IL PENSIERO MEDITERRANEO

Incontri di Culture sulle sponde del mediterraneo – Rivista Culturale online

“Falso Movimento” un romanzo di Gianvito Pipitone Parte prima

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falso-movimento

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L’ RER filava spedito in direzione Boissy Saint-Leger, in un uggioso pomeriggio d’inizio dicembre. Da poco era passata l’ora di pranzo e nello scompartimento semivuoto i pochi passeggeri intirizziti sembravano assecondare pigramente le ardite traiettorie del vagone, ciondolando oziosamente il capo ora a destra ora a manca. Alla stazione di Vincennes il cielo era diventato del colore del piombo mentre un gruppo di canaglie aveva assaltato la carrozza inferiore. Presto avrebbero debordato anche al secondo livello del vagone. Li si poteva immaginare uno ad uno, senza averli visti: giovani, giovanissimi, neri per lo più o anche orientali, coi muscolosi bicipiti in bella vista, pantaloni di tuta in acrilico acetato, lucidi e attillati, il capo rasato con incredibili sfumature undercut, dai disegni più o meno intricati, spesso colorati a tinte fluorescenti. Anche in pieno inverno non avrebbero rinunciato a mostrare uno spacco profondo della camicia, in fondo alla quale avrebbe brillato sempre un ciondolo etnico, più raramente una croce d’argento o dorata. Avrebbero parlato con quell’ accento incomprensibile delle più sperdute banlieue parigine e avrebbero sfidato per vizio, vezzo o solo per divertimento quei passeggeri che mostravano fastidio per la loro presenza rumorosa.Così fu anche stavolta.

Cedric decise di isolarsi dal mondo e un secondo dopo sprofondò nei suoi auricolari, in un mondo liquido e virtuale, fatto di drum & bass, all’inseguimento di profonde scale di basso sull’onda malsicura di ritmi franti e irregolari. A Champigny vennero finalmente accese le luci dei vagoni mentre sulla banchina della stazione cominciò a cadere una fitta pioggerellina, mista a nebbia. Cedric si strinse nel suo paltò color panna e si sentì in sintonia con il tempo. Era almeno una cosa. Sapeva -da anni di studio sulla propria persona- che non c’era migliore modo per iniziare un nuovo caso che quello di instaurare un buon rapporto con gli agenti atmosferici. E la pioggia in genere lo faceva stare meglio, perché’ non lo distraeva, anzi lo portava al giusto livello di concentrazione che il caso avrebbe richiesto.

Alla stazione di La Varenne lo attendeva Monsieur Dutroux, un uomo che si era auto descritto come “alto, asciutto e distinto”, e dallo sguardo sicuro e dall’andatura elegante, aveva completato Cedric, non appena gli ebbe dato un primo colpo d’occhio sbilenco. Se proprio gli si voleva trovare un difetto, ci si poteva attaccare a quella sorta di calvizie mal gestita: un beffardo tappeto nero che zollava solo per metà il suo globo capitale. Cedric non aveva un benché minimo residuo di dubbio. Nei giovani soggetti parzialmente calvi, bisognava accettare la sconfitta fino in fondo e cedere alla più nuda delle purezze: la pelata. Dove l’accezione di “giovane”, peraltro, veniva ad assumere un significato così ampio e generoso da includervi finanche i cinquantacinquenni in buono stato di conservazione.

Dopo il veloce riconoscimento a distanza, arrivò una veloce stretta di mano. Schermati da un grosso ombrello i due uscirono dalla stazione infilandosi velocemente all’interno di un SUV color nero. Dalla stretta vigorosa con la quale impugnava lo sterzo Gerard Dutroux sembrava tradire tutto il suo nervosismo. E mentre prese a smazzare vie e viuzze a bordo della sua astronave, Cedric non poté fare a meno di notare in tralice il suo volto bianco, slavato, esangue, come se ci fosse qualcosa di insano che scorresse nelle sue vene. Questo tizio non amava la luce, pensò Cedric.

La conversazione sembrava non decollare ed entrambi, piuttosto che profondersi in inutili convenevoli, restavano lì a studiarsi in cagnesco. Cedric comprese la difficoltà e decise di aspettarlo limitandosi ad accompagnarlo con uno sguardo che sarebbe rimasto per tutto il tragitto aperto e vigile ma allo stesso tempo inflessibile.

– Forse lei mi giudicherà male. Principiò ad un certo punto l’architetto.

– E perché mai? Sorrise impercettibilmente Cedric, schermendosi un po’sorpreso.

E nel farlo gli scappò un impercettibile occhiolino come a voler proporre di aprire un tavolo di discussione confidenziale. Proposta che sembrò essere rigettata, visto che i nervi tesi della mandibola di Dutroux non accennavano a rilassarsi.

