IL PENSIERO MEDITERRANEO

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L’ipocrisia del Natale

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Di Pompeo Maritati

E’ la vigilia di Natale. E’ il giorno dell’apoteosi dell’ipocrisia. Amore, bontà, solidarietà sono i termini esclusivi della vigilia di Natale.  Non parliamo poi dello scambio dei benevoli  auspici, anch’essi improntati su un altruismo senza limiti, ovviamente di carattere verbale, avendo sino al giorno prima  razzolato nella più egoistica individuale indifferenza verso tutto ciò che avrebbe potuto rappresentare la “solidarietà”.

Da qualche giorno lo sport preferito è quello dello “Shopping” e l’assillo persistente come un chiodo conficcato nel cervello è cosa regalare e a chi. Un frenetico via vai di gente, frettolosamente sovrastata da pacchi di ogni misura, per lo più elemento di esibizionistico bisogno nel far vedere che io faccio i regali e sono anche di quelli buoni. 

E’ un trillare continuo e fastidioso dei cellulari dispensatori degli auguri natalizi, soprattutto in forma di messaggistica avendo già da tempo tralasciato la vecchia e scomoda abitudine di comprare, scrivere, imbustare e affrancare i variopinti bigliettini d’auguri cartacei.

Oggi basta accedere nella propria rubrica e in un battibaleno invii messaggi di Auguri a decine e decine di persone contemporaneamente.  Prima tornando a casa trovavi la cassetta della posta traboccanti di tanti bigliettini augurali, spesso provenienti dai più remoti lembi di questo pianeta e nell’aprirli e nel leggere il loro contenuto, per quei pochi minuti sembrava che s’interloquisse con il mittente di quella missiva augurale. 

Un mondo romantico, fatto di piccole cose, semplici che ci ponevano nelle condizioni di riflettere sulla quotidianità dei nostri eventi. Oggi la multimedialità, ci fa viaggiare alla velocità della luce, ci fa interagire in tempo reale con chiunque in qualunque angolo remoto del mondo, ci consente di avere i nostri occhi un po’ ovunque, solo che questa frenetica corsa verso un domani sempre più veloce ci sta portando a non guardare più in noi stessi. 

Adesso che è Natale abbiamo tutti indossato l’abito buono, abbiamo tolto dall’armadio del nostro cuore la parte più buona che ahimè non riesce più a comunicare con quella parte neuronale del nostro cervello, facendoci  così diventare degli stupidi ominidi ripetitivi,  spesso senza avere più la consapevolezza di ciò che stiamo vivendo.

Ipocritamente definiamo il Natale la festa della bontà e sarei veramente curioso di sapere quanti di voi in questi giorni hanno pensato di dedicare qualche ora del loro prezioso tempo libero a tutti coloro che vivono situazione di disagio.  A volte non c’è bisogno di andare tanto lontano dalle proprie case per incontrare tanta di quella gente che gradirebbe da noi una parola,  un sorriso, non l’elemosina, ma sentirsi parte di noi con noi. Forse questo dovrebbe essere il Natale. Non entro nell’ambito della tradizione religiosa o popolare, desidero solo evidenziare quanto questa società moderna continui a vivere il Natale come una semplice ed allegra conviviale occasione avendo da tempo, oramai, riposto in qualche angolo remoto del nostro cuore, il suo vero significato.  

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