“Falso movimento” un romanzo a puntate di Gianvito Pipitone (nona puntata)
Che fortuna non aver avuto figli …
Sprofondato sul sedile posteriore di un taxi che l’avrebbe riportato in centro città, Cedric si era imbarcato in un lungo e pericoloso convoglio di pensieri. Al riguardo non sembrava nutrire troppi dubbi e la spiacevole situazione di Eric non faceva che accrescere le sue convinzioni. Il sillogismo, se lo si poteva chiamare così, si reggeva su un ragionamento semplice e lineare. Se a trovarsi in pericolo di vita fosse stata la sua stessa persona, avrebbe sempre potuto contare sulle proprie risorse per riuscire a gestire, qualunque carico di stress. Anche le situazioni più dolorose. Prova ne era la minaccia telefonica ricevuta la sera prima che, con il far del giorno, sembrava ormai depurata dalle scorie più tossiche. Ma che fare se a trovarsi in pericolo di vita fossero stati i propri stessi figli?
Si immaginò per un attimo nei panni di Dutroux e della Nerval. Si strinse nel paltò, rabbrividendo al solo pensiero. D’altra parte, se fai un figlio, ripeté a sé stesso come a voler certificare una volta per tutte la regola madre, devi poi essere pronto ad accettarne ogni conseguenza. Non ultima quella di diventare da un momento all’altro clamorosamente ricattabile. Questo, senza filtri, il Bovin pensiero. E a chi lo avesse tacciato di egoismo? Non avrebbe avuto dubbi a replicare, non senza un pizzico di fastidio: “Io egoista? O chi mette al mondo quei figli che non saprà educare e guidare nel mare profondo e oscuro della vita?”. Mentre a chi avesse tirato fuori dal cilindro l’argomento della riproduzione dell’uomo connessa al senso dell’esistenza su questo pianeta, non avrebbe esitato a bruciarlo a freddo con il sarcasmo: “Hai presente i dinosauri che fine hanno fatto, giusto?”
La sua posizione in merito al capitolo “figli” non era mai cambiata. Non erano state molte le occasioni in cui Cedric era stato messo di fronte a quel dilemma. Tuttavia, il ricordo di quei brutti momenti passati sembrava ancora oggi perseguitarlo. Erano trascorsi ben 10 anni (un’era geologica) da quel terribile evento spartiacque: l’aborto della sua ex moglie, la già famosa pittrice Marion Ducasse. Momento in cui Cedric si trovò a gestire una di quelle situazioni più grandi di lui. Chiamato a pagare, come fu, una delle più pesanti rate del conto della vita.
Con l’addebito dell’aborto non tardò a presentarsi la rata della separazione e di lì a poco, inevitabile conseguenza, sopraggiunse il salasso del divorzio. E tutto quello ne conseguiva. Dopo la bellezza di quasi 13 anni di vita trascorsi insieme. Non male in un colpo solo, nel giro di poche settimane, giocarsi quella che lui chiamava, non senza un po’ di ironia, la sua “prima vita”.
Si sa, d’altra parte, non c’è forza umana o divina che si possa opporre alla decisione unilaterale di una donna di fronte al dolore della perdita di un potenziale figlio. A onore del vero i rischi per continuare quella gravidanza sarebbero stati altissimi e almeno in quelle specifiche circostanze non sembrava ci fossero molte alternative. In seguito alla villocentesi i medici avevano diagnosticato un’incidenza altissima di displasia scheletrica, una malattia che avrebbe fatto nascere il bambino paralizzato dal collo in giù. Cedric non ebbe dubbi per l’interruzione terapeutica di gravidanza. Marion ne fu distrutta ma alla fine del percorso sembrò lasciarsi condurre alla ragione. Anche perché non c’era un’alternativa plausibile. Ma da quella tragedia non si era più ripresa e una parte di sé stessa parve trovare consolazione nell’addebitare le colpe a Cedric. Un comportamento irrazionale, certo, che Cedric cercò di comprendere trovando alla fine una sola spiegazione: non era quello l’aborto che Marion le addebitava. L’aborto che, con il senno di poi, era diventato davvero il pomo della discordia fra loro era stato consumato qualche anno prima. Ed era quasi avvenuto in souplesse. Il detective aveva rivisto la bobina del film scorrere all’indietro, velocemente, come il nastro di un VHS. E in breve si ritrovò catapultato a metà degli anni Novanta.