– Non appena le dirò il motivo per cui l’ho contattata, mi tempesterà di domande. E alla fine non accetterà il caso…

Cedric per un attimo ripensò alla telefonata di quella mattina. Certo, l’aveva un po’ turbato la reticenza di quell’uomo che con poche secche parole si era presentato come uno spettabile cittadino che avrebbe pagato profumatamente per i suoi servigi di detective. Nei toni e nell’inflessione della voce dell’architetto milionario aveva letto la spocchia e la sicumera di quella classe sociale abituata a comprare tutto col denaro. Finanche la verità o il silenzio.

– Beh a questo punto sta a lei scoprire le carte. Almeno se ne ha ancora voglia… Rilanciò Cedric.

Dutroux sorrise anche se amaramente, apprezzando la schiettezza del detective.

– Sa nel corso della mia lunga carriera, mi è capitato che alcuni clienti dopo avermi conosciuto personalmente, mi abbiano da subito licenziato.

– Prima ancora di assumerla? Dutroux aveva accompagnato attentamente le sue parole, cercando di cogliere eventuali rivoli di emotività sul volto del detective.

– Eh sì! E’ una questione di fiducia a pelle! Lei non ha mai assunto un detective prima d’ora, mi sbaglio?

– Non si sbaglia. Ma ho assunto parecchie persone nel mio studio di architetto. Cedric sorrise cercando di carpire la benevolenza del suo ospite.

– Non sarà lo stesso. Le dò un consiglio: faccia finta in questo caso che io sia il suo confessore, nel qual caso lei abbia dimestichezza con la religione cattolica; oppure, meglio, immagini in me il suo migliore amico, o meglio, un fratello, quella persona a cui non ha mai nascosto le sue peggiori pulsioni e i suoi pensieri più oscuri. Nel dire ciò la sua inflessione non andò mai sopra le righe: e il suo volto spigoloso rimase aperto ad uno sguardo profondo e in definitiva credibile. Dutroux gli lanciò un veloce sguardo di sfida, come a voler ricambiare al suo interlocutore un attestato di intelligenza.

– Ho capito, lei vuole sostituirsi al mio avvocato.

Cedric Bovin avrebbe compreso di non aver a che fare con uno stupido. Nel frattempo il Suv si era arrestato davanti ad un enorme cancello che si schiuse di lì a poco consegnando la vista di un interno maestoso. Il veicolo spaziale sfrecciò triturando la ghiaia bagnata e producendo un tracasso potente, finché si arrestò nel bel mezzo di un parcheggio.

– Uhhh non male! Annuì Cedric guardandosi attorno, arricciando le labbra come se mimasse un bacio prolungato, come spesso si sorprendeva a fare quando non voleva far trasparire alcuna emozione. E si slacciò la cintura di sicurezza

– È il frutto del lavoro di una vita Si affrettò a ribattere Dutroux che sembrava voler cogliere proprio quella sfumatura.

– Ah! Per molti non basterebbero nemmeno dieci vite per realizzare tutto ciò. E il tono di Cedric aveva modellato e scolpito quelle parole di modo che sembrassero virare al complimento, più che all’invidia. Voleva capire se Dutroux appartenesse a quella categoria che amava essere adulata per quello che aveva. Giudizio sospeso sull’uomo, pensò Cedric. Non aveva voglia di correre troppo e prima di distribuire le inevitabili patenti, si diede del tempo. Voleva intanto cercare e parlare con l’uomo prima che i suoi beni lo facessero per lui.

Lavoro difficile. La villa che si aprì a poco a poco allo sguardo del detective era un complesso maestoso arredato in stile moderno. A Cedric non erano sfuggite alcune pregevoli tele che tappezzavano fin l’ampio boudoir dal quale ebbero accesso alla villa vera e propria.

– La pittura sa… è un vecchio hobby di mia moglie. Anche lei in realtà, a suo modo, è un’artista. Dutroux evidentemente amava ogni volta bearsi dello stupore che si dipingeva sul volto dei suoi ospiti.

– E’ qui a casa sua moglie? Chiese Cedric con un colpetto di tosse e, nonostante gli sforzi che si era promesso a tal proposito, faceva fatica a non giudicare quell’uomo dal suo stile di vita. Difficile associare un tenore di vita così sfacciatamente alto ad un tranquillo, felice ed esclusivo rapporto di coppia. Almeno ché, pensava, la moglie non avesse qualche decennio in meno del marito o che, ancora meglio, non fosse un matrimonio da poco contratto. Magari per interessi reciproci. E la conferma della sua tesi non tardò ad arrivare.

