IL PENSIERO MEDITERRANEO

Incontri di Culture sulle sponde del mediterraneo – Rivista Culturale online

Il fenomeno delle BABY GANG .. cause ed effetti per la Società

Baby Gang

Di Mario Pavone **

  • Le origini del fenomeno

Con il termine BABY GANG si definisce tale una banda di giovanissimi che si rende respon sabile di azioni di microcriminalità.

Protagonisti di condotte devianti ai danni di cose o persone sono ragazzi minorenni che si riuniscono in gruppi con il preciso scopo di commettere reati.

Si parte dal furto di smartphone e accessori griffati per arrivare agli atti vandalici, alle rapine, alle aggressioni di coetanei o di extracomunitari e allo spaccio di stupefacenti e,più di recente, agli stupri di gruppo.

La connotazione tipica del componente di una baby gang lo identifica in un minorenne tra i 7 e i 14 anni che prende di mira i propri coetanei, sempre più diffusi,nell’ambito del contesto scolastico, gli anziani,i disabili e in generale tutti i soggetti più fragili e vulnerabili, senza dimenticare gli episodi in danno degli stranieri sempre più frequenti..

Il microcosmo nell’ambito del quale più frequentemente, e più facilmente, si sviluppa il fenomeno è la scuola media, le superiori e,s pesso,anche quella elementare.

La motivazione è piuttosto semplice: quello scolastico rappresenta l’ambiente in cui nascono le prime amicizie e nel quale avvengono le prime esperienze di inserimento allo ’interno di un gruppo.

Potremmo dire che la baby gang rappresenta un’evoluzione in negativo del bullismo e del cyber bullismo diffusosi, negli ultimi tempi,in ambito scolastico..

È piuttosto facile ritenere che la microcriminalità trovi terreno fertile nei contesti degra- dati delle Città in cui sussistono condizioni di vita critiche, sia a livello economico che in quello sociale e familiare. Ma non è sempre così !!..

In realtà,una percentuale piuttosto alta di fenomeni di criminalità minorile scaturisce da quei contesti in cui l’estrazione sociale risulta essere medio – alta.

Si tratta spesso di adolescenti incensurati, con alle spalle famiglie benestanti, che vivono nel benessere e che scelgono il gruppo per innalzare ulteriormente il proprio status.

  • Le cause

I ragazzi del Gruppo  sono spinti da un fortedesiderio di anticonformismo, sulla base del quale tendono ad andare contro tutto ciò che impone regole da seguire.

La criticità,in tal caso, è insita in un’educazione carente, povera di regole da rispettare, o addirittura in una totale assenza di orientamento socio-educativo da parte dei genitori.

Tuttavia, non esiste un’unica motivazione che spinge a commettere atti di micro criminalità ed ogni singola teoria può risultare più o meno accreditata a seconda dei contesti e delle situazioni.

Esistono in realtà varie teorie che tentano di identificare le cause dello sviluppo del fenomeno.
Secondo una ricerca effettuata di recente, i gruppi giovanili dediti al crimine sono presenti in tutta Italia e possono essere suddivisi in quattro tipologie.

  1. C’è chi sostiene che parte della ‘colpa’ dell’escalation di violenze sia imputabile alla tv

e alleserie incentrate su spaccati di vita disagiati, disastrati e degradati.

b)In alcuni casi la tendenza ad adottare condotte anti-sociali è associata alla psiche dei soggetti, in frustrazioni non controllate che portano a scaricare l’aggressività su soggetti identificati come ‘deboli’.

c)Tra le motivazioni che più frequentemente spingono gli adolescenti a commettere micro-crimini rientrano anche contesti familiari problematici, nell’ambito dei quali sussistono divorzi, separazioni difficili e talvolta anche perdite.

Al contrario anche una famiglia troppo protettiva e accondiscendente può far nascere nel ragazzo il forte desiderio di ribellarsi.

d)Ultima, ma non per questo meno frequente, sarebbe dovuta ad una carenza educativa che porta ad abbassare la percezione di illecito aggressioni immotivate, alci, pugni, minacce nei confronti dei propri coetanei e  questo connota il fenomeno delle baby gang, gruppi criminali sempre più numerosi formati da minori.

