IL PENSIERO MEDITERRANEO

Incontri di Culture sulle sponde del mediterraneo – Rivista Culturale online

Il Cinquecento in Terra d’Otranto

Stupendo portale barocco in Terra d'OItranto

Stupendo portale barocco in Terra d'OItranto

Di Giorgio Mantovano

Il Cinquecento fu, in Terra d’Otranto, un periodo assai fecondo. Lo testimoniano le figure di Antonio De Ferraris, detto il Galateo (Galatone 1444 – Lecce 1517), di Marco Antonio Zimara (Galatina 1470 – Lecce 1532 circa), di Abramo Balmes ( Lecce 1450 – Venezia 1523), di Scipione Ammirato (Lecce 1531 – Firenze 1601) e di Giulio Cesare Vanini (Taurisano 1585 – Tolosa 1619).

La Terra d’Otranto

Tra i tanti eruditi e scienziati fioriti in Provincia non può mancare la menzione di Matteo Tafuri da Soleto, tramandato ai posteri con la nomea di Mago, salutato da alcuni con l’appellativo di “Atlante Salentino”.

Stando ad alcuni suoi biografi, nacque nel 1492 da antica e importante famiglia. Mostrò, fin dalla giovinezza, tendenza agli studi e all’osservazione. Discepolo a Zollino dell’umanista Sergio Stiso, perfezionò lo studio della matematica e della medicina in Napoli, ove anche approfondì la pratica dell’Astrologia celeste.

Fu citato dal chirurgo Mariano Santo da Barletta, nella prefazione al Commentario ad un’opera di Avicenna ” De apostamatibus calidis …”, stampata per la prima volta a Roma, nel 1524, quando il Tafuri aveva poco più di trent’anni. Lo spirito irrequieto lo condusse presto fuori i confini del regno.

Dimorò per qualche tempo in Venezia, ove catturò l’attenzione dei dotti. A causa delle sue ardite dottrine magiche e del suo acuto spirito di divinazione, soffrì prigionia in Irlanda, e, tornato a Venezia, riprese le sue peregrinazioni scientifiche attraverso la Germania, la Francia, la Spagna, l’Africa settentrionale e l’Asia Minore.

Secondo alcuni studiosi, conseguì nell’università della Sorbona la laurea in Medicina e Filosofia, onde gli piacque sempre appellarsi Doctor Parisiensis. A parere del Da Lama, tenne cattedra anche in quell’Ateneo oltre che nell’Università, non meno celebre, di Salamanca.

Dopo un’assenza di oltre vent’anni, ritornò a Napoli, verso il 1550, portando con sè un formidabile corredo di conoscenze. Fu menzionato dai migliori ingegni del tempo , nelle relative opere, come Giovanni Battista Della Porta, nel suo “Trattato della Fisionomia Celeste”, ove lo definisce “uomo in ogni sorte di dottrina eccellentissimo, che, tra l’altro, era tanto celebre ed eminente in quest’arte che dal solo aspetto, all’improssiviso, così veracemente prediceva le morti, i pericoli della vita e i tempi degli eventi”.

Francesco Scarpa, in “De Anima”, lo ritenne l’intelletto più importante del Salento. Fu un personaggio illustre, un innovatore, in tempi di aspri conflitti filosofici e religiosi; gli stessi in cui, dopo la sua morte intorno al 1582, nasceva il genio di Giulio Cesare Vanini, che accusato di ateismo e di sovvertimento della morale, avrebbe dovuto soffrire la prigionia e il martirio di Tolosa.

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