Poche ma stentoree diapositive resistevano al tarscorrere del tempo, con Cedric che prendeva il viso di Marion fra le mani, provando a parlarle dritto al cuore: la verde età, la gioventù, la spensieratezza e i vent’anni che non sarebbero mai più tornati. Lucidi lampi di realtà, cui si aggiungevano le motivazioni professionali di entrambi: l’ascesa della sua carriera in polizia con le prime promozioni, i passaggi di grado, un avvenire tutto da costruire in un periodo di grande dinamismo che l’avrebbe tenuto lontano da Parigi, ad Avignone, nel sud del paese, dove sarebbe dovuto rimanere in servizio almeno per altri 4 o 5 anni. Per non parlare dei sogni di gloria di Marion, impegnata spasmodicamente a sospingere in alto l’asticella delle proprie aspettative artistiche. Divisa com’era fra il suo atelier e le innumerevoli mostre di pittura che la vedevano già, giovane promessa del firmamento parigino, all’inseguimento di un sicuro successo di scala mondiale.
Nella storia di un uomo e di una donna, pensò Cedric a chiusura del lungo treno di pensieri, bisognava farsi forti e farsi carico di tutte le responsabilità delle decisioni prese. Senza guardarsi mai indietro. Con buona pace degli effetti collaterali che esse avrebbero generato. Su questo non aveva mai avuto alcun ripensamento. E oggi come allora non avrebbe ceduto agli infidi ricatti del tempo.
Tuttavia non riusciva ad immaginare come sarebbe potuta cambiare la sua vita, se solo avesse dovuto tirar su un figlio. Da quell’angolo recondito del suo cervello, dove il caos sembrava regnare sovrano, ogni tanto sgorgavano alcuni rivoli, le cosiddette domande di natura carsica, le chiamava lui. Chissà come sarebbe stato adesso, sfondata la soglia degli –anta, crescere un figlio tutto suo? sarebbe stato in grado di badare a lui? Ne avrebbe avuto solo le forze fisiche? Avrebbe potuto mai rinunciare alle sue libertà consolidate? Sarebbe mai stato disposto a pagare questo prezzo? E come sarebbe stato il Cedric che avesse deciso di rimettere la sua vita nelle mani di un figlio? Che tipo di padre sarebbe stato? un convinto interventista? O un passatista, di quelli che avrebbe limitato al minimo i tentativi di manipolazione? Quale il metodo che avrebbe scelto per la sua educazione? il bastone o la carota? Sarebbe stato meglio mostrarsi suo amico oppure parteggiare per un teorico rispetto dei ruoli? Si lasciò sorprendere da una sfilza di irresistibili ingenuità.
Erano le domande carsiche, quelle che partivano da un non ben precisato algido ghiacciaio mentale e che finivano per imboccare un tragitto sotterraneo, spesso esaurendosi prima di sfociare da qualche parte. Vuoi perché non avevano beccato la giusta vena, vuoi perché erano spesso mal poste efinivano per esaurirsi in un inutile periodo ipotetico, pieno di fastidiosi congiuntivi e minato da indecifrabili condizionali.
