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Il Futuro inglobato nel presente?

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Irene De Blasi

Irene De Blasi

di Enrico Conte

Conversazione-intervista con Irene De Blasi, ricercatrice di matematica, vincitrice di un premio per la sua tesi sulla stabilità di modelli per la “Meccanica Celeste”.

Irene de Blasi mi è comparsa sullo schermo dello smartphone grazie al rimbalzo di un link che rimandava ad una piattaforma internet.

Ha il volto sorridente e lo sguardo di una brava ragazza, di una studiosa, anche perchè ha appena vinto il premio IAU (International Astronomical Union), PhD per la sua tesi di dottorato in Matematica, riguardante la dinamica e la stabilità di modelli di interesse per la “Meccanica Celeste”.

Mi trovo sul treno che porta da Lecce a Milano, accanto a me un gruppo di ragazzi e una ragazza. Alterno il mio sguardo tra il finestrino e lo smartphone, loro sono fissi sullo schermo. Questo tragitto l’avrò fatto centinaia di volte, a partire dagli anni ‘60 quando, con famiglia al completo e valigioni, scendevamo a Voghera, per prendere all’alba la coincidenza che ci avrebbe portato a Sanremo.

 I ragazzi parlano tra loro. Cercheranno una stanza per dormire non lontano dalla Bocconi. Uno di loro dovrà invece andare a Roma, scendendo a Pescara.

Irene De Blasi, cosi leggo grazie al link, dopo essersi laureata alla triennale presso Unisalento, consegue la magistrale a Roma, Tor Vergata, e dopo la discussione di laurea entra nel gruppo sulla Meccanica Celeste, guidato da Susanna Terracini. Attualmente è ricercatrice a Torino.

Irene appartiene alla generazione dei Millennials, quelli nati a cavallo tra novecento e il 2000, alla fine del secolo breve… e con le orecchie e gli occhi rimasti impastati dalle immagini di Gaza nella guerra tra Israele e Hamas in Medio Oriente, e dalla distruzione dell’Ucraina invasa dai russi di Putin, domando a me stesso…ma non era finito il ‘900? E con esso la storia dei contrasti e dei conflitti anche tra due sistemi economici del mondo?

Ma torno a Irene De Blasi, le farò alcune domande via email, che le arriveranno mentre è a New York.

Dott.ssa de Blasi le faccio una domanda a brucia pelo, a cosa serve studiare…voglio dire in generale, non solo la sua disciplina?

La risposta facile (e riduttiva) è: perché non si può mai sapere quando le tue scoperte potranno essere utili. Potrei fare molti esempi, come la teoria dei numeri che è alla base della moderna crittografia.

Ma venendo da una disciplina che molto spesso è puramente “speculativa”, nel senso buono del termine, questa risposta non è sufficiente. Si studia per far parte e far crescere una comunità di persone che lavorano in un determinato campo, e per dare il proprio piccolo contributo all’ampliamento del sapere in generale. Poi si studia per insegnare quello che si è scoperto a chi viene dopo, sperando di accendere la curiosità di chi è più giovane. E si studia per puro piacere personale, che è un aspetto da non sottovalutare mai. 

Le sue ricerche sono nel campo della matematica applicata all’astronomia?

La Meccanica Celeste è, in breve, la branca della matematica che studia il moto dei corpi celesti, generalmente soggetti alle reciproche forze gravitazionali ma anche forze di altra natura, come quella derivante dalla radiazione solare. In generale, i modelli studiati possono essere molto complessi: un esempio classico è il moto di un satellite intorno alla Terra, che risente della forza gravitazionale del nostro pianeta ma anche di quella dei corpi intorno, come la luna, il sole, Giove…

Lei appartiene alla tradizione di studi riconducibili a Ennio De Giorgi, matematico leccese, personaggio leggendario, impressionante per la velocità del suo pensiero (in pochi secondi, gesso alla mano, risolveva problemi complessi) ma, soprattutto,  come ricorda in una recente intervista Luigi Ambrosi, direttore della Normale di Pisa, noto per un particolare metodo che trasmetteva ai suoi allievi, più orientato alla proposizione di problemi che a dare suggerimenti per la soluzione. De Giorgi ripeteva sempre che non ha senso indicare la strada, perché ognuno ne può trovare una tutta sua ugualmente valida…

Il punto è questo: nella didattica si ha facoltà di scegliere tra il proporre un percorso precostituito oppure no. Quando si passa dalla didattica alla ricerca non ha più senso parlare di “suggerimenti per arrivare alla soluzione”, perché la strada non è tracciata e bisogna trovarla da sé. Certo, in questo aiuta moltissimo lo studio della letteratura su un determinato argomento, ma alla fine l’avanzamento della conoscenza va avanti seguendo terreni non ancora battuti.

Allo studio sulla stabilità orbitale dei satelliti lei ha associato quello sul sistema dinamico, detto del “biliardo galattico”: ci spiega questa potente immagine?

Quello che abbiamo battezzato “biliardo galattico” è un modello semplificato che può descrivere il moto di un corpo all’interno di una galassia ellittica con una massa centrale molto grande. La forza gravitazionale dovuta a tutta la galassia e quella della massa centrale agiscono su scale diverse: la prima prevale quando il corpo è lontano dal centro della galassia, mentre la seconda quando vi si avvicina. E’ da qui che nasce l’idea di un “biliardo”, che possa dividere lo spazio in due regioni relative a questi due regimi.