– Io e la mia seconda moglie siamo arrivati al capolinea già qualche anno fa. Finché c’erano novità il nostro viaggio è stato intenso e colorato, a tratti anche interessante. Un po’ di felicità l’abbiamo conosciuta pure noi, comunque. E qui il suo sguardo sembrò rasserenarsi, come se volesse un po’ dissimulare quelli che dovevano essere i suoi pensieri più intimi sull’argomento. In realtà forse si stava pure pentendo di aver cominciato a raccontare di sua moglie in un tono così confidenziale. C’era come qualcosa, in quel detective che ispirava a confessare le riflessioni più profonde, i segreti più reconditi. E Dutroux si stava un po’ amareggiando per il modo in cui si stavano mettendo i rapporti di forza. Ma ormai la frittata era fatta e non poteva che seguitare il treno dei suoi pensieri, fino all’inevitabile chiosa.

-Poi dopo dieci anni, tutto, anche il sentimento più forte perde vigore e quello che un giorno sembrava le fondamenta del suo enorme grattacielo, diventa una scossa tellurica, un terremoto che si porta via tutto. E qui i suoi occhietti piccoli e scuri tornarono a rannuvolarsi, mentre le rughe della fronte sembravano accavallarsi come le onde sotto le quali era naufragato il suo matrimonio.

-E quegli ultimi mesi insieme ce li potevamo pure risparmiare… Hanno finito per cancellare quel poco di buono che c’era stato fra noi. L’accento amaro sull’ultima frase dava ad intendere senza ambiguità quanto lunga e corrosiva fosse stata la pratica della separazione in quella casa.

– E la sua ex moglie vive altrove immagino? Gli venne in soccorso Cedric, schiarendosi la voce dopo che un lampo di emotività gliel’aveva quasi strozzata in gola. Per tutto il tempo del racconto di Dutroux, il detective aveva evitato di guardarlo negli occhi, anche se l’architetto in alcuni punti nodali, sembrava quasi pretendere a sé lo sguardo.

– Un altrove abbastanza vicino, in realtà: la mia ex moglie vive semplicemente nell’altra ala della villa.

– Ah capisco.

– Dal momento che entrambi eravamo affezionati a questo posto, abbiamo deciso di tenercelo caro. Ma, intendiamoci! Ognuno per i fatti propri. Privacy prima di tutto. S’immagini che abbiamo due entrate separate, abbiamo diviso la proprietà di modo che muri interni ed esterni rendano il passaggio da una parte e dall’altra quasi impossibile.

– Vedo. Come un muro di Berlino. Cedric si sorprese ad ascoltare la banalità che gli era scappata dalla bocca. E cercò di mitigare il rossore che quelle rasoiate di imbarazzo immancabilmente ogni tanto gli procuravano. Ci avrebbe dovuto lavorare sù, su queste vampate di emotività, ne era convinto.

-Si figuri che a volte passano intere settimane prima di incontrarci in un interstizio del giardino. E con queste parole Dutroux, sembrò voler chiudere per il momento il capitolo ex moglie. Cedric Bovin era sconvolto dal numero impressionante di stanze che avevano imboccato fino a quello che doveva finalmente rappresentare il salone centrale. Una sorta di Piazza Grande, Marktplatz o di Grand Place che dir si voglia, a forma di conchiglia. Da lì si schiudeva un’ampia vetrata con la vista di un giardino con piscina olimpionica e un parco su cui sembrava fossero state adagiate delle sculture in pietra di artisti contemporanei. Volendo, sarebbe stato anche difficile pensare che quella casa potesse essere stata stabilmente abitata da una donna. Cedric trovò che mancasse qua e là il tocco femminile, quel gusto che avrebbe di certo addolcito quelle linee così squadrate e quei colori così sfacciatamente algidi e impersonali. Frutto di una mente geometrica maschile, pensò. Nel porgergli da bere Monsieur Dutroux sembrò leggere nel pensiero del detective, dal momento che si sentì quasi in dovere di giustificare lo stile minimal del suo arredamento. O forse doveva far parte di un cliché, che a questo punto della visita voleva che lui recitasse al suo ospite:

-Sa detective Bovin, io sono un architetto … Siamo tutti un po’ matti noi. Con l’idea dell’essenziale e del minimal in testa finiremo un giorno per tornare ad abitare nelle caverne. Cedric apparecchiò un bel sorriso di circostanza, ancora una volta poco indulgente nei confronti del suo ospite, mentre si ritrovò a tormentare nervosamente le sue lenti, come se ne stesse controllando la consistenza o appurasse che fossero davvero sue e di nessun altro. Erano cose che ogni tanto gli capitava di fare, senza sapere bene perché. Di certo non si sarebbe mai sognato di definire ne’ essenziale ne’ minimal tutto quel ben di Dio che lo stava circondando quel pomeriggio. E per questa volta si morse la lingua.

-Direi che siamo arrivati al punto Monsieur Dutroux.

E si fece serio.

La prossima puntata sarà online venerdì 18 novembre

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