IL PENSIERO MEDITERRANEO

Incontri di Culture sulle sponde del mediterraneo – Rivista Culturale online

Il treno della memoria. Diario di un giovane viaggiatore del Terzo Millennio. Seconda parte

17 min read
filo spinato nel campo di concentramento di Auschwitz

di Damiano Semeraro

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Giorno V – 25 gennaio 2023

Stamattina Anna e Isa ci aspettano sotto l’ostello: dobbiamo andare a visitare il ghetto, la fabbrica Schindler, e il quartiere ebraico.

Ci rendiamo subito conto della topografia di Cracovia di ieri e di oggi, spaccata da un fiume, il Vistola, che ne ha fatto una città di ponti, a volte anche metaforici.

uno dei ponti di Cracovia

Dall’altro lato del fiume vi era il paesino di Podgorze, ora quartiere di Cracovia, dove i nazisti, creando un ghetto apposito, relegarono gli ebrei che dovevano confluirvi entro il 20 Marzo 1941; in realtà all’inizio era solo di passaggio, subito infatti molti venivano portati a Belzec, un vicino campo di sterminio che forse nessuno conosce ma dove in pochi mesi furono annientate circa 50.000 persone …. e in tutta la deportazione …. 500.000 ebrei polacchi!

Dov’era il ghetto ora vi è una piazza con 68 sedie a ricordare i 68.000 ebrei che si trovavano nella Cracovia libera; affacciata sulla piazza esiste ancora la farmacia del dottor Tadeusz Pankiewicz che aiutó in ogni modo gli ebrei del ghetto.

la piazza di Cracovia con le 68 sedie

A pochi passi vi é la fabbrica sopra citata che produceva pentole smaltate il cui titolare era Oscar Schindler. Al momento della ghettizzazione molti ebrei iniziarono a lavorare con lui e, se prima era nazista anch’egli, la coscienza forse lo ridestò dal sogno politico e alla fine della guerra riuscì a salvare circa 1.100 ebrei: é il più noto tra i tanti “Giusti tra le nazioni” polacchi, lui stesso piantò il suo albero a Gerusalemme.

le pentole smaltate prodotte nella fabbrica di Schindler

Nel pomeriggio ci rechiamo invece nel grande quartiere ebraico, dove si respira ancora la serenità del popolo che vi abitava, con ben sette sinagoghe ed alcuni cimiteri, una bella piazza mercato e una grande strada al centro.

Alla fine della visita, Isa, la nostra splendida guida, ci saluta e noi siamo liberi di consumare la nostra zapiekanka (un tipico pane condito cracoviano) e di girare per la città.

Giorno VI – 26 gennaio 2023

Sono le sei del mattino del 26 Gennaio 2023, stiamo per prendere il pullman e dirigerci ad Auschwitz.

Fuori è buio e la nostra destinazione è a circa un’ora e mezza di strada da dove ci troviamo, quindi ci hanno dato la colazione in pullman, per ottimizzare i tempi.

Io mi preparo psicologicamente …. in realtà sto cercando di prepararmi da giorni a questo momento e cerco di immedesimarmi, scalino dopo scalino, nell’essere un deportato … credo di riuscirci, ma probabilmente é solo pura fantasia.

Ho provato a non coprirmi tanto, in modo da sentire un po’ il freddo, a non esagerare nell’alimentazione, a togliermi gli occhiali mentre cammino nel campo… ma mi rendo conto che non potrà mai essere la stessa cosa. Tutto ciò però mi permette di sentire almeno un piccolissimo disagio.

Arriviamo ad Auschwitz!

Sento che l’aria quí è diversa.

Ma no, nessun odore, nessuna spossatezza … non voglio somatizzare quello che ho dentro, voglio viverlo!

Ad un tratto mi sembra quasi di sentire delle urla e tutto il mio essere ne è sconvolto…. è l’urlo delle madri di Auschwitz, che hanno visto i propri figli soffrire e poi morire, tenendoli tra le braccia nelle camere a gas.

Un urlo potente, poi taciuto e imploso.

Poi… il nulla.