E’ entrata recentemente a far parte dell’EMYA (European Mathematical Society Academy): ci può fare capire di cosa si occupa questo organismo che ha compiti consultivi e propositivi?

L’EMYA è un organo di rappresentanza all’interno dell’European Mathematical Society (Società Europea della Matematica), che raccoglie una enorme comunità di matematici e matematiche provenienti da tutto il continente. Il ruolo dell’EMYA è quello di proporre iniziative di interesse per ricercatori e ricercatrici nei primi stadi del loro percorso accademico, con l’obiettivo di rispondere a bisogni specifici di questa categoria.

Posto che dal 2022 è stata introdotta nell’art 9 della Costituzione, accanto al paesaggio, la tutela dell’ambiente, della biodiversità e l’interesse delle future generazioni, se le fosse data la possibilità cosa vorrebbe chiedere ai governi nazionali e locali, per contrastare il cambiamento climatico e accelerare la transizione verde?

Immagino che l’unica vera soluzione possa essere un investimento corposo e a lungo termine sulla transizione ecologica, così come la disincentivazione, quanto più possibile, dell’utilizzo delle fonti fossili. La cosa paradossale è che l’attivismo verde, peraltro sempre più rappresentato dalle giovani generazioni, ci indica da decenni la direzione da percorrere: basterebbe stare ad ascoltare.

Qual è stato l’errore che, più di ogni altra cosa, l’ha fatta maggiormente crescere?

In matematica, così come immagino in tutti i campi della ricerca, l’errore è all’ordine del giorno. Mi è capitato più volte di scherzare (e neanche tanto) con colleghi e colleghe dicendo che, quando va bene, il nostro lavoro è fatto al 95% di strade sbagliate e al 5% di quello che poi viene pubblicato. Ma la verità è che anche sbagliare approccio insegna qualcosa: capire quello che non funziona è altrettanto importante che scoprire cosa funzionerà.

Lavorare in smart working. Pensa che possa aiutare a ripopolare le aree più marginali del paese? Cosa servirebbe per trattenere o attrarre i giovani, in particolare nel Mezzogiorno?

Sono sempre stata una grande sostenitrice del lavoro a distanza, per tutti quei lavori che non necessitano veramente di una presenza fisica sul campo. Nel corso della pandemia molte categorie hanno potuto sperimentarlo, la mia compresa, visto che ho svolto il mio primo anno di dottorato totalmente a distanza. E’ un peccato che in tanti casi a fine emergenza i decisori politici abbiano semplicemente deciso di tornare indietro al modello precedente, senza trarne alcuna lezione.

Per quanto riguarda i giovani, la mia esperienza diretta riguarda il mondo dell’accademia. Le università sono sempre meno finanziate, e la situazione negli atenei del Sud è particolarmente drammatica. Il cursus honorum di chi aspira ad entrare nel mondo dell’accademia prevede almeno sei/sette anni di precariato (quando va bene), con condizioni contrattuali e stipendi spesso inadeguati. Questo non riguarda solo l’accademia, ma il mercato del lavoro in generale, che non consente a delle persone giovani di poter costruire un futuro su basi solide.

L’Intelligenza Artificiale: tra qualche anno non faremo più ricerche su Google ma solo ed esclusivamente una domanda, l’algoritmo eseguirà. Se questo accadrà cosa serve per preservare la ricchezza del pensiero e non correre il rischio, altissimo, che gli strati meno istruiti della popolazione possano perdere le competenze di base?

Gli algoritmi alla base dell’intelligenza artificiale possono essere molto utili nel campo dell’ottimizzazione e per analizzare grandi archivi di dati, ma vanno usati con criterio e, soprattutto, con grande spirito critico. Una volta chiesi a una di queste macchine di fornirmi una referenza su un argomento specifico, e inventò di sana pianta un articolo mai esistito, con tanto di giornale e anno di pubblicazione.

Credo che allo stato attuale il problema non riguardi solo gli strati meno istruiti: i meccanismi alla base delle nuove tecnologie sono spesso ignorati anche da chi ha un buon livello di istruzione. Non si tratta di acquisire o perdere competenze di base, quanto di approcciarsi ai nuovi strumenti tecnologici con la consapevolezza di non poter accettare tutto quello che ne esce fuori acriticamente, esattamente come andrebbe fatto con una ricerca Google.

Finito di preparare le domande che invierò a New York, dove si trova Irene De Blasi,  mi intrometto, con lo sguardo, nel parlare dei ragazzi che ho accanto, sul Frecciarossa che scorre tra gli ulivi del barese, per fortuna toccati ancora marginalmente dalla Xylella, che ha distrutto 22 milioni di alberi nel Salento, e vorrei chiedergli: cosa andate a  fare a Milano? E a Roma? Cosa cercate? Cosa vorreste fare? Secondo voi, perchè un milione di ragazzi negli ultimi 10 anni ha lasciato l’Italia?

Mi piacerebbe che, leggendo questo articolo sulla rivista, alcuni lettori  rispondessero a queste domande mandando una email (erriconte@libero.it)a partire da quella che si ritrova nel titolo.

Enrico Conte

Redazione di Trieste

de Il Pensiero Mediterraneo

New York
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