938, allorquando incombe l’incubo della Seconda Guerra Mondiale.

La prima edizione è cantata da Lale Andersen per la Casa Editrice Musicale Apollo-Verlag e reca il titolo “Das Mädchen unter der Lanterne (“La ragazza sotto il lampione”). Ciò avviene nel 1938, mentre a partire dal 2 agosto 1939 è semplificata nel titolo “Lilì Marleen”, con il sottotitolo: Lied eines jungen Wachtpostens, la cui traduzione è Canzone di una giovane sentinella.

Nata come canzone d’amore, emigra in varie salse e lingue nei Continenti e sui fronti di guerra. Non è amata da Adolf Hitler, che vorrebbe proibirla. Non è amata dal Feldmaresciallo Von Rundstedt. È sottovalutata da Guderian e Von Manstein. È tollerata da Benito Mussolini. È amata dagli ungheresi e dai polacchi.

Dapprima osteggiata dal Generale Rommel, inizia la massiccia diffusione ad opera di una stazione radio germanica ed è canticchiata dai soldati dell’Afrika Korps, a partire dal 1941, anno in cui la Volpe del Deserto sollecitava le fantasie popolari e la convinzione di una schiacciante vittoria sugli Inglesi.

Gli Alti Ufficiali italiani cadono dalle nuvole, come si conviene a un popolo spesso assente alla cultura internazionale. Ne fa testo il Generale Bastico, che, nel sentirla la prima volta, esclama: “Che è questa Lilì Marleen?” E non si taccia di Italo Gariboldi che esprime la sua meraviglia con la frase: “Che sono Lilì e Marleen? Forse due mignotte?”.

Rommel, invece, pur poco convinto della qualità della canzone, ritiene che sia un collante per le sue truppe corazzate, che la sera, al desinare, cantano in coro la canzone che doveva divenire l’abito musicale della Seconda Guerra Mondiale.

Quando il volto della guerra sta rivelando l’impossibilità della Blitz-krieg, nel 1942, l’italiana Lina Termini incide la versione per la nostra penisola. I versi cambiano un po’ e sono opera di Nino Rastelli.

Colei che rese celebre Lilì Marleen è però la cantante tedesca Marlène Dietrich, emigrata negli States dal 1930.

Nel 1944 la sua versione invade il Continente europeo e tutti i soldati la cantano ai fronti dove cadono migliaia di vittime.

Saranno molte le cantanti che si esibiranno: Connie Francis (1961), Milva (1977), Amanda Lear (1979), I Matia Bazar (1981).

Nella cinematografia, oltre al celebre originale di Marlène Dietrich, troviamo Lilì Marleen del 1980-1981 (diffuso dal 14 marzo 1981) per la direzione di Rainer Werner Fassbinder.

Fra gli attori protagonisti risaltano la fascinosa e talentuosa Hanna Schygulla e il bravissimo Giancarlo Giannini.

E giacché i ricordi sono importanti, in quell’epoca lontana (1981) non mancai di seguire il film in un’affollata sala del Cinema Galleria, a Bari, in Via Crisanzio, non lontano da Piazza Umberto I e nei pressi dell’Ateneo.

Altre canzoni hanno segnato le marce militari, oltre a quelle “canoniche”, come la Marcia del Radetzky, opera di Johann Strauss. Il grande Feldmaresciallo austriaco era inoltre alla ricerca di altre canzoni e musiche militari, per la quale cosa interpellò e pregò Giuseppe Verdi.

Verdi si schermì affermando: “Maresciallo, ho soltanto marce di ritirate”.

Nella Seconda Guerra Mondiale risaltano “Bella Ciao” e altri Canti Partigiani, come Le Tre Bandiere; infine i Canti fascisti: La Canzone della Vittoria, Giovinezza e l’ambigua Faccetta Nera, proibita da Mussolini e poi tollerata.

Una danza trascurata e poco citata è la Czarda o Ciarda (ungherese), che attraeva militari e civili.

I Marescialli austroungarici la tolleravano a malapena. Era apprezzata da Conrad (benché tedesco), Arz e altri, ma osteggiata dall’asse nobiliare asburgico, che non aveva mai tollerato la “Duplice Monarchia”, che dava più poteri all’Ungheria, sottraendo qualcosa all’Austria.

Eliano Bellanova


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