Tutto è silenzio e vuoto, non riesco più nemmeno a pensare.

Mi sento improvvisamente stanco ed entro in una sorta di catalessi interiore.

Ed è così che vivrò tutto la mia visita al campo.

campo di concentramento di Auschwitz
filo spinato nel campo di concentramento di Auschwitz
letti nel campo di concentramento di Auschwitz

Dopo aver fatto tutte le pratiche di ingresso e aver ripassato le regole da rispettare una volta all’interno, entriamo nel campo… ed ecco davanti a me un cortile e in fondo un cancello … si proprio quello, con quella scritta!

Abbiamo la guida più brava, ci dicono gli educatori, perché siamo un bel gruppo e ce lo siamo meritato!

Ci spiega, partendo da molto lontano, come l’umanità sia arrivata ad Auschwitz.
Sì, proprio l’umanità, avete capito bene.
Perché Auschwitz non è Adolf Hitler, non è la Germania, non è la Polonia, non rappresenta solo la questione ebraica, ma riguarda tutti, ogni singolo uomo che abita la Terra!

Dopo averci illustrato molto nitidamente tutta la situazione storica e geo-politica ci addentriamo nella storia del campo, in ogni suo piccolissimo particolare.

Ci fa uscire rapidamente da quella che era la nostra idea di Auschwitz, e io credo di aver capito anche il perché: più che demonizzare Auschwitz (che é stata solo la soluzione finale), bisognerebbe forse demonizzare gli esseri umani, che per anni l’hanno lucidamente PROGETTATA e PERPETRATA!

In questo passaggio comprendo una cosa: l’uomo è capace di prendere come verità assoluta una meschina menzogna, di accettarla tacitamente senza porsi domande, in modo cieco e acritico.
Ed è disposto a tutto pur di difendere questa menzogna.
E tutto ciò, senza neppure accorgersene.

Bisogna parlare, sempre, contro ogni minima forma di sopruso, soggiogo, dignità violata, raggiro …. mai tacere!

In Adolf Hitler dunque, dopo qualche anno di politiche subdole, il popolo Germanico, molto diviso e provato, vide una sorta di riscatto e gli affidò completamente le sorti della Germania; da qui l’escalation incontrollabile di violenza, un incalzare continuo, marziale, fino a giungere alla guerra e allo sterminio!

Inutile dirvi quello che ho visto ad Auschwitz. Perché più o meno tutti lo sappiamo. Vorrei essere in grado di dirvi quello che ho avvertito dentro di me, come mi sono sentito!

Quello che noi intendiamo come Auschwitz é solo il campo 1 di una sistema complesso e vastissimo di campi: qui effettivamente si lavorava, si facevano gli esperimenti per ultimare al meglio la soluzione finale, qui si sperimentavano le camere a gas; ogni metodo atroce di sterminio veniva sadicamente affinato.
Ma fu a Birkenau dove lo sterminio conobbe numeri, metodi e tempi davvero inconcepibili!

montagna di scarpe nel campo di concentramento appartenute agli ebrei morti
forni crematori nel campo di concentramento

Stamattina ad Auschwitz, abbiamo visitato una sala dove era presente un enorme libro con tutti i nomi dei 6 milioni di vittime ebree dell’olocausto: non é il classico libro che intendiamo noi, é una grande struttura sulle cui pagine si possono leggere i nomi, la data di nascita e il luogo della morte, quando conosciuti.

libro dei nomi ad Auschwitz

Abbiamo scelto un nome a testa e ce lo siamo “affidato”, ci servirà nella commemorazione pomeridiana finale a Birkenau, per dare di nuovo un nome ad un numero, per dare un conforto nell’aldilà a chi non lo ha avuto qui in terra: il mio nome é Fromer Perelka!

Siamo al campo di Birkenau, a tre km dal campo 1, davanti a noi i grandi binari del treno tagliano i campi e si perdono in una imponente costruzione davanti a noi, con al centro una torre e una grande apertura.

ingresso campo di Birkenau

Qui é tutto originale, a parte qualche piccolo lavoro di mantenimento: la ferrovia, il piazzale dove arrivavano i deportati e si dirigevano verso la morte o verso il lavoro, i blocchi, i lavatoi, le camere a gas, i forni … tutti luoghi che stamattina avevamo solo visto in foto … ora sono davanti a noi, sono reali e tangibili. La sensazione é incredibile.

