IL PENSIERO MEDITERRANEO

Incontri di Culture sulle sponde del mediterraneo – Rivista Culturale online

Contestazione globale

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contestazioni del 1968

contestazioni del 1968

di Gennaro Tedesco

Erano gli anni a ridosso del mitico e irripetibile 68 , ero adolescente e mio padre mi accompagnava a casa non potendo partecipare alle lezioni del mio Liceo occupato dagli studenti e non potendo usufruire dei trasporti pubblici perché in sciopero .

Ero elettrizzato dalla visione fantasmatica dei banchi che volavano giù dal settimo piano o dal settimo cielo ( qualche mese prima del mio ingresso nel celeste Impero del Liceo classico all’ultimo anno delle medie un mio compagno si presenta col Libretto Rosso di Mao ) e dalla realtà , non dalla leggenda , metropolitana , secondo cui l’avanguardia rivoluzionaria degli studenti occupanti aveva stabilito contatti diretti con Fidel Castro a Cuba con il telefono del preside , ricevendo i complimenti e l’appoggio del medesimo . Preside del Liceo che poi , finita l’occupazione , livido di rabbia e di rancore , passando tra i banchi di noi allievi ginnasiali , per poco non finì all’obitorio per un improvviso collasso cardiaco .

Mio padre , un vecchio antifascista e socialista militante da prima dell’ultimo conflitto mondiale , mi diceva , senza il minimo tono rimproverante , che all’appello rivoluzionario del 68 mancavano purtroppo i docenti , i quali , a loro volta , avrebbero dovuto porsi all’avanguardia con una parola d’ordine semplice e chiara : impedire al governo nazionale di ricostituire , rafforzare e consolidare la proprietà privata , uscita fortemente ridimensionata dalle rovine e dalle ceneri della guerra ,non solo quella grande , ma anche e soprattutto quella piccola , che , come nella Francia ottocentesca descritta da Marx , era stata il vero e principale ostacolo e impedimento al processo rivoluzionario .

Queste parole paterne mi ritornano ora in mente nella crisi attuale dell’Italia e della sua Scuola , che , ovviamente , va contestualizzata nella crisi più generale e globale che stiamo attraversando e vivendo con ferocia immensa e sottaciuta .

Prima di addossare tutte le responsabilità , indubbiamente enormi, ai fattori esogeni della crisi , credo che dovremmo soffermarci sui fattori endogeni . Ma questi , ovviamente , sono più difficili da ricercare e soprattutto da analizzare e accettare perché portano in primo piano le responsabilità dei protagonisti sociali di un mancato movimento e sommovimento radicale della Scuola italiana e della società nei confronti della quale interagisce .

I docenti italiani , non tutti naturalmente , non sono mai riusciti e forse non ci hanno mai nemmeno provato , perché non maturi socialmente e politicamente , a costituirsi come forza omogenea capace di ritagliarsi consapevolmente una propria sfera di azione autonoma e allo stesso tempo generale , ma non corporativa , indipendente da partiti sindacati , governi e ora industrie .

Giustamente nella conversazione sessantottesca tra me e mio padre traspariva in controluce un’altra semplice , lampante e accecante verità che pure era un’altra formidabile concettualizzazione divenuta parola d’ordine degli studenti del 68 : la cultura è potere . E se il 68 ottenne dei successi , fra questi vi è sicuramento quello della diffusione e consapevolezza dell’immenso potere della cultura e dei suoi autorevoli e autorizzati dispensatori , i docenti . E la cultura non era intesa solo come possibilità di una presa di potere rapida , ma anche formidabile occasione duratura nel tempo e nello spazio di una dimensione pedagogica e educativa , sia individualmente che collettivamente e socialmente intesa , ma soprattutto praticata nella realtà quotidiana della Scuola e della Strada in mezzo ai dannati della Terra .

E mio padre mi esprimeva tutta la sua incomprensione e insoddisfazione di fronte alla constatazione del mancato blocco sociale e politico che la Scuola , ma soprattutto i suoi docenti , avrebbero dovuto costituire con gli operai e i contadini dell’epoca , cioè del 68 .

E nel cerchio aperto , dinamico e metamorfico dell’intellettualità culturale e educativa del Bel Paese , calatasi e trasformatasi nel bagno metamorfico e simbiotico delle “masse lavoratrici” , mio padre individuava la nuova avanguardia e alternativa a un potere già allora logoro e marcio . Ma tutto ciò non è accaduto e non accade .

Un politico tutt’altro che stupido in questi ultimi decenni ha ulteriormente normalizzato e integrato non solo i docenti , ma anche operai e lavoratori con lo slogan “ non proletari , ma proprietari”.

E se oggi il mondo della Scuola e quelle che una volta erano definite classi subalterne , che pare oggi in Italia non esistano più perché i subalterni , se esistono in qualche tempo e in qualche luogo , non sono italiani , ma solo stranieri brutti , sporchi e cattivi , continuano a subire passivamente le iniziative altrui non solo governative , lo si deve anche in parte notevole all’affievolimento se non al dissolvimento di una coscienza non solo di classe , ma anche all’incatenamento sociale e politico operato da una piccola e media proprietà che obnubila qualsiasi potenzialità e

progettualità contestativa e alternativa a un potere che si avverte sempre più forte anche grazie alla gracilità sociale e progettuale di un corpo docente e sociale avviluppato nelle maglie e nella rete sempre più stretta e insidiosa della mentalità pavida e accomodante del pensiero piccolo borghese , figlio della proprietà privata capitalistica .

Oggi non è più la piccola proprietà contadina a incatenare socialmente e politicamente le classi subalterne che esistono e come , ma la piccola e media proprietà immobiliare , la casa e la mentalità proprietaria e conseguentemente conservatrice , che divora docenti , discenti e lavoratori , pur nell’orribile crisi economica e sociale , disgregatrice di ogni residuo sogno proprietario .

Il 48 ha portato alla ribalta della storia quasi mondiale gli operai , il 68 gli studenti , ma non i docenti . Ma , comunque , malgrado essi e forse in gran parte anche contro di essi , il 68 , pur non avendo portato l’immaginazione al potere e tanto meno riuscendo a scalfire le strutture profonde dell’imperialismo capitalistico , certamente ne ha scalfito le sue sovrastrutture culturali , compresa la Scuola .

Oggi la proletarizzazione in corso rapida e terribile del corpo docente italiano , insieme a quella di studenti e subalterni , vorrebbe e dovrebbe portare all’avanguardia sociale i suoi appartenenti , fornendo loro forse un’ultima occasione di riscatto , dopo la delusione del 68 che li ha visti emarginati dal processo rivoluzionario .

Anche perché all’orizzonte politico , partitico e sindacale sia della Sinistra parlamentare e extraparlamentare , imborghesita da decenni di contiguità interessata e perdente col potere , che ne ha fortemente indebolito l’immagine e la capacità d’azione e attrazione presso le nuove generazioni non solo studentesche sempre in attesa di una palingenesi rivoluzionaria che non arriva mai anche grazie alle debolezze e madornali errori di una dirigenza fragile , vecchia , obsoleta e soprattutto imborghesita, tutti noi , esiliati in patria , vorremmo che finalmente riapparissero quei Barbari che da decenni aspettiamo con ansia e trepidazione , ma anche con tanta speranza perché ormai solo i Barbari , se esistono ancora , sarebbero in grado di spezzare le catene dei contadini romani e dei loro successori e di spazzare via tutte le putrescenze dell’imperialismo capitalistico al suo prossimo , ultimo e definitivo Capolinea .


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