Il taxi lo lasciò a Place Darcy, di fronte al Gran Hotel la Cloche mentre il campanile di una chiesa vicina suonò 10 rintocchi. Ripassò davanti alla cabina telefonica, ne marcò il perimetro e si sorprese con le mani dietro alla schiena, con l’atteggiamento di chi sta spiando senza farsi vedere. Alla fine decise di entrare nella cabina e sempre con le mani legate ispezionò il counter e poi il gancio a cui era appesa la cornetta. Sganciò il ricevitore, con la cura di chi sta maneggiando un’arma del delitto, mentre la su attenzione si concentrò in corrispondenza di una macchia bluastra. La ispezionò da vicino portandosela all’altezza degli occhi fino a scorgervi delle pesanti macchie di rossetto, come se il microfono fosse stato sbaciucchiato da una grossolana ninfomane. In corrispondenza del manico aveva potuto sniffare un fine profumo di donna. Erano delle tracce, pensò. Non che fosse un esperto di maquillage, ma quelli erano sicuramente degli indizi da cui partire per una pista. Considerando che il telefono pubblico veniva utilizzato da ben pochi utenti, c’era da credere che quelle tracce appartenessero davvero alla sua donna. O almeno si poteva ipotizzarlo. Cherchez la femme, si sorprese a pensare, senza troppa voglia di sorridere. E in un baleno, tirò fuori il suo inseparabile coltellino svizzero, si guardò furtivo a destra e manca per assicurarsi di non essere visto e infine decise di recidere di un colpo netto il cavo telefonico, proprio appena sotto il ricevitore. Ma prima di farlo, avrebbe dovuto effettuare due chiamate molto importanti. Anzi, vitali, si corresse.
Alain aveva due e forse più numeri di cellulare. A quell’ora del mattino, sarebbe stato più probabile beccarlo al numero ufficioso, il numero destinato agli amici più intimi. L’innesco della segreteria telefonica quasi al primo squillo, rese di cattivo umore il detective. Con malcelata rabbia, provò dunque a chiamare in ufficio, dove però era raro poterlo rintracciare. E invece sorprendentemente Alain rispose con perfetto tempismo al secondo squillo. Gli riferì che si trovava a passare da lì solo per caso. E che la sua giornata era già andata a puttane. Ma non c’era da credergli troppo, lo diceva quasi sempre. Era una delle sue frasi di default. Stavolta ce l’aveva con i due collaboratori che, a suo dire, non rispondevano mai alle sue chiamate. Per un attimo Cedric riesumò dalla memoria le facce dei suoi due tirapiedi, Stephan e Pierre che a forza di stare insieme avevano assunto ormai la stessa identica espressione di un cane bastonato. A Cedric sarebbe piaciuto prendere un po’ in giro Alain, ma era chiaro che aveva altro per la testa. E che non fosse la giornata giusta, lo aveva capito lo stesso Alain cui bastava poco per intuire l’umore dell’amico.
– Ho sentito il tuo messaggio in segreteria stamattina … e ho provato a chiamarti in Hotel, ma non c’eri! Mi dici che diavolo ci fai a Dijon intanto? … e a proposito, visto che sei là, non ti dimenticare per favore, pena la vita, di prendermi un paio di confezioni di mostarda Edmond Faillot, quella in vasetti piccoli, da 50 gr. mi raccomando, a grani grandi e gialli…
Attaccò tutto d’un fiato Alain che era solito monopolizzare con la sua inarrestabile verve la conversazione con l’amico.
– Non so se manco se sia conveniente raccontarti quello che sto per raccontarti … Gli rispose un ritroso Cedric, entrando subito nel vivo senza troppi fronzoli.
Dall’altro capo si senti il ruminare pesante delle mandibole di Alain perfettamente accordate alla velocità del suo pensiero.
– Cedric, allora procedi per gradi, senza fare troppi nomi e limitati all’essenziale …
– Non ho molti nomi da vagliare, solo uno, un certo Dutroux…
– Intendi il famigerato architetto, l’archistar …?
Curioso, pensò Cedric, come nella lingua francese le parole per descrivere un uomo non più nelle grazie dell’opinione pubblica (notorio, infame, famigerato) non diano adito ad alcun dubbio di interpretazione.
– E poi, giusto per essere molto stringati, volevo che ti assicurassi che il tuo pied-à-terre a Montparnasse sia davvero pulito… in tutto e per tutto.