I tratti fondamentali di chi entra a far parte di una baby gang sono quei comportamenti prepotenti ed arroganti, interruzione del percorso di studio, il rifiuto delle regole, il disimpegno morale

Va aggiunto che, più di recente,questi gruppi, spesso, si ispirano ai modelli delle bande sud americane, con un leader carismatico e dei seguaciche,sotto il suo comando ,colpiscono i coetanei ed i soggetti che percepiscono vulnerabili.

Il gruppo attira coetanei e coetanee che vivono in forti situazioni di disagio psicologico, con sentimenti di rabbia che si sviluppano in contesti problematici.

I gruppi spesso fanno uso di sostanze stupefacenti e hanno l’abitudine di diffondere edivulgare sui social le loro imprese violente.

Inoltre,le baby gang cercano intenzionalmente la popolarità e i social network che divengono un catalizzatore e amplificatore di atti violenti da filmare e pubblicare.

Esistono gruppi appositi di condivisioni online di condotte delinquenziali:un modo per sfidare le autorità, che sottolinea il meccanismo della mancanza di responsabilizzazione amplificato dall’effetto branco.

L’Osservatorio Nazionale sull’adolescenza, istituito presso il Ministero della famiglia, ha verificato che il 6,5% dei minori coinvolti fa parte di una banda,il 16% ha commesso atti vandalici e 3 ragazzi su 10 hanno partecipato ad una rissa.

Nel 2022 i delitti compiuti da minori di 18 anni sono aumentati rispetto agli anni precedenti, secondo i dati della Direzione centrale della polizia criminale  (Criminalpol).

Rispetto al 2019, ossia prima che la pandemia contribuisse a una diminuzione generale di tutti i reati commessi, i minori denunciati sono aumentati di oltre il 14%.

Erano infatti 25.261 nei primi dieci mesi del 2019 e sono stati 28.881 nei primi dieci mesi del 2022.

Secondo Gemma Tuccillo, ex Capo Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità,

«c’è stata un’evoluzione nell’ultimo decennio, rispetto ai reati commessi dagli adolescenti, sia in gruppo sia da soli,assumendo il carattere di una crescente efferatezza, violenza gratuita e apparente insensatezza di alcune condotte».

Le Baby Gang sono presenti in quasi tutta Italia, e in circa metà delle zone considerate, prevalentemente al Nord, il fenomeno è in aumento.

Secondo le USSM la regione del Nord in cui l’aumento è stato più marcato è l’Emilia-Romagna, mentre al Sud il numero di segnalazioni di gang giovanili è cresciuto di più in Puglia.

Le statistiche ci dicono che nel corso degli ultimi 15 anni il numero dei giovanissimi è minori responsabili di reati, anche gravi, è aumentato del 30 %.

La presenza di gang giovanili non riguarda solo le grandi città ma è generale, in tutta Italia .Inoltre, non è un fenomeno che coinvolge esclusivamente l’Italia ma è stato riscontrato in tutta Europa.

Le baby gang sono composte di solito da meno di dieci ragazzi, quelle con membri prevalentemente di origine straniera, di prima o seconda generazione,,sono diffuse per lo più nel Nord Italia, mentre al Sud sono più numerose le bande composte da italiani, provenienti da situazioni socioeconomiche di disagio e marginalità.

Secondo le Forze di Polizia e gli Uffici di Servizio Sociale per i Minorenni (USSM), i fattori principali per riconoscere una gang giovanile sono la ripetitività dei reati commessi, ossia il fatto che il gruppo agisca stabilmente nel tempo,la gravità dei reati,l’attività sui social network e il fatto che la banda tenti di esercitare un controllo sul territorio.

Le modalità di approccio al crimine delle baby gang seguono uno schema ben preciso. Innanzitutto si instaura un contatto con la vittima dalla quale, quasi sempre per futili motivi, ne scaturisce una lite.

Dalla violenza verbale, poi, si passa velocemente a quella fisica, il tutto con un ritmo estremamente rapido che crea una situazione di terrore e panico per la vittima.

Un ruolo importante nel rappresentare il fenomeno è assunto dai mass media che tendono a enfatizzare i singoli episodi di cronacaòmagari per fini commerciali e sensazionalistici,piuttosto che per dovere di cronaca e tale strategia è stata definita moral panic.

  • L’intervento dello Stato

La crescita incontrollata del fenomeno ha indotto lo Stato ad intervenire nelle Aree a rischio anche sul’onda della preoccupazione suscitata,nell’opinione pubblica,da alcuni recenti e gravi episodi di violenza ed intolleranza tra cui vanno segnalati quelli accaduti a Caivano e Palermo che hanno visto protagoniste le baby gang..

