IL PENSIERO MEDITERRANEO

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Da Greccio a Rieti. La valle del primo presepe nell’ottavo centenario francescano.

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di Antonella Buttazzo

Nella suggestiva cornice del Salone Papale di Rieti, in collaborazione con l’Agenzia di Promozione Territoriale della Basilicata, fino al 2 febbraio 2023, saranno esposti otto presepi d’artista.

La mostra di Greccio

La mostra, a cura dello storico dell’arte Giuseppe Appella, annovera opere realizzate da artisti che hanno fatto della Basilicata e del comune di Castronuovo di Sant’Andrea, punto di riferimento cardine della propria arte. In particolare, proprio grazie ad Appella, è nato il Museo Internazionale del Presepio ‘’Vanni Scheiwiller’’, da cui provengono le opere qui esposte.

Di seguito gli artisti e i titoli delle loro realizzazioni: Il presepe foresta, Roberto Almagno (2001); Il presepe dischiuso, Bruno Conte (2007); Il presepe geometrico, Lucio Del Pezzo (2013); Il presepe alluminato, Carlo Lorenzetti (1998); Il presepe dono, Giuseppe Pirozzi (2012); Il presepe svelato, Ernesto Porcari (2002); Il presepe pastorale, Giuseppe Salvatori (2017); Il candido presepe, Salvatore Sava (2006).

Il presepe foresta di Roberto Almagno, 2001, legno
”Fa che io non pieghi il mio cuore
al gioco degli altri,
e viva di verità e di poesia.”
Il presepe dischiuso di Bruno Conte, 2007, legno
”… e tra buio e buio
riconoscere una mano e l’altra
mani grigie
dalla lontana pressante marea
trovando silenzio
per ascoltare anche le onde del muro
così da ritrarsi
dal fare male
a se stessi.”

La mostra, inaugurata nelle scorse settimane, si propone come scopo quello di dare valore all’arte presepiale lucana nel fittissimo calendario di celebrazioni dedicato all’ottavo centenario francescano che terminerà con il ricordo encomiastico del primo presepe realizzato da San Francesco nel 1223.

La nascita del presepe.

Tracce rudimentali del presepe risalgono intorno al III-IV secolo quando, i primi fedeli cristiani testimoniarono artisticamente nei loro luoghi di ritrovo, le immagini di Maria con il piccolo Gesù in grembo, spesso riassunti anche in semplici iscrizioni simboliche, come quella del pesce, del pavone o dell’agnello.

Il presepe geometrico di Lucio Del Pezzo, 2013, legno
”e fare in modo che la nostra vita
sia più in armonia con il creato
e coi nostri simili.”
Il presepe alluminato di Carlo Lorenzetti, 1998, alluminio
”pioggia
di cristalli di rocca
sulla sabbia morbida
girotondo annunciato
dagli angeli laminati
mani nelle mani
argento vivo
accende ancora
attesa la scintilla
sperata”

Queste simbologie, facendo un excursus storico-iconografico, furono assimilate dalle culture precedenti, quali quella romana ed etrusca.

Con l’avvento del Medioevo, esempi di presepe possono essere ancora considerate le numerose raffigurazioni della Natività di Cristo esposte nelle chiese come spiegazione alla popolazione analfabeta delle scene della vita di Gesù.

Il primo vero presepe.

Il primo presepio come oggi lo interpretiamo, lo dobbiamo a San Francesco d’Assisi, il quale, il giorno di Natale del 1223, nel piccolo paese di Greccio (vicino Rieti), inscenò una Natività con pochi ed essenziali elementi. L’idea nacque da un viaggio che il Santo fece nel 1220: un pellegrinaggio in Terra Santa per visitare i luoghi della nascita di Gesù Cristo.

La rappresentazione ebbe luogo in una grotta situata nei pressi di un bosco vicino al paese. Qui, Francesco allestì una mangiatoia con della paglia, alla quale vi affiancò un bue e un asino.

La presenza di questi due animali non è casuale. Infatti, ripercorrendo l’etimologia della parola presepio, essa deriva dal latino praesepium o praesepe, ovvero greppia, mangiatoia, che denota la presenza di un animale da stalla e quindi, il Santo scelse il bue. Per quanto concerne l’asino invece, la scelta ricadde sull’equide, in segno di rispetto, poiché, portò sul suo dorso per tutto il tragitto da Nazareth a Betlemme Maria incinta.

Il presepe dono di Giuseppe Pirozzi, 2012, terracotta
”Con le mie mani
forze antiche ho ascoltato
e i miei pensieri plasmato.”
Il presepe svelato di Ernesto Porcari, 2002, ferro
”Ascolta le mie parole
di silenzi e di dubbi,
di timori e di imprecazioni.
Se effimero è tutto ciò che è composto
e l’Uomo mandò l’uomo perché lo svelasse,
aiutami a cercarti, ad amarti, senza annoiarti.”

Tornando all’allestimento francescano, non vi erano figuranti per la Vergine, Giuseppe e il Bambinello ma l’occasione fu comunque un modo per istruire gli illetterati al racconto della nascita di Gesù.

Da quel momento, le rappresentazioni della Natività si arricchirono di volta in volta di scenografie nuove e personaggi scolpiti che popolarono le chiese, tra altari e tele.

Così, l’evento di Greccio si fece tradizione popolare, mutandosi e diffondendosi, come la Lieta Novella, in tutta Italia, non solo negli ambienti ecclesiastici ma anche nelle case nobiliari, ovviamente come decorazione mobile o riproduzione in miniatura.

Ma quando arriva il presepe nelle nostre case?

Il presepe divenne ‘’popolare’’ solo tra il XVIII e il XIX secolo, fino a giungere al nostro tempo, fatto di nuove composizioni materiali e funzionali che lo rendono, ancor oggi, più suggestivo e durevole nel tempo.

La mostra di Greccio. Uno sguardo critico.

Con rinnovato appuntamento, scandito con l’avanzare dei mesi e delle stagioni, il Natale offre nella sua concezione il confronto tra le personalità che muovono o hanno mosso le coscienze artistiche che propongono il loro personale approccio a questa festività.

Il presepe pastorale di Giuseppe Salvatori, 2016, balsa e tempera vinilica, cm 30×2000
”Adesso, coi promossi
e no, ti dico
del debito celeste
l’infinita promessa,
l’ultima Sua traccia
e Tua geometria più dura,
quella del legno aperto:
chiodo padre
lacrima madre
Altro non so che
testimoni qui stiamo,
nati nell’ora che nasci
e per sempre.”
Il candido presepe di Salvatore Sava, 2006, pietra leccese e ferro
”Nella notte senza luna,
son partito verso il blu,
son partito e son rinato,
son rinato grazie a te,
son partito insieme a loro,
son partiti insieme a me.”

In particolare, la mostra del Salone Papale di Rieti, curata dallo storico dell’arte Giuseppe Appella, la si potrebbe interpretare come un puzzle di un divenire costante che muta col trascorrere del tempo e delle generazioni, proponendo visioni diverse d’insieme.

Come considerare questo incastrarsi di stili?

Li si potrebbe riassumere in questa maniera: un momento espositivo, sacro e generazionale in evoluzione continua. Dove gli attori principali di questa esposizione, gli artisti e i presepi diventano testimonianza di un’evoluzione, un incontro presente tra passato e futuro da intendersi come un ricordo dell’opera francescana che non conosce limiti temporali.

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