Alain sorrise, in maniera spocchiosa come gli capitava sempre quando si voleva dimostrare sicuro delle sue cose.
– Ti invito allora a darci un’occhiata a fondo, al tuo prossimo rendez-vous.
– Fossi in te, non farei tanto lo spiritoso … qualcuno mi ha ricordato che potrebbe girarci un intero film hard… se solo volesse … e la cosa mi ha fatto tremare le vene dei polsi. Ne converrai, giusto?
Dall’altro capo della cornetta ci fu un leggero ritardo.
– Mi stai dicendo che presto ci delizierai su tutte le pagine dei tabloid scandalistici…
– Io non riderei troppo, fossi in te…
Alain aveva capito fin troppo bene in realtà. L’ironia era solo un modo per prendere un po’ di tempo fra una risposta e l’altra.
– Già vedo i titoloni su Le Figaro … Si lasciò andare Alain ad una risata nervosa.
– Non riesco a capire come quel posto che dovrebbe essere ipersicuro e riservatissimo, sia potuto arrivare a conoscenza di gente che non mi pare mostri troppi scrupoli di coscienza.
– Immagino tu stia lavorando su materiali tossici, giusto? Tornò serio Alain.
– Tossico … potrebbe essere la parola giusta. Ma sto lavorando a favore delle alte sfere, per intenderci… E per questo non mi capacito …
– Eh caro mio … questa è la conseguenza di non tenermi sempre costantemente informato sui tuoi movimenti … Fu la chiosa un po’ declinante di Alain cui avevano cominciato a girare a mille le pale dei mulini.
– Faccio in modo di prendere un po’ di informazioni sul primo e di dare un’occhiata a fondo sul secondo… Chiamami verso l’ora di pranzo al cellulare. Ho giusto uno dei miei da quelle parti. Concluse sbrigativamente.
– Te ne sarei grato…
– Ehi Cedric! fece Alain
– Che c’è?
– Compratelo un cazzo di telefono … fammelo un giorno questo regalo. Fallo per me.
– Ci penserò… Ma tu ricorda: avere un cellulare appresso è inutile, se poi non mi rispondi mai quando serve.
La seconda telefonata fu più breve. Non poteva che essere altrimenti. Aveva lasciato buoni amici al commissariato del IV arrondissement quando, dall’inchiesta di quell’ignobile scandalo nel 2010, Cedric aveva deciso di consegnare senza ripensamenti e definitivamente il suo distintivo. E nonostante anni dopo la gloriosa formazione degli “implacables” fosse stata smantellata, ancora oggi poteva contare sulla fiducia di qualche vecchio amico rimasto in forze alla centrale. Antoine, suo compagno di tante avventure, era fra i pochi di cui si potesse veramente fidare alla Polizia. A lui Cedric affidava il lavoro sporco della talpa. Captare i segnali delle investigazioni e trasformale in perfette soffiate, da anni era ormai diventata una specialità della casa. Antoine, con i suoi capelli lisci a spaghetto e il suo pesante accento meridionale di Tolosa, era inarrivabile in questo e in diversi casi fu solo grazie al suo talento che Cedric poté venire a capo delle sue indagini. Anche stavolta il buon Antoine non aveva deluso. Nel loro veloce scambio di informazioni in codice, Cedric venne a sapere che il cellulare di Eric era stato rintracciato laddove lo aveva verosimilmente lasciato spento: a casa della madre, dove viveva. Circostanza rilevante, notò Cedric, cui non poteva sfuggire questo delicato passaggio. Eric quel sabato era partito in direzione Dijon con la chiara intenzione di fare perdere di sé le proprie tracce. Ma non era tutto. Sfortunatamente Antoine, dovette troncare d’improvviso la telefonata con Cedric, dal proprio cellulare privato, rimandando Eric ad altre “importanti scoperte” a fine turno, in serata.
La prossima decima puntata sarà online il 17 gennaio.