Il Governo ha, comunque, dovuto operare una scelta di metodo di intervento.

Secondo una prima corrente d’opinione,quella della strategia della c.d. “difesa interiorizza ta”, occorreva intervenire prima che un minore riesca ad entrare in una baby gang, magari rinforzando nei giovani la percezione dei valori morali e la distinzione tra bene e male.

Secondo un’altra corrente di pensiero,quella della strategia della c.d.”tolleranza zero”, occorreva predisporre norme più severe come,ad esempio,l’abbassamento dell’età imputabile e l’incremento del periodo di detenzione presso le carceri minorili.

Il tutto alla luce della evidenza che da anni è cresciuta la delinquenza giovanile nel nostro Paese, mentre è, forse, esagerata l’enfasi con cui si parla soltanto di bande giova nili,mentre è del tutto giustificato preoccuparsi dell’uso che la criminalità organizzata fa di ragazzi sempre più giovani e, persino, dei minori.

In ogni caso la questione resta quella se l’inasprimento delle pene, da sola, risolva il problema ed anche se sia saggio ed opportuno trattare tutti i minori come se le vicende criminali, o di reato, in cui sono coinvolti,siano tutte uguali.

In ogni caso,in questi giorni la domanda posta ad una molteplicità di esperti in fenomeni sociali e psicologici che riguardano i giovani e giovanissimi riguarda il rischio d’intervenire sui sintomi invece che sulle cause più profonde del fenomeno che ha radici sociali eviden ti..

La risposta dello Stato preventiva e repressiva è apparsa al Governo indispensabile, ma essa deve far parte di una “ricostruzione” del tessuto culturale, sociale ed economico del territorio per avere effetto sulla  criminalità.minorile.

Se in tante Aree del Paese, e non solo nel Mezzogiorno, la mentalità e l’attività criminale costituiscono un’apparente alternativa alla scuola e ad una vita normale, non si può limitarsi al solo provvedimento che pare confermare la vocazione di questo Governo ad inseguire il problema del giorno che più colpisce la pubblica opinione (come per i Migran ti).

Con questi dubbi della stessa opinione pubblica,è stato approvato nei giorni scorsi di Decreto “Caivano” con l’in tento di incidere du un fenomeno divenuto incontrollabile  ricorrendo alle “Misure urgenti di contrasto al disagio giovanile, alla povertà educativa e alla criminalità minorile” con .con le quali si è cercato di coniugare “la necessità di repressione della delinquenza minorile con la necessità di consentire ai minori che hanno commesso crimini di poter trovare un percorso non solo punitivo, ma rieducativo”,come ha affermato il Guardasigilli Nordio.

Senza entrare nel merito delle misure adottate dal Governo,oggetto di ampia discussio ne in Parlamento e nel Paese,va sottolineato che,nel testo è stato anche inserito un percorso più severo di reinserimento e rieducazione dei minori condannati che prevede  “lo svolgimento di lavori socialmente utili o la collaborazione a titolo gratuito con enti no profit o attività a beneficio della comunità” per 1-6 mesi oltre al Daspo e l’avviso orale del Questore e l’ammonimento per i 14enni che scatterebbero in caso di risse, violenze e minacce,anche senza querela o denuncia.

Per reati che prevedono la reclusione fino a 5 anni, l’ammonimento è stato previsto anche per i 12enni. 

Secondo l’opinione,espressa a caldo dallo Psichiatra Paolo Crepet,“Il vero problema è che sono i genitori che vogliono che i figli abbiano un cellulare.Sono proprio loro i primi che dovrebbero monitorare i figli,capire cosa fanno e come si comportano con gli altri, ma non lo fanno affatto”

Tuttavia.“ essi possono verificare quello che fanno i figli la sera, quando rientrano a casa. Il problema è che dopo una giornata fuori, non hanno voglia di andare a vedere cosa hanno fatto i ragazzi in loro assenza, cosa hanno filmato, dove si sono collegati .Eppure, dovrebbero saperlo perché  prendersi cura dei figli e verificare se hanno compiuto azioni corrette o meno è una regola morale dei genitori”.