Stamattina abbiamo scoperto che la stragrande maggioranza delle testimonianze fotografiche di Auschwitz ce le abbiamo grazie ad un album ritrovato durante la liberazione.
L’album contiene 200 scatti effettuati da un militare delle SS, una delle mattinate tra maggio e giugno del 1944 in cui arrivavano i “carichi” di deportati. Nel campo di Birkenau arrivarono 500.000 ebrei ungheresi!

Quelle foto hanno qualcosa di terribilmente reale e narrano quello che successe in quei due mesi in cui Auschwitz conobbe la sua massima “produttività”, uccidere-bruciare-smaltire, uccidere-bruciare-smaltire, uccidere-bruciare-smaltire… stiamo parlando di numeri altissimi!

Quelle foto ci hanno fatto capire un aspetto importantissimo: i deportati che giungevano al campo, qui conoscevano l’apoteosi della loro “denaturazione”; la fame, la instabilità psichica, la precarietà esistenziale. Come tornare indietro nell’evoluzione della specie e giungere ad uno stato brado, animale.

Tenere il figlio attaccato a sè come fanno i cuccioli, portare il proprio fagotto di affetti sempre vicino, anche a pochissimi metri dalla camera a gas: questo si vede chiaramente nella prima foto. Quella che si vede dietro di loro è proprio una camera a gas e quelle persone raffigurate nella foto probabilmente lo sapevano… eppure sul loro viso vi è una sorta di impassibilità, appena velata di incoscienza, come fosse la normalità…

La mia testa inizia a girare …. lo sguardo si aggira inquieto tra questi campi. Sento che la mia fermezza comincia a vacillare.

Arriviamo al grande Memoriale e il mio cuore si riempie di speranza: alzo gli occhi al cielo, che in questi giorni non avevo mai visto così chiaro, si intravede addirittura il blu e un timido raggio di sole fa capolino dietro a una nuvoletta bianca!

Il momento del ricordo é struggente: ci viene chiesto di ricordare quel nome e lo facciamo tutti, uno per uno, sento che da lontano anche la mia Perelka mi sorride e mi ringrazia; dopo ci viene dato un piccolo lume che accendiamo e depositiamo insieme al nome sulle lapidi in varie lingue che ornano il monumento.

la mia idea sul popolo di Germania prende forma quando vedo la lapide tedesca piena, più di tutte le altre, di ceri e commemorazioni!

Andando via incontriamo in senso opposto, sul bordo del viale, la comunità ebraica che si reca al memoriale e sembra quasi interrogarci… do molti significati a questo incontro! Così lasciamo Birkenau.

LAPIDE a BIRKENAU

Giorno VII – 27 gennaio 2023

ɢɪᴏʀɴᴀᴛᴀ ᴅᴇʟʟᴀ ᴍᴇᴍᴏʀɪᴀ

Stamattina nessuna fretta: ore 9:30 assemblea con il nostro gruppo H!

É stato un gruppo bellissimo, tante fasce d’età, da 17enni a me, che sono il più grande del gruppo, anche degli educatori (simpatica questa cosa!) e due prof. eccezionali che accompagnano gli studenti. L’esperienza di questi giorni ci ha fatto tutti maturare un po’ rispetto a quando siamo partiti.

In assemblea sono uscite tematiche nuove, di cui si parla poco: abbiamo provato a vedere l’olocausto non dal lato delle vittime ma dei carnefici, portando Auschwitz nel 2023.
Riflettiamo tanto sul fatto che in realtà la matrice di un campo di concentramento é molto piccola, basta semplicemente creare un’etichetta, far passare un po’ di tempo e il gioco é fatto.
Ogni essere umano ha dentro di sé un germe di sadismo che può inneggiare all’egoismo, alle differenze, e provocare emarginazione e violenza.

