IL PENSIERO MEDITERRANEO

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Le Torri

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Masseria Fortificata

Masseria Fortificata

di Maurizio Mazzotta

 I racconti  che presento sono tratti dal romanzo breve  Le sue dita come stecchi di mandorlo – essereuomo in Amazon. Regalo le poche copie rimaste a chi ha il piacere di leggere libri e vuole conoscere tutta questa storia, peraltro alcuni brani sono già apparsi in queste pagine. Nonno e nipote: scambio di emozioni. il nonno racconta due secoli del Salento e consegna al nipote le origini della famiglia intrise di gioie, dolori e incanti.  

Le Torri

Fecero l’ingresso dal portone che il nonno per l’occasione aveva spalancato, consapevole di ciò che sarebbe avvenuto nei mesi successivi.

Attraversarono il vano carraio, trapassando la casa da una parte all’altra, ed entrarono nel cortile interno. L’automobile si fermò all’ombra della palma.

Era una masseria fortificata del sedicesimo secolo, costruita attorno a un pozzo ancora più antico. La nonna Lucia li attendeva in cima alle scale sul ballatoio. Vi erano passati sotto, entrando con l’automobile, e dal cortile il ballatoio apparve nello splendore del gelsomino, che lo raggiun­geva da destra e da  sinistra per adornarlo  di bianco. La nonna contribuiva col suo vestito azzurro cosparso di piccoli fiori gialli a colorare l’estate del prospet­to interno della casa, del cortile, della masseria.

Cominciarono le parentesi estive alle Torri, coi latrati e i muggiti, le cicale e i grilli, i racconti della sera assai diver­si dalle fiabe della zia Francesca sia per i narratori che per il linguag­gio che usavano: i contadini della masseria si esprimevano in un dialetto luminoso e torbido, disciolto e serrato. Differenti quei racconti nei contenuti: avventure di caccia, se erano gli uomini anziani a tener discorso, storie di morti viventi se erano le donne a imporsi, storie   a volte addirittura terrificanti, più di quelle che ascoltava a Nùvoli dalla Rosina che aveva rispetto della sua età. Il tutto rasserenato dalle solenni posture della nonna presso le cui ginocchia Marco sedeva e che lo tranquillizzava passandogli di tanto in tanto la mano sui capelli, e dalle volute di fumo denso, grigio che salivano dalla pipa del nonno verso lo sfondo pulito della sera.

Ma durò poco, perché ad anticipare il miracolo fu proprio Marco, che si studiava il nonno e scrutava la linea densa del suo sguardo: striscia di azzurro sbiadito dall’età, sopracciglia stracariche che inondavano il volto del vecchio. Le giornate senza che egli se ne accorgesse si costruirono una meta: sedersi accanto al nonno Vincenzo dopo cena. Il vecchio parlava poco,  ma sempre più si rivolgeva al nipote. Marco arrivò a desiderare di essere solo con lui, ma lo desiderava come si vuole la luna. E questo fu il nonno, ovviamente, a deciderlo. Cominciò col portarlo con sé nei giri all’interno per il controllo prima di notte,ma anche egli ben presto prolungò il loro stare insieme facendo larghi giri prima e dopo la visita alle stalle.  Così sbocciò il miracolo del loro stupendo rapporto.

Marco non si accorgeva subito quando questo stare insieme al nonno cresceva di intensità. Col nonno era ancora più bambino che si affida tenendo stretta la mano, anche se con i suoi dieci anni era osservatore attento e scrupoloso. Con lui Marco ricominciava il percorso: ascoltava e assorbiva, si lasciava impregnare da storie di caccia e di briganti, da storie di amore, inverosimili, negli straordinari ambienti fre­quentati dal nonno. Passò del tempo prima che gli ponesse domande: quando si accorse che il nonno parlava proprio a lui. Aveva ormai chiara in mente la vita del nonno Vincenzo, quel mosaico mirabile che metteva su lavorando di ascolto ogni estate, senza premura, perché la forza che lo sosteneva era così paziente che gli permetteva di sostare e gustare l’esperienza del momento. Dal nonno Vincenzo Marco imparava a costruire senza ansia, allenando l’immaginazione, la capacità di organizzare e quella di prevedere.

Nella prima storia che gli raccontò c’erano uccelli trasparenti.

Da ragazzo il nonno era stato in collegio e aveva imparato a leggere meno i libri imposti dallo studio e più quelli che si sceglieva nella biblioteca, che erano libri di pittura. I soggetti che lo avevano affascinato erano gli animali e come i pittori li raffi­guravano. Vincenzo parlava a Marco non come un professore ma come un amico anche quando parlava di arte, delle tele che aveva contemplato e studiato e dei pittori che aveva conosciuto. Ma l’avventura che galvanizzò i suoi giovani anni e quelli degli amici cui ripeteva i racconti del nonno, cominciò quando una sera  il nonno si espresse in salentino ritmando:

–  Me mangiu centu puerci ‘nna matina/ Centu cristati cu tutta la lana/ Te maccaruni ‘nna chiusura china,/ Casu quanto ne caccia all’Aitrana/ ‘Ncora la entre mia nu ‘bbera china/ Ca scìa e binìa a suenu te campana. –

Il nonno accese la pipa, che si era spenta, calcando il tabacco nel fornello con un minuscolo pestello. Riprese rischiarandosi in volto:

– Dovevi vederlo, un Gargantua salentino! Metteva in bocca quello che gli capitava, di crudo e di cotto, di dolce e di salato continuamente. Un Gargantua più povero era Modesto, perché poche volte aveva potuto mangiare come avrebbe voluto. Quando alla masseria si festeggiavano speciali ricorrenze campagnole allora, per forza, mi venivano in mente questi versi che proprio lui mi aveva insegnato. Te maccaruni ‘nna chiusura china, cento castrati con tutta la lana lasciavano la pancia di quel gigante ugualmente vuota, tutto quello che ingoiava andava e veniva nel suo ventre come il batacchio della campana. Fame di una vita che non si poteva placare! Se ci fermavamo presso qualche massaro per la pausa della colazione, quando si andava a caccia, il primo a bere dalla menza di dodici litri che veniva offerta era lui. La pren­deva infilando la mano destra nell’ansa  di sinistra e la solle­vava poggiando il collo del recipiente sul polso. La portava così alla bocca e ingoiava litri di acqua freschissima di pozzo. Puoi immaginare! Per me ragazzo era sorpresa e ammirazione vedere compiere quell’atto con la stessa leggerezza con cui tutti gli altri tenevano tra le dita il ramaiolo colmo d’acqua, poco più di un bicchiere. –

Di Modesto il nonno parlò a più riprese, come era solito coi vari argomenti che approfondiva, che presentava da diversi punti di vista. E Modesto aveva avuto a che fare con i briganti di quel tempo. Ce ne era da raccontare!

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