IL PENSIERO MEDITERRANEO

Incontri di Culture sulle sponde del mediterraneo – Rivista Culturale online

Dalla “frociaggine” alla “stronzaggine” passando per “negroide”

Seduti al bar a sparlare

di Serena Milisenna

Ovvero “EEEEELLLYYYYY, EEEEELLLLLLYYY, #scaciati che ti presento Cetto La Qualunque”.

Saranno i social, sarà la moda, sarà quel che sarà ma occupandomi di parole e comunicazione mi chiedo se e come stia ragionando questa società.

La questione non è che non si possa dire più niente – capita a tutti di fare delle gaffe e, forse, la prima parola lo è e, considerato che è stata detta nell’incontro a porte chiuse tra Francesco e i vescovi italiani arrivati a Roma per l’assemblea generale, mi chiedo pure chi sia stato lo “spifferatore” di bordo…

Ma bisognerebbe comunque ricordare che le parole sorgono dentro contesti – ce lo insegna la comunicazione – e per questo non tutto quello che si direbbe al bar tra amici caciaroni andrebbe detto nei luoghi istituzionali e da persone che ricoprono un certo ruolo.

Non si tratta di “ipocrisia”, ma di etica della comunicazione: la questione è che se dico una cosa tra intimi, senza filtri, in un ambiente in cui io dismetto il ruolo sociale o istituzionale, allora, forse una battuta o una sbavatura può starci, ma se sono il Papa o la Presidente del Consiglio, il Segretario della Lega, una eventuale professoressa o un impiegato nel suo ruolo…allora devo ricordarmi del contesto e delle ripercussioni che la mia comunicazione puó avere sulle persone e sulla società.

E poi ancora nel secondo caso: e basta con ‘ste battute di spirito! Questo botta e risposta da marmocchi adolescenti – e il primo “adulescens” è il governatore della Campania, la seconda “adulescens” ricopre il ruolo di Presidente del Consiglio! – che non dovrebbero far ridere proprio nessuno, tranne che il pubblico non si riduca a seguace di partito amante della “buffoneria di corte”.

Ma davvero si pensa che una risposta data con il “tiè, e pigliate questa!” possa aggiungere sostanza alla comunicazione?

Ma le istituzioni oggi pensano di essere sul palco di Zelig?

Dove sono finite sobrietà, adeguato aplomb e diplomazia?

La verità è che ormai la comunicazione social e l’intrattenimento reel ci hanno abituati ai ring e se le “cose” istituzionali non si trasformano in “mó, scendo e ti meno” almeno a parole, pensiamo che gli algoritmi non girano: l’iperbole comunicativa che abbraccia la finzione cinematografica vuole prendersi la scena e spinge verso la becera attorialità anche le istituzioni.

Ma vorrei ricordare a chi sta a capo delle “cose” (fuori dal cinema e dall’entertainment) che con le parole si danno esempi e si costruiscono mondi, belli o brutti, delicati o burini.

Le parole non sono soltanto phonè (ϕωνή) – suono – ma essenza, rappresentazione di quello che siamo, di quello che pensiamo e della nostra psiche (Ψυχή) – anima.

Per parafrasare Rimbaud e la sua poesia “Vocali” io auspicherei che tornasse necessario obiettivo di tutti celebrare “le nascite latenti” di ogni vocale e – aggiungo io – di ogni consonante, perché la comunicazione è passaggio di “un dentro ad un altro dentro” (Carmelo Bene) ovvero il passaggio di ciò che abbiamo nella nostra mente in altre menti.

Mi chiedo, quindi, cosa abbia nella mente il segretario della Lega per definire “negroide” un bambino…non voglio pensare che abbia scelto questa parola per descrivere l’appartenza a una delle quattro ripartizioni antropologiche che riguardano le razze…probabilmente avrà fatto la crasi tra negro e asteroide, visto che quelli per lui vengono da Marte e in un altro mondo dovrebbero stare.

Vorrei ribadire che le parole educano, fanno fiorire una società migliore o – nel peggiore dei casi – la fanno affondare, la relegano al brutto e al buzzurro.

La comunicazione al ribasso richiama la necessaria riflessione sul complesso dei criteri che guidano l’azione, i principi e le consuetudini che regolano i comportamenti del singolo o di una comunità, sia in generale che in un determinato periodo storico.

Per questo aggiungo a tutte queste parole l’etica: l’agire comunicativo si consolida in un’abitudine, in un costume…vuole essere questo, dunque, il costume condiviso dalla nostra comunità?

Siamo, allora, tutti chiamati alla responsabilità che passa anche dalla comunicazione.

Nella società ci sono i giovani che guardano e che aspettano esempi.
E anche gli adulti hanno bisogno di esempi.

Sono solo parole?

Provate a dire ogni mattina al vostro cervello che siete perdenti, che non valete niente e che non ce la farete.
Provate a dire ad una società che è ormai persa, toglietele le parole della speranza e della gentilezza e presto l’imbarbarimento e la morte sociale busseranno alla porta.

Provate ad usare davanti ad un bambino che osserva solo brutte parole e toni di voce grossi e violenti, farcite tutto con improperi e sicuramente ci ritroveremo generazioni che usano una comunicazione bulla e immerse nella mala idea che le istituzioni debbano proporci sketch televisivi e non sostanza, contenuti e garbo.
Di stamattina la notizia che riguarda l’attacco a Mattarella da Borghi e Salvini, altri due attori della “Cettoqualunquese Entertainment” che, in occasione, della festa del 2 Giugno scelgono di usare parole e toni “adeguatissimi”.

Le parole hanno una forza e francamente di parole assurde e da far cadere le braccia ne stiamo sentendo troppe.

Quando la politica supera Cetto La Qualunque c’è solo da dire: qualunquemente basta!

Serena Milisenna – consulenza aziendale, formazione e giornalismo


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