  • La Giustizia minorile punitiva

Secondo gli esperti del settore,in Italia la Giustizia minorile non è fatta per punire È considerata un’eccellenza proprio perché orientata al recupero più che alla pena, ma ora il Governo vuole inasprirne alcune fasi.

Le misure proposte nel decreto-legge del governo puntano a inasprire alcuni aspetti della giustizia minorile, che si basa su principi diversi da quelli della giustizia ordinaria per adulti: innanzitutto persegue l’obiettivo di recuperare e reinserire i minori che hanno commesso reati, prima che punirli.

La Giustizia minorile italiana è considerata da molti giuristi un’eccellenza in Europa proprio per come riesce ad applicare questi principi, tenendo il più possibile i minori fuori dalle carceri e proponendo in molti casi percorsi di “messa alla prova”,che se portata a termine in modo soddisfacente si conclude con un’estinzione del reato.

Il Codice del processo penale minorile che regola la giustizia minorile in Italia risale al 1988 e in Europa è considerato un modello virtuoso di applicazione delle direttive pubblicate in quegli stessi anni da organismi internazionali ed europei.

In particolare la “Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell’infanzia” del 1989 e le “Regole minime delle Nazioni Unite per l’amministrazione della giustizia minorile”, le cosiddette “Regole di Pechino” del 1985 evidenziano l’importanza di trovare soluzioni alternative al carcere per i giovani, che tutelino lo sviluppo della persona e del suo benessere e che prevedano la partecipazione attiva del minore, che va ascoltato e coinvolto.

Il Dipartimento per la Giustizia minorile e di comunità ha uffici separati da quelli della giustizia ordinaria, cioè quella degli adulti.

Nel caso dei processi penali si occupa di valutare la responsabilità di ragazzi e ragazze tra i 14 e i 18 anni accusati di aver commesso un reato.

Va sottolineato che sino ai 14 anni, i ragazzi non sono imputabili, il che vuol dire che anche se vengono accusate di qualcosa mancano i presupposti per poterle processare. Nei casi in cui il minore di 14 anni sia ritenuto pericoloso il giudice può decidere di applicare alcune misure di sicurezza, come la libertà vigilata o il collocamento in comunità. 

Nella proposta del Governo si parla invece di allungare la lista dei reati per cui i minori possono essere arrestati in flagranza, a cui si aggiungono tra gli altri lo spaccio di sostanze stupefacenti anche in piccole quantità e la resistenza a pubblico ufficiale.

È previsto inoltre l’inasprimento delle pene per reati di spaccio anche di quantità modeste e per il porto abusivo di armi per cui è prevista una licenza.

Il numero di reati per i quali sarà possibile chiedere per un minore la custodia cautelare – cioè la detenzione che viene ordinata dal giudice prima del processo o della fine delle indagini se si teme che l’imputato possa commettere altri reati, scappare o inquinare le prove – è aumentato, passando da quelli che prevedono pene di almeno 9 anni a tutti quelli che prevedono pene dai 6 anni in su.

Sta di fatto che, anche i minori che finiscono per scontare una pena sono solo una parte di tutti quelli che iniziano un processo penale.

Una caratteristica della giustizia minorile italiana rispetto agli altri paesi europei, infatti, riguarda la cosiddetta “messa alla prova”, cioè la possibilità per l’imputato minorenne di ottenere una sospensione del processo per al massimo tre anni e l’inserimento in un percorso psico riabilitativo personalizzato, che viene elaborato dall’Ufficio di Servizio Sociale per Minorenni (USSM) insieme alla famiglia, al minore, all’avvocato e ai giudici.

La peculiarità della messa alla prova italiana rispetto a soluzioni simili presenti in altri paesi europei è che viene proposta prima della sentenza e che, se svolta in modo ritenuto soddisfacente dai giudici, si conclude con un’estinzione del reato. Vuol dire che il giovane che fa una messa alla prova con esito positivo ne esce con la fedina penale pulita. Un’altra peculiarità italiana è che la messa alla prova per i minori può essere proposta a prescindere dalla gravità del reato che si commette – anche per casi di omicidio – e da quanti reati abbia commesso in passato.

Su qteso ppunto,il decreto-legge introduce una novità anche sulla messa alla prova, che potrà essere iniziata già nella fase delle indagini preliminari con lavori socialmente utili, mentre finora veniva proposta dopo l’inizio del processo.