Abbiamo però notato quanto é influente in tutto ciò l’indifferenza: quanti di noi avrebbero osato, come i resistenti polacchi, ospitare un ebreo, sapendo di rischiare la vita insieme alla propria famiglia? quanti lo fanno oggi con chi chiede aiuto, quanti di noi di fronte all’odio e alla violenza cambiano strada, quanti tracciano con estrema normalità piccole linee di demarcazione per allontanare chi è “differente” che diventano solchi sempre più profondi.

Abbiamo provato tutti a darci delle risposte, a immedesimarci nei deportati ma non ci si può riuscire se non vivendo in prima persona quelle atrocità. Abbiamo provato a pensare ad un essere umano più civile, ad un mondo più sano, ci abbiamo riflettuto molto e ci siamo accorti che tutti avevamo idee simili: questo ci ha dato speranza. L’impegno di ognuno di noi, da oggi in poi, è essere un piccolo seme per un futuro migliore.

Abbiamo poi riportato tutte le nostre impressioni personali nella grande assemblea plenaria che si è tenuta nell’Università Jagellonica.

Qui ci aspettava tutto lo staff, in un meraviglioso clima di amicizia, e abbiamo iniziato l’assemblea abbracciandoci!

Quanto può essere meraviglioso l’essere umano!

Ci sono stati tantissimi interventi, accompagnati dalle parole di Liliana Segre, del presidente Paolo Paticchio e da alcune storie. Ognuno di noi prende un souvenir: una felpa con la stampa de “Il treno della memoria”, contribuendo a questo meraviglioso progetto e poi siamo liberi…

Un ultimo giro prima di tornare a casa.

assemblea dei ragazzi del treno nell'Università Jaghellonica

Giorno VIII – 28 gennaio

La sveglia è alle 5, così ho il tempo di sistemarmi con calma e alle 6 scendo solo dall’ostello, per andare a comprare un po’ di pane tipico da portare a casa, quel pane bianco, gonfio e tondo che i deportati hanno tanto desiderato e invece mangiavano solo pane di farro e segatura, si segatura, infatti nei campi tutti, deportati e non, soffrivano di diarrea, tutti!

Alle 6:30 carichiamo i bagagli sul pullman e parte il nostro treno di ritorno.
I pensieri in questo momento sono tanti, troppi, differenti, unici e pesanti; se quando sei nei campi di concentramento non hai forza di pensare e trovare parole, quando torni, pensi, tanto; vorresti parlare, parlare e parlare, gridare al mondo quello che hai visto, condividere la tua forte esperienza e coinvolgere più persone possibile!

Ho cercato in tutti i modi di viverlo al meglio, anche nella musica, nella lettura, nella scrittura, fino a quando però non abbiamo visto gli affetti appartenenti ai deportati, le scarpe, gli occhiali, i bagagli, le scodelle e poi i capelli, 2 tonnellate di capelli, rasi dopo le camere a gas, ai morti, capite?

Ecco, vedere questo mi ha distrutto dentro, letteralmente. Vedere le scarpe dei bambini, quei normalissimi vestitini di bambini ebrei, e dentro a quelli rivedere le mie nipoti mi ha fatto toccare il fondo, completamente. E se in un paio di quelle scarpe ci fosse stata mia nipote, se fossero entrati in casa mia e mi avessero sbattuto in un lager, se avessero ammazzato mia madre, mio padre, la mia famiglia, o mia nipote lí, davanti a me, con un colpo di pistola alla nuca, o i miei amici: sarei potuto essere tranquillamente io l’interessato e così, rivivere tutto questo in prima persona…mi ha dilaniato l’anima!

Tutto ciò é successo nella realtà, a persone come noi…questo lo dobbiamo capire!
Penso: non è bastata la morte di 17 milioni di persone per farci capire l’inutilità e l’atrocità della guerra? 17 milioni di vite come noi!
Ogni anno 2 milioni di persone visitano Auschwitz, eppure sono stato a pochissimi kilometri da un fronte di guerra…
Non so più cosa pensare, dove cercare le risposte!
Ho solo bisogno di silenzio…tanto silenzio!

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