I dati del Dipartimento per la Giustizia minorile e di comunità mostrano che la percentuale di messe alla prova che si concludono positivamente, quindi con l’estinzione del reato, è pari a circa l’80 per cento: una percentuale che si è mantenuta stabile dal 2003 al 2018.

In caso di fallimento della messa alla prova, il tribunale può anche ricorrere alla sospensione condizionale della pena o al perdono giudiziale.

Il perdono giudiziale esiste solo nella giustizia minorile e consiste nella rinuncia a condannare il minore da parte del tribunale, per favorirne il recupero sociale: può essere concesso solo per reati poco gravi e solo una volta.

Inoltre,non nasconde altre perplessità Mauro Palma, Garante Nazionale dei Detenuti quando afferma. che «Oggi in Italia abbiamo 17 istituti di pena per minorenni che possono contenere fino a 400 ragazzi. Il numero attuale è di 404 minori.

E’ evidente che se gli accessi dovessero crescere, restando queste le attuali strutture, tutto il sistema andrebbe in sofferenza».,,, «Senza contare che ad un maggior numero di giovani ristretti, servirebbe un notevole ampliamento di personale, non solo di sicurezza, ma di psicologi ed educatori. Ci sono i fondi o siamo di fronte ad un decreto fatto di slogan? Perché da sempre nella giustizia minorile l’approdo nell’istituto di pena dovrebbe essere residuale».

Insomma il fragile equilibrio tra detenzione e rieducazione potrebbe saltare se i numeri crescessero troppo r non solo.

Anche il sistema delle comunità,che assorbe il maggior numero di minori che si macchiano di reati medi e piccoli, attraversa «una grande crisi, lo Stato anzi dovrebbe riprenderne il controllo».

Sono 637 (secondo i dati del 2021 di Antigone) le comunità per minori sottoposti a provvedimenti penali, di queste solo tre gestite dal Ministero della Giustizia ed ospitano circa mille ragazzi.  E sono una goccia nel mare.

Occorre,dunque, interrogarsi seriamente,non soltanto sulla reale efficacia “rieducativa” delle norme approvate dal Governo ma soprattutto sulla capacità delle attuali carceri e comunità minorili di reggere il probabile impatto di tanti nuovi “utenti” che sono gli ipotetici baby carcerati fin dai 14 anni.

  • Conclusioni

Come attesta uno studio di Catina Ballotta sulla Rivista Periscopio,secondo il VII Rapporto di Antigone sulla giustizia minorile pubblicato a metà febbraio 2024, erano 10 anni che non si raggiungeva quota 500 minori detenuti nei 17 Istituti penali per minorenni italiani.

Gli ingressi sono in netto aumento. Erano stati 835 nel 2021 e 1.143 nel 2023, la cifra del 2024 è la più alta degli ultimi quindici anni.

I ragazzi presenti negli IPM, gli Istituti Penali per i Minorenni, in misura cautelare erano 340 nel gennaio 2024, contro i 243 del gennaio 2023.

Ma, contrariamente a quanto superficialmente si potrebbe pensare, la criminalità minorile è più o meno stabile.

I dati forniti dall’Istat e dal Ministero dell’Interno relativi ai minorenni arrestati e/o indagati nel periodo 2010–2022, mostrano un picco nel 2015 seguito da un costante decremento.

Ciò che sembra aver fatto la differenza è quindi il Decreto Caivano.

Raddrizzare i giovani, far capire subito come funziona la legge e quanto costa aver sbagliato. Un approccio in contrasto con il nuovo codice di procedura penale entrato in vigore nel 1988, fondato sull’interesse superiore del minore.

Interesse superiore del minore significa che in ogni legge, provvedimento, iniziativa pubblica o privata e in ogni situazione problematica, l’interesse del minore deve avere una considerazione preminente.

Il sovraffollamento delle carceri è un cancro tipicamente italiano, che poi all’interno di tali istituzioni totalizzanti si verifichino situazioni di ripetuta violenza ai danni di detenuti, è cosa assai riprovevole, come per l’episodio del Carcere Beccaria di Milano..

Maggio 2024 

** Avvocato Cassazionista … Docente in Master per la Sicurezza e Relatore in Convegni e Seminari. Autore di varie pubblicazioni e di numerosi articoli di Diritto e Procedura penale, Criminologia,Diritto dell’Immigrazione ed in tema di Vittime di Reato pubblicati sulle principali Riviste Italiane


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